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Data: 14/11/2014 15:00:00 - Autore: Mara M. Con la sentenza 11 novembre n. 46412/2014, la II sezione penale della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti in merito alla definizione del reato di tentata rapina impropria. Il fatto - giudicato dai giudici della Corte d'Appello di Bari come rapina impropria aggravata dall'uso di arma - vedeva coinvolto un soggetto il quale, all'interno di un grande centro commerciale della Puglia, aveva dapprima rimosso il dispositivo anti-taccheggio da un paio di scarpe e di pantaloni al fine di rubarli ma, dopo essere stato sorpreso da un commesso, aveva abbandonato la merce ed era scappato dal negozio mostrando un coltello ai dipendenti che lo inseguivano. Rifacendosi agli orientamenti con cui la stessa Corte a sezioni unite aveva recentemente definito tentato furto la condotta di colui che dopo aver sottratto della merce dai banchi di un supermercato si fermava prima di varcare le soglie del negozio stesso, allo stesso modo i giudici della II sezione penale hanno ritenuto che il taccheggiatore pugliese fosse solo un "aspirante" rapinatore. Questi, infatti, ha sì utilizzato il coltello per assicurarsi la fuga dal centro commerciale, ma solo dopo aver abbandonato la "tentata refurtiva" sugli scaffali dello stesso magazzino. Insomma, alla amotio (la sottrazione del bene) non ha fatto seguito poi l'ablatio (cioè lo spossessamento). Si richiama per il resto il testo integrale della sentenza qui sotto allegata. Riferimenti normativi: Art. 628. Rapina. Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene è punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da euro 516 a euro 2.065. |
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