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Data: 17/11/2014 18:00:00 - Autore: Abg. Francesca Servadei Abg. FRANCESCA SERVADEI - francesca.servadei@libero.it Una realtà della quale spesso non si parla è quella vissuta dai detenuti e dagli internati presso gli Istituti penitenziari, trattasi di una situazione ove i citati soggetti sono titolari di diritti e doveri. Tali diritti e doveri sono riportati non solo nella Legge 26 luglio 1975, num. 354 Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà, in modo particolare nel Capi IV, rubricato Regime penitenziario, ma anche nella Carta dei Diritti e dei Doveri dei detenuti e degli internati consegnata ad ogni detenuto ovvero internato al momento dell'ingresso in Istituto in occasione del primo colloquio con il Direttore o con un operatore penitenziario. La finalità delle disposizioni è quella non solo di dare informazioni relativamente al comportamento da tenersi in Istituto, ma anche quella di rendere consapevoli i detenuti e gli internati di avere obblighi, ma essere anche titolari di diritti. È lecito
affermare che assieme alla citata Carta sono
consegnati loro anche estratti delle più importanti normative concernenti
l'ordinamento penitenziario, la normativa all'interno dell'Istituto, nonché Al detenuto o internato è riconosciuto il diritto alla salute, in riferimento al quale sono previsti i servizi disponibili in Istituto indicati nella Carta dei servizi sanitari per i detenuti e per gli internati. La eterogeneità culturale permette l'esercizio del proprio culto; in particolare per i cattolici è previsto l'assistenza spirituale del cappellano, nonché la partecipazione a riti religiosi nelle cappelle cattoliche e presso locali a questi riservati; ai diritti sopraccitati si aggiungono anche quello della permanenza all'aria aperta ( minimo un ora e massimo due ore, a seconda del regime nel quale si è sottoposti) ed il diritto ad una sana alimentazione. Particolarmente importante è il diritto riconosciuto ai detenuti ed agli internati riportato ai sensi dell'articolo 35 della Legge 354 del 1975; tale disposizione Diritto di reclamo riconosce loro la facoltà di “rivolgere istanze o reclami orali o scritti” ai seguenti soggetti: Direttore dell'istituto, Provveditore regionale, Capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Ministro della Giustizia, alle Autorità giudiziarie e sanitarie in visita all'Istituto, al Garante nazionale ed ai Garanti regionali o locali dei diritti dei detenuti, al Magistrato di Sorveglianza, al Presidente della giunta regionale ed al Capo dello Stato. Altro diritto riconosciuto ai detenuti ed agli internati e quello
dei colloqui con i familiari; tali colloqui avvengono in spazi riservati, senza
alcun mezzo divisorio, ma con “controllo a vista non auditivo del personale di custodia”, art. 18
Legge 354/75. Una recente sentenza della
Corte di Cassazione, num. 28250 del È riconosciuto al detenuto il diritto di effettuare colloqui telefonici con i propri familiari e conviventi e laddove siano dirette a persone diverse è necessario accertarne i motivi; le chiamate, che sono a carico dei detenuti, non possono superare il tempo di dieci minuti e possono essere effettuate una volta a settimana ed al rientro dalla licenza ovvero al rientro in istituto dal premesso. A coloro nei cui confronti non è stata applicata la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici, è riconosciuto loro, laddove sia degli stessi richiesti, il diritto all'elettorato attivo; la richiesta deve pervenire al Sindaco del luogo dove si trovano tre giorni prima la votazione, la quale avviene in appositi seggi. Diritto di recentissima introduzione nella Legge 354 del 1975 è quello indicato ai sensi del neointrodotto articolo 35 ter mediante decreto Legge 92 del 2014 convertito dalla Legge 117 del 2014; trattasi dei Rimedi risarcitori conseguenti alla violazione dell'articolo 3 della Convezione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nei confronti di soggetti detenuti o internati. La citata disposizione nasce dalla richiesta avanzata dalla Corte Europea dei Diritti Umani al fine di garantire una tutela nei confronti di soggetti sottoposti a limitazioni della libertà personale e consiste nel risarcimento, riconoscendo loro un risarcimento laddove si verifichi un pregiudizio consistente nel “trattamento inumano e degradante” ai sensi dell'articolo 3 della CEDU, violazione che si verifica laddove lo spazio per ogni detenuto o internato sia inferiore a 3mq, ma anche laddove, pur avendo uno spazio di 3 o 4 mq le condizioni ambientali risultino sfavorevoli, come per esempio l'assenza del sistema di riscaldamento, l'insufficiente areazione, la scarsità di luce e la circolazione dell'aria naturale, nonché la scarsità delle condizioni igieniche; laddove si verifichino tali situazioni viene riconosciuta al detenuto o al'internato la possibilità di ottenere un risarcimento mediante apposita istanza che può essere effettuata personalmente ovvero attraverso il proprio difensore ed indirizzata al Magistrato di Sorveglianza nel caso in cui il soggetto danneggiato si trovi ancora detenuto. È lecito osservare che nel caso in cui la situazione lamentata si riferisca ad un periodo di tempo non inferiore a quindici giorni, viene sottratto al danneggiato, dalla pena da espiare, un giorno ogni dieci che lo stesso ha vissuto in condizioni disagiate; mentre nel caso in cui la situazione lamentata sia inferiore a quindici giorni, il danneggiato può chiedere un risarcimento pecuniario pari ad euro otto per ogni giorno del pregiudizio subito. Invece laddove la situazione disagiata sia stata vissuta dal soggetto sottoposto a misura cautelare non computabile nella determinazione della pena da espiare ovvero da colui che ha espiato la pena, l'istanza di risarcimento deve essere effettuata al Tribunale Civile ai sensi dell'articolo 737 del Codice di Procedura Civile; l'organo giudicante provvederà mediante un risarcimento pari ad euro otto per ogni giorno vissuto in condizione di pregiudizio. Se da una parte la neo normativa riconosce il dettato dell'articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell'uomo, in modo particolare l'inciso trattamenti inumani e degradanti, dall'altra essa tende in un qual modo a dissuadere coloro che non sono più detenuti ovvero in colore che non sono sottoposti a misura cautelare; tale dissuasione è rappresentata dal contributo unificato per l'instaurazione del procedimento innanzi al Tribunale Civile; infatti è previsto il contributo unificato pari ad euro 43, per i procedimenti il cui valore è sino ad euro millecento/00, mentre di euro 98 è il contributo unificato per i procedimenti il cui valore è sino ad euro cinquemiladuecento/00, senza contare il contributo unificato per il cui procedimento è superiore a tali importi è aggiunta, ovviamente, la marca da bollo pari ad euro ventisette. Per quanto riguarda l'azione di risarcimento si applica la prescrizione in ambito civilistico ai sensi dell'articolo 2947 del Codice Civile, ossia cinque anni da quando il soggetto danneggiato ha subito la situazione di disagio, sia per quanto riguarda il pregiudizio realizzatosi dopo l'entrata in vigore dell'articolo 35 ter della Legge 354/75, ossia, dopo il 28 giugno 2014, sia per quanto riguarda le pregiudiziali situazioni pregresse. Particolarmente importante è anche l'articolo 35 bis della Legge 354/75 che permette al detenuto di effettuare reclamo giurisdizionale al Magistrato di Sorveglianza nel caso in cui l'Amministrazione penitenziari ponga in essere condotte che arrecano un attuale e grave pregiudizio ai diritti del detenuto. La norma transitoria ex articolo 2 Del Decreto Legge 92 /2014, dispone che l'ex detenuto può esercitare il diritto di risarcimento entro e non oltre sei mesi dall'entrata in vigore del Decreto 92/2014, pertanto la possibilità di esperire ricorso ex articolo 737 del Codice di Procedura Civile, non potrà essere presentata oltre il termine del 28 dicembre 2014; il medesimo termine è previsto per coloro che hanno presentato ricorso innanzi alla corte Europea dei Diritti dell'Uomo e non abbiano ricevuto alcuna risposta sulla ricevibilità del ricorso. Oltre ai diritti sono riconosciuti al detenuto o l'internato anche dei doveri, così come indicato ai sensi dell'articolo 32, I comma della legge 354/1975 .Infatti in primis è ascritto loro l'obbligo di “osservare le norme e le disposizioni che regolano la vita penitenziara”, II comma, ex art. 32, Legge 354/75. Ai citati soggetti è riconosciuto l'obbligo di pagare le spese di mantenimento; il Magistrato di Sorveglianza, su istanza del detenuto, vista la buona condotta dello stesso, può disporre la remissione del debito laddove ci sia una disagiata situazione economica. Le spese di mantenimento consistono in: costo dei pasti, utilizzo di biancheria per la cella, posate, piatti ed altri suppellettili; mentre per il cosiddetto sopravitto, consistente in generi alimentari o beni che possano alleggerire la sua permanenza, il detenuto o l'internato è tenuto a pagare di proprie spese. Alle spese per le quali i detenuti o gli internati devono pagare si possono aggiungere anche quelle destinate ai corsi di istruzione secondaria di secondo grado ovvero corsi universitari; in tal caso è previsto un rimborso qualora abbiano superato tutti gli esami di ogni anno e versano in bisognose condizioni economiche, inoltre è previsto anche un premio di rendimento ed ai più meritevoli sono riconosciute ricompense; viene data inoltre la possibilità della preparazione da privatista per i corsi di studio sopraccitati. Per i detenuti nei confronti dei quali non vi è stato un provvedimento non definitivo possono esercitare attività lavorative sia all'interno che all'esterno dell'Istituto; mentre coloro nei confronti dei quali la pena è definitiva il lavoro assume la funzione di esecutività della pena, dopo, ovviamente, un periodo espiato all'interno delle mura carcerarie Particolarmente
importante è il comportamento da tenersi; infatti i citati soggetto hanno
l'obbligo di osservare le regole impartite all'interno dell'Istituto;
l'inottemperanza di tali regole comporta i seguenti rimedi sanzionatori (
elencati di seguito da quello più leggero a quello più pesante): richiamo, ammonizione,
esclusione da attività ricreative e sportive per un periodo non superiore a
giorni dieci, isolamento durante l'ora d'aria anche questo per una durata non
superiore a dieci giorni, e per ultimo l'esclusione da uno a quindici giorni dalle attività
praticate in comune. Una particolare importanza deve essere riconosciuta alla esclusione dell'attività in comune, la
quale presuppone che il sanitario abbia attestato che il detenuto ovvero l'internato
sia in grado di sopportarla ed inoltre laddove ci sia tale esclusione costante è il controllo sul oggetto escluso; tale esclusione
è sospesa nel caso di donna in stato di gravidanza, delle puerpere fino a sei
mesi, nonché nei confronti delle madri che allattano la prole sino ad una anno,
art. Ricompense possono essere riconosciute a coloro che si sono distinti nel lavoro, nel rapporto con gli altri detenuti ed internati, nonché abbiano osservato, con diligenza, il regolamento interno dell'Istituto. Abg. FRANCESCA SERVADEI - francesca.servadei@libero.it STUDIO LEGALE SERVADEI, CORSO GIACOMO MATTEOTTI NUM. 49, ALBANO LAZIALE (ROMA) TEL 069323507- CELL. 3496052621
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