Data: 15/10/2014 17:00:00 - Autore: Mara M.

L'astio fra ex può diventare reato quando toni e modi usati si fanno troppo accesi. 

Così, è accaduto che i Giudici della sezione feriale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38559/2014 depositata lo scorso 19 settembre, hanno configurato il delitto di estorsione (art. 629 c.p.) in capo ad un uomo che a mezzo sms aveva minacciosamente intimato alla ex moglie di lasciargli la disponibilità della casa coniugale. 

Condannato in primo grado nel 2009 dal Tribunale di Milano per tentata estorsione e ingiuria, l'uomo ricorreva in Cassazione eccependo l'inutilizzabilità delle trascrizioni dei messaggi telefonici (perché avvenute ad opera di persona titolare di un interesse contrapposto – la ex moglie) e, in definitiva, cercando di far derubricare la sua condotta per ricondurla nell'alveo del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Ma i Supremi Giudici hanno ritenuto infondati i motivi di ricorso – sia per quanto riguarda l'inutilizzabilità delle trascrizioni (che doveva essere specificamente provata dal ricorrente), sia, soprattutto, per quel che attiene alla pretesa buona fede dell'imputato riguardo alla spettanza della casa coniugale (l'elemento psicologico costitutivo del reato di esercizio arbitrario delle ragioni). 

In relazione a quest'ultimo punto, infatti, gli Ermellini hanno rilevato che le reiterate minacce di morte alla donna, al padre e al nuovo convivente della stessa, avevano tutte l'obiettivo di «distruggere moralmente e psicologicamente la vittima», per indurre questa cedere “un diritto” che il condannato sapeva bene di non poter rivendicare dinanzi alla autorità giudiziaria.


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