Data: 06/12/2014 11:00:00 - Autore: Prof. Luigino Sergio

Prof. Luigino Sergio

LA PROBLEMATICA FIGURA DEL DIRETTORE GENERALE DEGLI ENTI LOCALI

SOMMARIO: 1. Premessa. 2. La necessaria suddivisione delle competenze tra politica e gestione. 3. Il Direttore Generale e le fonti normative. 4. Il Direttore Generale nella giurisprudenza. 5. La posizione della dottrina. 6. La posizione del Ministero del'interno. 7.La gestione manageriale delle amministrazioni comunali: segretario comunale o Direttore Generale. 8.Valutazioni conclusive.. 9. Bibliografia.

1. Premessa.

Nel 2005 scrivevo un saggio dal titolo Enti locali e vertice gestionale: il direttore generale tra politica e burocrazia; nella prefazione Donato Limone scriveva che la figura del Direttore Generale era da inquadrarsi in un «contesto politico-istituzionale […] ancora in una fase di evoluzione/involuzione, in quanto vede operare politici e dirigenti che non hanno ancora superato il modello politico-gestionale (nessuna autonomia funzionale dei dirigenti; prevalenza della politica anche nel momento gestionale) o il modello politico-gestionale o il modello amministrativo-formalistico (amministrazione per atti).

Nel saggio rilevavo poi che «il direttore generale è figura centrale dell'innovazione amministrativa, ma egli è in una situazione spesso di equilibrio precario, perché è posizionato tra politica e burocrazia, ognuna con le sue logiche che spesso sono in contrasto».

Sono trascorsi quasi dieci anni da quel saggio e molte cose sono mutate nel panorama politico-istituzionale del nostro Paese.

La assai preoccupante situazione economico-finanziaria nella quale viviamo ha imposto scelte drastiche sul versante della riduzione della spesa pubblica, la quale è stata costantemente messa sotto osservazione dal Governo e Parlamento, entrambi costretti al varo di specifiche azioni di spending review, certamente non indolori per il sistema delle imprese e delle famiglie, ma anche per l'intero complesso delle autonomie locali territoriali che hanno dovuto fare, come si è soliti affermare, “di necessità virtù” e continuare ad erogare servizi alle proprie comunità con minori mezzi, in termini di beni, finanze e risorse umane a disposizioni.

In questo scenario complesso, dove il debito pubblico consolidato delle Amministrazioni locali, alla fine del 2013 ammontava a 108,6 miliardi di euro, pari al 5,2 per cento del debito complessivo delle Amministrazioni pubbliche e dove il rapporto tra il debito delle Amministrazioni locali e il PIL era pari al 6,7 per cento, non poteva non essere messa in discussione anche la figura del Direttore Generale degli enti locali, il cui ingresso nell'ordinamento aveva significato speranza d'innovare profondamente il modello organizzativo e procedimentale dell'ente locale; d'introdurre sistemi di formazione dei dipendenti orientato alle nuove tecnologie e ai nuovi bisogni dell'utenza; di offrire  sistemi valutativi orientati a premiare il merito dei dirigenti e dipendenti, pungolandoli, in questo modo, a migliorare il sistema di produttività dell'ente e ottimizzare l'uso efficiente, efficace ed economico delle risorse a disposizione.

Il Direttore Generale è allo stato una figura professionale problematica; individuata e scelta intuitu personae dal Sindaco o dal Presidente della Provincia deve comunque assolvere le proprie funzioni con spirito d'indipendenza senza divenire uno “yes man” ovvero un soggetto che ubbidisce alla politica spersonalizzandosi; ma nonostante tale modalità di nomina deve essere in grado di concorrere al conseguimento degli obiettivi dell'ente di riferimento con autonomia e professionalità.

Dal 2005 al 2014 è trascorso molto tempo, utile, comunque, per esaminare aspetti e questioni attuali, prima non del tutto approfonditi riguardo la figura del Direttore Generale degli enti locali.

2. La necessaria suddivisione delle competenze tra politica e gestione

Il tema della suddivisione delle competenze tra politica e gestione è allo stato dei fatti importante all'interno della p.a.; esso si è articolato in diverse fasi temporali, ad iniziare dalla L. n. 142/1990, art. 51, comma 2, che prevedeva la spettanza ai dirigenti di tutti i compiti, compresa l'adozione di atti che impegnavano l'amministrazione verso l'esterno, che la legge o lo statuto non riservino espressamente agli organi di governo, per proseguire poi con il d. lgs. n. 29/1993, art. 3, nel quale era stabilito che alla politica spettasse la definizione degli obiettivi e dei programmi d'attuare e anche i relativi controlli riguardo «la rispondenza dei risultati della gestione amministrativa alle direttive generali impartite»; mentre la gestione spettava ai dirigenti, i quali erano ritenuti dalla legge responsabili del conseguimento dei risultati, da perseguire mediante l'adozione di atti «che impegnano l'amministrazione verso l'esterno,mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane e strumentali e di controllo».

Con l'art. 17 del d. lgs. n.  98/1998 è inserito nel d. lgs. n. 29/1993 l'art. 27-bis, rubricato Criteri   di   adeguamento   per   le   pubbliche amministrazioni non statali, il quale prevedeva che: «1. Le Regioni a statuto ordinario […] adeguano ai principi dell'articolo 3 […] i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità […]».


Il d. lgs. n. 267/2000 all'art. 107, rubricato funzioni e responsabilità della dirigenza, comma 1, prevede che: «Spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti. Questi si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo»; e successivamente il d. lgs. n. 165/2001, all'art. 4, Indirizzo politico-amministrativo. Funzioni e responsabilità, comma 1, prevede che: «Gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti», mentre al comma 2 specifica che: «Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati».

a separazione delle competenze tra organi politici e gestionali può ritenersi ridimensionata dalla L. n. 388/2000 (legge finanziaria 2001), art. 53, comma 23, e, in seguito dalla L. n. 488/2001 (legge finanziaria per il 2002), art. 29, comma 4, in quanto si consente l'attribuzione ai componenti dell'organo esecutivo della responsabilità degli uffici e dei servizi e il potere di emanare anche atti gestionali.


Ad avviso del Consiglio di Stato «Il principio contenuto nei ricordati articoli 51 della L. n. 142 del 1990 e 107 del d. lgs. n. 267 del 2000, circa il riparto tra compiti di governo, di indirizzo e di controllo, spettanti agli organi politici elettivi, e compiti di gestione, spettanti ai dirigenti, costituisce “struttura fondante dell'intera riforma delle autonomie locali” (C.d.S., Sez. V, 15 novembre 2001, n. 5833), di per sé immediatamente applicabile senza la necessità dell'interposizione di fonti secondarie, cui spetta soltanto la determinazione delle modalità di esercizio della competenza, comunque indefettibile e tale da non tollerare impedimenti e soluzioni di continuità (C.d.S., Sez. V, 23 marzo 2000, n. 1617; 21 novembre 2003, n. 7632).


Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 1775 del 27 marzo 2013, affronta il tema della distinzione tra atti di gestione e atti di indirizzo politico, giungendo a dichiarare l'illegittimità di tutte quelle delibere o direttive adottate da una Giunta comunale con cui in sostanza si sceglie un determinato contraente, in violazione del principio di separazione delle competenze politiche da quelle di gestione.

I giudici di Palazzo Spada sono dell'avviso che «Il criterio discretivo tra attività di indirizzo e di gestione degli organi della p.a. è rinvenibile nella estraneità della prima al piano della concreta realizzazione degli interessi pubblici che vengono in rilievo, esaurendosi nella indicazione degli obiettivi da perseguire e delle modalità di azione ritenute congrue a tal fine». E ancora, «gli atti di gestione includono funzioni dirette a dare adempimento ai fini istituzionali posti da un atto di indirizzo o direttamente dal legislatore, oppure includono determinazioni destinate ad applicare, pure con qualche margine di discrezionalità, criteri predeterminati per legge, mentre attengono alla funzione di indirizzo gli atti più squisitamente discrezionali, implicanti scelte di ampio livello», come la fissazione di linee generali e scopi da perseguire.

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 81 del 3 maggio 2013, ha affermato il principio che la «netta e chiara separazione tra attività di indirizzo politico-amministrativo e funzioni gestorie (sentenza n. 161 del 2008) costituisce una condizione necessaria per garantire il rispetto dei principi di buon andamento e di imparzialità dell'azione amministrativa (sentenza n. 304 del 2010; nello stesso senso, sentenze n. 390 del 2008, n. 104 e n. 103 del 2007). Al principio di imparzialità sancito dall'art. 97 Cost. si accompagna, come «natural[e] corollari[o]», la separazione «tra politica e amministrazione, tra l'azione del “governo” – che, nelle democrazie parlamentari, è normalmente legata agli interessi di una parte politica, espressione delle forze di maggioranza – e l'azione dell'“amministrazione” – che, nell'attuazione dell'indirizzo politico della maggioranza, è vincolata invece ad agire senza distinzione di parti politiche, al fine del perseguimento delle finalità pubbliche obbiettivate dall'ordinamento» (sentenza n. 453 del 1990) […] l'individuazione dell'esatta linea di demarcazione tra gli atti da ricondurre alle funzioni dell'organo politico e quelli di competenza della dirigenza amministrativa, però, spetta al legislatore. A sua volta, tale potere incontra un limite nello stesso art. 97 Cost.: nell'identificare gli atti di indirizzo politico amministrativo e quelli a carattere gestionale, il legislatore non può compiere scelte che, contrastando in modo irragionevole con il principio di separazione tra politica e amministrazione, ledano l'imparzialità della pubblica amministrazione».

3. Il direttore generale e le fonti normative.

La figura del Direttore Generale degli enti Locali è introdotta nell'ordinamento dalla legge n. 127/1997.

Tale legge, con l'art. 6, comma 10, aggiungeva all'art. 51 della legge n. 142/90 l'art. il 51-bis, rubricato Direttore Generale, il quale prevedeva che:

«1. Il Sindaco nei Comuni con  popolazione  superiore  ai 15.000 abitanti e il Presidente della Provincia,  previa deliberazione della Giunta comunale o provinciale, possono  nominare  un Direttore Generale, al di fuori della dotazione organica  e  con  contratto  a  tempo  determinato, e secondo criteri stabiliti  dal  regolamento  di  organizzazione  degli  uffici  e dei servizi,  che  provvede  ad  attuare  gli  indirizzi  e gli obiettivi stabiliti  dagli  organi  di  governo dell'ente, secondo le direttive impartite  dal  Sindaco  o  dal  Presidente  della  Provincia,  e che sovrintende  alla gestione dell'ente,perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza. Compete in particolare al Direttore Generale la predisposizione del piano dettagliato di obiettivi previsto dalla lettera a) del comma 2 dell'articolo 40 del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, nonché la proposta di piano esecutivo digestione previsto dall'articolo 11 del predetto decreto legislativo n.  77 del 1995.  A tali fini, al Direttore Generale rispondono, nell'esercizio delle funzioni loro assegnate, i dirigenti dell'ente, ad eccezione del segretario del Comune e della Provincia.

2. Il Direttore Generale è revocato dal Sindaco o dal Presidente della Provincia, previa deliberazione della Giunta comunale o provinciale.  La durata dell'incarico non può eccedere quella del mandato del Sindaco o del Presidente della Provincia.

3.  Nei Comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti è consentito procedere alla nomina  del Direttore  Generale  previa stipula  di  convenzione  tra  Comuni  le  cui  popolazioni assommate raggiungano  i  15.000  abitanti.  In tal caso il direttore generale dovrà provvedere anche alla gestione coordinata o unitaria dei servizi tra i Comuni interessati.

4.  Quando non risultino stipulate le Convenzioni previste dal comma 3 e in ogni altro caso in cui il Direttore Generale non sia stato nominato, le relative funzioni possono essere conferite dal Sindaco o dal Presidente della Provincia al segretario».


È del tutto pacifico che il legislatore oltre vent'anni addietro abbia ritenuto che la figura del Direttore Generale fosse utile all'interno del sistema degli enti locali, in quanto adduceva ad essi nuove competenze e un'impostazione di stampo aziendale, attraverso la quale potevano essere migliorate le performance complessive del Comune e della Provincia, in uno con una più efficace allocazione delle risorse a disposizione.

Il Direttore Generale non è figura necessaria all'interno del sistema delle autonomie locali territoriali, ma facoltativa; nel senso che il Sindaco o il Presidente della Provincia può nominare tale soggetto di vertice per un tempo non eccedente il mandato del Sindaco o del Presidente della Provincia, sentita la Giunta, che esprime in tal caso un parere obbligatorio ma non vincolante al fine della sua chiamata e può anche motivatamente revocarlo, sempre sentita la Giunta.

Qualora il cd. city manager debba operare in un Comune, questo deve avere una popolazione superiore a 15.000 abitanti; mentre nei Comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti è consentito procedere alla nomina  del Direttore  Generale  stipulando previamente una   Convenzione  tra  Comuni  le  cui  popolazioni assommate raggiungano  i  15.000  abitanti, intendendosi che in tal caso il Direttore Generale dovrà provvedere anche alla gestione coordinata o unitaria dei servizi tra i Comuni interessati.

Nel caso di mancata stipula delle Convenzioni previste dal comma 3 e allorché il Direttore Generale non sia stato nominato, le relative funzioni possono essere conferite dal Sindaco o dal Presidente della Provincia al segretario generale dell'ente interessato.

Il Direttore Generale è figura professionale non incardinata all'interno della dotazione organica dell'ente locale ed è assunto con contratto a tempo determinato, secondo criteri stabiliti dal  regolamento di  organizzazione  degli  uffici  e dei servizi.

Il city manager tra le sue funzioni ha quella di provvedere all'attuazione degli  indirizzi  e gli obiettivi stabiliti  dagli  organi  di  governo dell'ente, secondo le direttive impartite  dal  Sindaco  o  dal  Presidente  della  Provincia e di sovrintendere  alla gestione dell'ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza; ha il precipuo compito di  predisporre il  piano dettagliato di obiettivi nonché la proposta di piano esecutivo di gestione e a tali fini, al Direttore Generale rispondono, nell'esercizio delle funzioni loro assegnate, i dirigenti dell'ente, ad eccezione del segretario del Comune e della Provincia che risponde del proprio operato direttamente al Sindaco o al Presidente della Provincia.

I tempi ovviamente cambiano e mutano anche le condizioni economico-finanziarie del Paese che inducono il legislatore a ripensare ad alcune scelte fatte a suo tempo e a riconsiderare altresì l'utilità o meno del figura del Direttore generale all'interno dell'ente locale attraverso l'introduzione di specifiche misure legislative.

Le più recenti misure giuridiche introdotte nell'ordinamento per contenere la spesa pubblica e applicabili agli enti locali, prevedono la soppressione del Direttore Generale nei Comuni con meno di 100.000 abitanti, in evidente contrasto con il principio autonomistico riconosciuto agli enti locali.

A proposito di autonomia, si ricorda che la L. n. 439/1989, art. 6, rubricato Adeguamento delle strutture e dei mezzi amministrativi alle missioni delle collettività locali, il quale prevede che: «1. Senza pregiudizio di norme più generali emanate dalla legge, le collettività locali devono poter definire esse stesse le strutture amministrative interne di cui intendono dotarsi, per adeguarle alle loro esigenze specifiche in modo tale da consentire un'amministrazione efficace.

2. Lo statuto del personale delle collettività locali, deve consentire un reclutamento di qualità, che si basi sui principi del merito e della competenza; a tal fine, deve associare adeguate condizioni di formazione, di remunerazione e di prospettive di carriera».

Ed è soprattutto la Costituzione che all'art. 117 prevede che: «[…] I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite».

La Carta delle Autonomie, approvata alla Camera e non ancora discussa al Senato (d. d. l. n. 3118) prevede che il Direttore generale possa permanere nei soli Comuni con oltre 100.000 abitanti, mentre in una sua bozza precedente il limite demografico era fissato a 65.000 abitanti.  

La stessa bozza della Carta delle Autonomie, abroga il comma 4 dell'art. 108 del TUEL, il quale prevede che «quando non risultino stipulate le Convenzioni previste dal comma 3 e in ogni altro caso in cui il Direttore generale non sia stato nominato, le relative funzioni possono essere conferite dal Sindaco o dal Presidente della Provincia al segretario» ed esclude così che le funzioni di Direttore Generale nei Comuni minori possano essere esercitate dal Segretario Generale.

In merito, la Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia della Corte dei Conti, nell'adunanza in Camera di Consiglio del 6 maggio 2010, ha inteso verificare se l'abolizione della figura del Direttore Generale peri Comuni con popolazione inferiore (o eguale) a centomila abitanti si estenda anche al caso analogo disciplinato dall'art. 108, comma 4, del TUEL, ove si prevede come visto, supra, la possibilità che il segretario comunale eserciti le funzioni di Direttore Generale e a prescindere dalla dimensione demografica del Comune dove presta servizio.

Ci si interroga sulla circostanza se la soppressione del ruolo istituzionale riguarda il Direttore Generale esterno all'amministrazione comunale o anche il doppio incarico conferito al segretario comunale in assenza di posizione direttoriale, prospettandosi così sul piano sostanziale l'esigenza di colmare un vuoto di competenze comunque da attribuire a una figura professionale nei Comuni con meno di centomila abitanti, in relazione a funzioni imprescindibili per la gestione dell'ente locale, a meno di non voler pregiudicare l'efficienza dell'azione amministrativa.

Ad avviso dei giudici contabili «sarebbe del tutto illogico ritenere che laddove sia stata soppressa la facoltà di nominare un direttore generale esterno, la disposizione finanziaria possa essere agevolmente elusa attribuendo in concreto le sue funzioni al segretario comunale già collaboratore dell'amministrazione comunale. Né costui potrà ottenere una retribuzione o un emolumento aggiuntivo per tali funzioni. L'impedimento normativo sulla maggiore spesa deriva da una disposizione finanziaria di coordinamento della finanza pubblica che si sostituisce automaticamente in parte qua alle previsioni della contrattazione collettiva relativa ai segretari, alla stregua del meccanismo tipizzato dal codice civile all'art. 1339 c.c.».

In definitiva la soppressione della figura del Direttore Generale, tranne che per i Comuni con popolazione superiore a centomila abitanti, concerne non solo l'ipotesi del direttore esterno, ma anche quella del segretario comunale, cui è impedito di rivestire il doppio incarico, ai sensi dell'art. 108, comma 4 del TUEL.

«Specifiche responsabilità gestorie per far fronte alle esigenze operative del Comune di piccole dimensioni devono essere affidate ai dipendenti in servizio presso l'amministrazione, eventualmente riconoscendo loro la posizione organizzativa in applicazione del contratto collettivo di comparto (enti locali), ovvero al segretario comunale nell'ambito delle competenze di coordinamento affidategli dall'art. 97 comma 4 del TUEL».

Di diverso avviso sono i giudici della Corte di Cassazione civile, Sez. lavoro, secondo cui pur nella evidente distinzione dello specifico ruolo di segretario comunale rispetto a quello proprio dei funzionari amministrativi prevista dalla legge n. 127/1997, è consentito al Sindaco assegnare al segretario funzioni ulteriori, anche riconducibili a quelle dirigenziali. Ciò in quanto l'art. 51-bis della Legge n. 142/1990 (introdotto dalla Legge n. 127/1997) prevede che qualora non sia stato nominato il Direttore Generale né siano state stipulate le Convenzioni tra Comuni previste dalla norma, le relative funzioni possano essere conferite dal Sindaco al segretario.

La disciplina giuridica del Direttore Generale è contenuta nel TUEL all'art. 108 che recepisce in buona parte quanto a suo tempo aveva posto in essere l'art. 51-bis della L. n. 142/1990.

La recente normativa non innova in senso restrittivo la disciplina del Direttore Generale della Provincia, come è invece avvenuto per i Comuni che possono avere tale figura di vertice solo se contano più di 100.000 abitanti o si associano raggiungendo tale dimensione demografica.

4. Il Direttore Generale nella giurisprudenza.

Sulla figura del Direttore Generale interviene la Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Lombardia, con sentenza n. 122/2014, nel giudizio di responsabilità contro il Sindaco e il Segretario comunale, attivato a seguito della sottoscrizione di una Convenzione per il servizio di segreteria tra due Comuni.

Tale Convenzione prevedeva la nomina del segretario generale di uno dei due Comuni interessati a Direttore Generale, con fissazione di uno stipendio aggiuntivo rispetto a quello ordinario già percepito dal professionista, per un importo complessivo pari ad euro 20.197,62.


La Procura erariale, in considerazione dell'assoluta irragionevolezza e totale inutilità dell'attribuzione delle funzioni di Direttore Generale del Comune al segretario comunale riteneva i convenuti responsabili, per comportamento gravemente colposo, del pregiudizio erariale arrecato al Comune stesso, pari a complessivi euro 20.197,62, corrispondente alla somma percepita dal segretario a titolo di indennità per le funzioni sopra richiamate.


La Procura precisa che il richiamato decreto di attribuzione delle funzioni di Direttore Generale al segretario comunale è stato adottato in favore di un piccolissimo Comune (4.600 abitanti circa), con solo dieci unità di personale nel 2008 e dodici nel 2009 e con una presenza in servizio pari ad undici ore settimanali.

Per la Procura «la predetta attribuzione di funzioni è espressione di grave trascuratezza nella cura dell'interesse pubblico da parte dei soggetti a ciò preposti, con pregiudizio del principio di buona amministrazione e di sperpero delle risorse pubbliche [mentre] i menzionati profili di illegittimità, oltre a costituire inescusabile violazione degli obblighi di servizio, sono indici estremamente significativi della illiceità della condotta e, di conseguenza, della sussistenza dell'elemento soggettivo della colpa grave in capo ai convenuti».

La Procura precisa che l'art. 108 del d. lgs. n. 267/2000, al comma 4 consente il conferimento al Segretario comunale delle funzioni di Direttore Generale ma solo per far fronte a specifiche e peculiari circostanze ed esigenze di carattere locale, quindi, tale figura manageriale non è sempre necessaria nell'organizzazione di un ente, in base ad un duplice dato normativo: la soppressione di tale figura manageriale nell'organizzazione amministrativa comunale tranne che negli enti con popolazione superiore ai 100.000 abitanti, così come previsto nel d. l. n. 2 del 25 gennaio 2010, convertito nella legge n. 42 del 26 marzo 2010; l'espressa previsione normativa recata dall'art. 97, comma 4 del TUEL, secondo cui in mancanza di nomina del Direttore Generale “Il segretario sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l'attività».

Sempre la Procura afferma che il decreto contestato risulta assolutamente privo di motivazione o comunque di indicazione delle specifiche circostanze che possano giustificare e determinare in concreto la necessità di dotarsi di una figura istituzionale eventuale.

Inoltre, per quanto riguarda il contributo causale nella determinazione del danno da parte del Segretario generale, la Procura afferma, contrariamente a quanto rilevato dal convenuto, che tale elemento risulta evidente dal mancato svolgimento, da parte di quest'ultimo, dei previsti compiti di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti dell'ente in ordine alla conformità dell'atto di nomina all'ordinamento giuridico.

Con riferimento all'eccezione di difetto di giurisdizione della Corte dei Conti, il Collegio rileva che essa si basa essenzialmente sul fatto che è stato utilizzato uno strumento organizzativo espressamente previsto dalla legge, pertanto da ciò discenderebbe l'automatica legittimità dell'operato dei convenuti e l'assenza di qualsiasi danno. La predetta argomentazione difensiva è volta a dare rilievo, nel caso all'esame, alla previsione di cui all'art. 1, comma 1, della legge n. 20/94 e s.m.i., prevedente «l'insindacabilità nel merito delle Scelte discrezionali».

Al riguardo, deve essere evidenziato il consolidato orientamento giurisprudenziale non solo di questa Corte, ma della stessa Cassazione secondo cui i giudici contabili possono e devono verificare la compatibilità delle scelte amministrative con i fini dell'ente pubblico sotto il profilo del corretto esercizio della discrezionalità.

Pertanto è possibile il sindacato delle scelte discrezionali, in presenza di atti contra legem o palesemente irragionevoli ovvero ancora altamente diseconomici (cfr. ex multis, Cass. Civ. SS.UU. n. 33 del 29 gennaio 2001; n. 6851 del 6 maggio 2003; n. 1979 del 13 febbraio 2012; n. 2078 del 23 novembre 2012 e Corte dei Conti, Sez. III, n. 281 del 23 settembre 2008; Sez. Abruzzo n. 1 del 7 gennaio 2004; Sez. I, n. 115 del 1° aprile 2003).

Di conseguenza il Collegio ritiene infondata l'eccezione di difetto di giurisdizione della Corte dei Conti, rigettandola.

Ad avviso dei giudici contabili, pur considerando gli atti di nomina quale espressione del potere di organizzazione dell'ente, la condotta dei convenuti appare non conforme a ragionevolezza in applicazione dei principi di buona gestione a cui deve ispirarsi l'azione amministrativa, che è attività non libera ma vincolata nel fine. Infatti, le finalità dell'agire amministrativo sono riconducibili ai concetti di buon andamento e di imparzialità di cui all'art. 97 Cost., come appare evidente dall'art. 1, comma 1 della Legge n. 241 del 1990 (nel testo modificato dall'art. 1 della Legge n. 15 del 2005 e dall'art. 7, comma 1, lett. a) della Legge n. 69 del 2009), il quale stabilisce che: «l'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano i singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario».

Dal contesto lavorativo in cui il segretario comunale ha ricevuto le funzioni e la conseguente indennità di Direttore Generale (Comune di 4.600 abitanti, con un organico di 10 dipendenti e con orario settimanale di 11 ore) risulta evidente che i convenuti hanno agito in dispregio delle più elementari regole di prudenza e di buona amministrazione, avendo concordato un compenso assolutamente spropositato in considerazione delle oggettive ridottissime dimensioni demografiche ed organizzative dell'ente.

Va da sé che la rilevata irragionevolezza degli atti di nomina è la diretta conseguenza del comportamento tenuto dai convenuti, comportamento che ha cagionato un rilevante danno all'ente locale ed è ascrivibile ad un atteggiamento gravemente colposo da parte del Sindaco e del segretario generale; per aver adottato il primo i contestati provvedimenti di attribuzione al segretario comunale delle funzioni di Direttore generale e il secondo che, nella sua qualità di segretario comunale, ha omesso di rilevarne l'irragionevolezza, ed ha così beneficiato dell'indennità connessa.

Tutto ciò considerato, la Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Lombardia, ritiene che: «a fronte dell'importo di danno azionato dalla Procura regionale, ai convenuti può essere imputata la minor somma di euro 10.000,00, ad oggi già rivalutata oltre gli interessi legali, calcolati a decorrere dalla data di deposito della sentenza e sino al saldo effettivo, somma che deve essere ripartita addebitandone il 40% al Sindaco […] (euro 4.000,00) ed il 60% al [segretario comunale] (euro 6.000,00), in ragione della professionalità specifica di quest'ultimo che, nella veste di Segretario comunale, e quindi organo di consulenza generale dell'ente, disponeva di maggiori elementi per prevedere le ricadute negative della contestata condotta».

5. La posizione della dottrina.

La conferibilità dell'incarico di Direttore Generale al segretario comunale è fatto controverso che ha dato luogo a posizioni differenti della dottrina su tale materia.

L'interrogativo ricorrente è dunque quello concernente la retribuibilità o meno della funzione di Direttore generale conferita al segretario generale.

Le funzioni del segretario comunale sono oggi disciplinate dal d. lgs. n. 267/2000, art. 97, il quale prevede che tale figura: «svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti […]; sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l'attività, salvo quando ai sensi e per gli effetti del comma 1 dell'articolo 108 il Sindaco e il Presidente della Provincia abbiano nominato il Direttore Generale […]; partecipa con funzioni consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del Consiglio e della Giunta e ne cura la verbalizzazione; esprime il parere di cui all'articolo 49, in relazione alle sue competenze, nel caso in cui l'ente non abbia responsabili dei servizi; roga, su richiesta dell'ente, i contratti nei quali l'ente è parte e autentica scritture private ed atti unilaterali nell'interesse dell'ente;  esercita ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o conferitagli dal Sindaco o dal Presidente della Provincia; esercita le funzioni di direttore generale nell'ipotesi prevista dall'articolo 108 comma 4».

Secondo la dottrina «al segretario comunale non possono essere affidate, di fatto, le funzioni corrispondenti a quelle del Direttore Generale, in forza della lettera c) del comma 68 dell'articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127 (“ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti o conferitagli dal Sindaco”), in quanto il conferimento delle funzioni di Direttore Generale al segretario è esplicitamente previsto dall'articolo 6, comma 10, della legge 15 maggio 1997, n. 127.

Come sopra accennato, la corresponsione di un compenso al segretario - nominato Direttore Generale - è in re ipsa in quanto, altrimenti opinando, si parificherebbe giuridicamente ed economicamente il segretario - Direttore Generale (su cui assommano compiti e responsabilità aggiuntivi  previsti dall'articolo 51-bis della legge 8 giugno 1900, n. 142) al segretario privo di tale incarico e ciò contrasterebbe con la previsione dell'articolo 36 della Costituzione secondo cui ogni lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro svolto [dunque] la funzione di Direttore Generale, non rientrando nei  compiti d'ufficio del segretario comunale, […] va sicuramente retribuita. La giurisprudenza costante della Corte dei Conti ha stabilito, infatti, che il principio dell'onnicomprensività del trattamento economico può e deve trovare limiti nei casi in cui l'attività del dipendente pubblico si svolge (al pari del caso in esame) oltre quella istituzionalmente prevista, nel presupposto di scelte discrezionali fatte dall'amministrazione intuitu personae, combinata con la facoltà, da parte dell'interessato, di prestarvi o meno adesione».

Ciò detto il principio dell'onnicomprensività della retribuzione dei pubblici dipendenti non esclude che essi possano espletare incarichi a titolo professionale conferiti dalla propria amministrazione, ove ne ricorrano i presupposti legali e non costituiscano espletamento dei compiti d'istituto.

Di conseguenza, l'incompatibilità opera ogni qualvolta la p.a. conferisca ai propri dipendenti incarichi e funzioni inerenti gli obblighi d'ufficio; mentre essa al contrario non opera quando tale collegamento non è rinvenibile a seguito di un'espressa previsione di legge e di una esplicita autorizzazione.

«È avvenuto in molte circostanze, perché consentito che al dipendente pubblico appartenente a comparto diverso da quello dei segretari comunali sia stato conferito l'incarico in questione:  tenuto conto della preclusione alla aspettativa per “mandato direzionale” per mancata previsione legislativa e/o contrattuale (è da ritenersi, questa, un'altra incongruenza della legge) e della mancata previsione della remunerabilità dell'incarico nel C.C.N.L. di riferimento (dal momento che nessun contratto nazionale di lavoro di nessun comparto prevede compensi per l'attività di Direttore Generale), bisognerebbe concludere per l'impossibilità giuridica per il Sindaco (o Presidente) di poter concedere un compenso a tali categorie di personale.

Tale conclusione, francamente, mi sembra aberrante. Al contrario, quanto appena esposto mi sembra sufficiente per poter affermare che un contratto nazionale di lavoro che stabilisse un compenso per le funzioni di direttore generale svolte dal segretario sarebbe illegittimo e avrebbe ben poche possibilità di sopravvivenza nei confronti di un'azione giudiziaria fondata sulla disparità di trattamento fra il segretario e le altre categorie di lavoratori pubblici che sarebbero liberi di contrattare a piacimento il proprio compenso […] il nucleo e, parimenti, la soluzione della questione stanno dunque, a mio avviso, nella predetta statuizione legislativa: il contratto a tempo determinato. Esso va correttamente inquadrato nella fattispecie del contratto individuale di diritto privato, uno strumento rispondente alle finalità previste dal legislatore che ne ha individuato i confini soggettivi, di durata e di contenuto nel rapporto fiduciario fra capo dell'ente locale e soggetto prescelto. Essendo il Sindaco (o Presidente) il soggetto competente alla nomina del Direttore Generale, è giocoforza ritenere che ad egli spetti il potere di quantificare il compenso da attribuire a tale figura, compenso che, ovviamente, deve trovare copertura finanziaria nel bilancio comunale».

Sul tema oggetto d'esame altra qualificata dottrina rileva come siano in molti gli autori che ritengono che al segretario cui siano affidare le funzioni di Direttore Generale spetti un compenso aggiuntivo, in aderenza a quanto previsto dall'articolo 36, comma 1, della Costituzione, il quale prevede che: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa».

Al segretario comunale la legge assegna il compito di sovrintendere e coordinare l'attività dei dirigenti, quando non sia nominato il Direttore Generale (insieme alle altre funzioni assistenza giuridico amministrativa, verbalizzazione e referto nelle sedute degli organi collegiali e rogazione dei contratti); pertanto occorre domandarsi se il coordinamento e la sovrintendenza alle funzioni dei dirigenti attribuita al segretario, sia qualcosa di diverso rispetto alle funzioni previste in capo al direttore generale. Per rispondere al quesito, occorre, però, trovare la risposta ad un altro interrogativo: come possa il segretario svolgere questa attività di sovrintendenza e coordinamento senza i medesimi strumenti e le medesime responsabilità che la legge assegna al direttore generale.

Non pare, allora, che le funzioni del Direttore Generale siano, state scorporate da quelle del segretario comunale e dunque al segretario spetta proprio il compito di fare da cinghia di trasmissione, coordinare gli obiettivi proposti dalla giunta con quelli gestionali, armonizzare il bilancio redatto dal ragioniere con la proposta di Peg sempre redatta da quest'ultimo.

«Non è un caso, del resto, che la legge abbia consentito solo per gli enti superiori ai 15.000 abitanti, la nomina di un direttore esterno. In enti medio-grandi soltanto, infatti, può rivelarsi opportuno, in relazione agli obiettivi dell'ente, che la funzione di assistenza giuridico amministrativa, mirante al perseguimento della legalità dell'azione amministrativa, sia slegata dalla funzione di sovrintendenza gestionale, avente ad obiettivo il perseguimento di livelli ottimali di efficienza ed efficacia. Ciò proprio perché in tali enti i bilanci (ed i Peg) assumono proporzioni notevoli. Mentre obiettivi quali la costituzione di società, programmi di privatizzazione di aziende ed enti comunali, l'esternalizzazione di servizi, l'assegnazione di personale comunale a nuovi enti, iniziative innovative di carattere imprenditoriale, possono oggettivamente richiedere l'intervento di un soggetto (si chiami Direttore Generale o in altro modo) particolarmente esperto in tali materie, capace di coordinare l'azione gestionale complessiva al fine di conseguire tali obiettivi di carattere più strettamente “aziendale”.

Allora, solo la presenza di simili funzioni specialistiche, dalle quali davvero può scaturire una specifica e diversa responsabilità per il segretario, può giustificare l'assegnazione di un'indennità per la “direzione generale”.

Conclusivamente è da ritenere che allorquando la sola nomina a Direttore Generale faccia obbligatoriamente scaturire un diritto alla percezione di un'ulteriore indennità, appare essere una forzatura.

Altra dottrina «ritiene di poter affermare che, né la vigente normativa, né la giurisprudenza ordinaria ed amministrativa, sembrano escludere che, nelle more della sottoscrizione del contratto collettivo di lavoro, possano essere riconosciuti compensi aggiuntivi al segretario comunale e provinciale incaricato di svolgere anche la funzione extra istituzionale di Direttore Generale dell'ente presso cui presta servizio».

L'art. 36 della Costituzione, prevede che ogni lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto.

Non esistono argomentazioni giuridicamente fondate secondo cui le competenze che la legge assegna al direttore generale sono già ricomprese nella sfera delle attribuzioni istituzionali del segretario.

Secondo il dettato del TUEL, art. 108, comma 4: «Quando non risultino stipulate le Convenzioni previste dal comma 3 e in ogni altro caso in cui il Direttore Generale non sia stato nominato, le relative funzioni possono essere conferite dal Sindaco o dal Presidente della Provincia al segretario».

L'affermazione contenuta nel TUEL che «le relative funzioni possono essere conferite […] al segretario» sta a significare che esse prima del conferimento non appartengono alla sfera di attribuzioni del segretario.

È in discussione però la possibilità di retribuire, in carenza di disciplina posta dalla contrattazione collettiva, l'incarico di Direttore Generale conferito al segretario, poiché si sostiene che manca al riguardo qualsivoglia criterio o parametro cui commisurare detto emolumento.

A tal proposito secondo la dottrina in esame «viene da chiedersi, con riferimento al segretario comunale e provinciale, per quale arcano motivo sarebbe consentito compensare lautamente le funzioni di Direttore Generale  se ad esercitare dette prestazioni è chiamato un soggetto esterno (experientia docet) mentre ove, per espressa e discrezionale scelta del capo dell'amministrazione, sia il segretario a svolgere le stesse funzioni – che, come più sopra chiarito, si aggiungono a quelle ordinariamente espletate - non sarebbe dovuta alcuna remunerazione accessoria?».

Si può fare riferimento alla decisione della sesta Sezione del Consiglio di Stato (n. 325 del  25 marzo 1999), con la quale si precisa che «il principio della omnicomprensività retributiva è da ritenersi operante per tutte le prestazioni effettuate per dovuto esercizio delle normali funzioni d'ufficio, ovverosia riconducibili all'esplicazione di compiti inscindibilmente legati alla qualifica e all'ufficio ricoperti» dovendosi individuare «come indici di estraneità, o la necessità che per il loro affidamento sia richiesto un apposito provvedimento soggetto ad accettazione da parte dell'interessato, o che di essi possano essere investiti anche persone non appartenenti all'Amministrazione».

Pertanto il compenso è dovuto se sussistono i rilevati indici di estraneità, perché se la funzione relativa conferita al dipendente è estranea ai compiti del dirigente o del funzionario, va regolarmente remunerata.

La dottrina ritorna ulteriormente sul tema della retribuibilità della funzione di Direttore Generale affidata al segretario comunale; si tratta in definitiva di «approfondire ulteriormente un argomento che si trova in una “zona grigia” del diritto».

L'analisi svolta in altro intervento da Oliveri non è stata svolta «per dimostrare che al segretario/direttore non spetti mai un'eventuale indennità aggiuntiva [ma] al contrario, tali argomentazioni sono finalizzate a identificare un parametro per la quantificazione di tale indennità. Non pare, infatti, sostenibile in alcun modo che ai segretari/direttori possa essere corrisposta un'indennità ulteriore anche superiore allo stipendio in godimento (come in taluni enti accade), in quanto parte rilevante delle funzioni del direttore generale sono già comprese nelle mansioni e doveri d'ufficio del segretario comunale».

In definitiva occorre valutare ciò che il dipendente “fa”, nel senso che la retribuzione aggiuntiva spettante al segretario/Direttore dovrebbe essere rapportata alle funzioni, responsabilità ed attività effettivamente ulteriori e diverse espletate; non basta il semplice conferimento della funzione di direttore generale per far scattare il diritto ad un compenso specifico.

Di conseguenza non è quindi vero che il conferimento delle funzioni comporta sempre e necessariamente un incremento di responsabilità ed ulteriori mansioni; si ribadisce che «Occorre, allora, considerare non se il segretario “è” Direttore Generale, ma capire cosa “fa”, in qualità di Direttore Generale, di più e di diverso rispetto alle funzioni che per legge è comunque tenuto ad espletare.

Pertanto l'astratta possibilità di remunerare il conferimento delle funzioni di Direttore Generale al segretario, è collegata a ciò che effettivamente il segretario incaricato “fa” e alla qualità di tali attività.

«Non pare possa ritenersi giuridicamente priva di fondamento un'analisi, come quella proposta dal sottoscritto, che partendo dagli oggettivi dati legislativi, conclude che la remunerabilità delle funzioni del Direttore Generale dipende:

- dall'effettivo svolgimento di attività ulteriori e diverse dalla sovrintendenza e coordinamento e -gestione del Peg (già spettanti al segretario), consistenti nell'elaborazione di progetti gestionali innovativi dei quali il Direttore Generale si assuma l'intera responsabilità di risultato;

- in mancanza di quanto detto sopra, dal “peso” del bilancio da gestire, non potendosi ricavare in alcun modo la giustificazione alla remunerazione per l'attribuzione di un incarico manageriale per la gestione di attività riassunte in bilanci da poche centinaia di milioni. Basta verificare, in proposito, se in aziende private con meno di 15 dipendenti e fatturato anche di pochi miliardi operi un Direttore Generale».


Dunque secondo la dottrina in esame il compenso per la funzione di Direttore Generale non ha, infatti, alcuna funzione “risarcitoria” della “precarietà” del ruolo di segretario.


«Tuttavia, per richiamare - in conclusione - concetti già espressi, non sembra possibile remunerare con cifre di centinaia di milioni funzioni che in ogni caso, in parte, già debbono obbligatoriamente essere svolte dai segretari. Né a paragone possono essere presi i compensi dei direttori esterni. E' vero che in taluni casi i sindaci hanno provveduto a ”compensare lautamente” i Direttori Generali esterni, con cifre che trovano pochi riscontri nell'impiego pubblico.

Tuttavia, nel caso di nomina di un soggetto estraneo:

  • il conferimento dell'incarico determina un carico di responsabilità, lavoro, organizzazione e competenze del tutto e completamente nuovo nei confronti del destinatario;

  • l'indennità dovrebbe essere regolamentata dal regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi e del quantum evidentemente risponde, anche contabilmente, chi conferisce l'incarico;

  • in linea generale esistono norme come l'articolo 51, comma 5-bis, della legge n. 142/90 e l'articolo 19, comma 6, del d. lgs. n. 29/93 che consentono agli organi di governo di conferire incarichi dirigenziali a termine, compensandoli con un trattamento economico equivalente a quello previsto dai contratti collettivi di lavoro, integrato da un'indennità ad personam, sicché in astratto la stessa legge consente di andare ben oltre i limiti delle remunerazioni “ordinarie”;

  • le citate norme consentono all'incaricato “esterno” di contrattare il compenso in funzione anche della temporaneità dell'incarico e delle eventuali perdite sia economiche sia di clientela, legate eventualmente all'esercizio di una professione intellettuale.

Tutte queste condizioni, invece, nel caso del segretario comunale non esistono. Quindi un compenso ulteriore, anche se ammesso, non pare possa toccare quei vertici di centinaia di milioni di cui si è detto».



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6. La posizione del Ministero dell'interno.

Relativamente alla prassi si pone il quesito se con l'entrata in vigore della legge finanziaria 2010, lo scioglimento della Convenzione di segreteria comporta anche la decadenza dell'incarico di Direttore Generale conferito al segretario comunale, su il Ministero dell'interno esprime apposito parere.

Il Ministero dell'interno rileva che la materia è stata disciplinata dall'art. 2, commi 183-186, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria per il 2010) che prevedeva l'adozione per i Comuni di specifiche misure di contenimento della spesa per la macchina amministrativa fra cui la soppressione generalizzata della figura del Direttore Generale (art. 2, comma 186, lett. d) della legge citata).

Il decreto legge 25 gennaio 2010, n. 2, ha proseguito nell'intervento urgente di contenimento delle spese negli enti locali; il decreto legge è stato convertito con modifiche sostanziali nella legge 26 marzo 2010, n. 42 e in sede di conversione, l'originaria estinzione della figura del Direttore Generale del Comune è stata limitata con la seguente locuzione “tranne che nei Comuni con popolazione superiore a centomila abitanti” (art.1-quater lett. d) della legge n. 42/2010).

Come chiarito dalla Corte dei Conti Lombardia con pareri nn. 593 e 594 del 2010, l'abolizione della figura del Direttore Generale per i Comuni con popolazione inferiore o uguale a centomila abitanti si deve estendere anche al caso analogo, disciplinato dall'art. 108, comma 4, del TUEL, ove si prevede la possibilità che il segretario comunale eserciti le funzioni di Direttore Generale. La soppressione del ruolo istituzionale concerne, dunque, il Direttore Generale esterno all'amministrazione comunale, nonché il doppio incarico conferito al segretario comunale in assenza di posizione direttoriale ai sensi del suddetto art. 108.

Ciò premesso, qualora si verificasse lo scioglimento della Convenzione, si potrebbero realizzare le seguenti ipotesi:

- se ciascuno dei Sindaci dei Comuni aderenti alla Convenzione ha conferito le funzioni di Direttore Generale singolarmente e autonomamente, il segretario già titolare della sede convenzionata, dopo lo scioglimento della medesima, potrà continuare ad esercitare l'incarico di Direttore Generale conferitogli nell'unico Comune del quale ha conservato la titolarità fino alla scadenza del medesimo;

- se, invece, il segretario comunale fosse stato nominato Direttore generale della convenzione di segreteria con atto del sindaco del comune capofila, lo scioglimento della convenzione comporterebbe anche la cessazione dell'incarico di Direttore Generale, in quanto in tal caso verrebbe meno il soggetto giuridico (la convenzione) dal quale deriva il conferimento dell'incarico medesimo.

Un altro quesito riguarda la possibilità di conferire o meno le funzioni di Direttore Generale al segretario dopo l'entrata in vigore della Legge Finanziaria per il 2010.

Il Ministero dell'interno in un altro proprio parere, dopo aver esposto il quadro normativo di riferimento in materia di soppressione della figura del Direttore Generale prevista per i Comuni inferiori ai centomila abitanti e atteso che la soppressione del ruolo istituzionale concerne, dunque, il Direttore Generale esterno all'amministrazione comunale, nonché il doppio incarico conferito al segretario comunale in assenza di posizione direttoriale ai sensi del suddetto art. 108, evidenzia che allo scadere dell'incarico del segretario comunale attribuito prima del 1° gennaio 2010, non sarà più possibile, per gli enti con popolazione fino a 100.000 abitanti, conferire l'incarico di direttore generale ad alcun soggetto.

Si discute anche riguardo alla conferibilità o meno dell'incarico di Direttore Generale attribuito da una p.a. ad un dirigente di ruolo della Provincia, collocato in aspettativa durante l'incarico e se lo stesso Direttore Generale possa svolgere attività anche di natura gestionale in materia di programmazione e controllo Società Partecipate, Consorzi e Istituzioni, complementari e strumentali rispetto alle funzioni assegnategli o se le stesse debbano essere svolte da altro dirigente. Inoltre, qualora l'ente dovesse rientrare nei parametri di ente strutturalmente deficitario, con impossibilità di prorogare gli incarichi conferiti ai sensi dell'art. 110 del d. lgs. n. 267/2000, al Direttore Generale, senza ulteriore compenso, si questiona se possa essere attribuita la responsabilità del servizio finanziario, essendo in possesso delle specifiche competenze.

Un'altra importante questione che riguarda il Direttore Generale è stata oggetto d'attenzione da parte del Ministero dell'interno nel parere 20 gennaio 2011.

Il Viminale rileva che l'art. 108 del d. lgs. n. 267/2000, come modificato dall'art. 2, comma 186, lett. d) della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e dall'art. 1, comma 2, della legge n. 42/2010, consente alle Province e ai Comuni con popolazione superiore ai 100.000, la facoltà di prevedere, previa deliberazione della giunta, la nomina di un Direttore Generale, al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo determinato, demandando alla fonte regolamentare il compito di definire i criteri per procedere alla nomina suddetta; figura che assolve ad una funzione di interfaccia tra gli organi di governo e il personale dirigenziale, impartendo direttive e vigilando sull'osservanza e sull'attuazione delle stesse (v. sent. Cons. Stato 3/10/2002, n. 5216).

Al riguardo, si fa presente che l'art. 108 del d. lgs. n. 267/2000, come modificato dall'art. 2, comma 186, lett. d) della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e dall'art. 1, comma 2, della legge n. 42/2010, consente alle Province e ai Comuni con popolazione superiore ai 100.000, la facoltà di prevedere, previa deliberazione della Giunta, la nomina di un Direttore Generale, al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo determinato, demandando alla fonte regolamentare il compito di definire i criteri per procedere alla nomina suddetta. Tale figura professionale, alla quale compete l'attuazione degli indirizzi e degli obiettivi stabiliti dal Presidente della Provincia o dal Sindaco e la sovrintendenza alla gestione dell'ente, assolve ad una funzione di interfaccia tra gli organi di governo e il personale dirigenziale, impartendo direttive e vigilando sull'osservanza e sull'attuazione delle stesse.

La ratio della disposizione, quindi, come evidenziato anche dalla Corte dei Conti con sentenza n. 139/2007, è quella di introdurre nelle amministrazioni locali una figura manageriale, di norma estranea alla tradizionale struttura organizzativa, in possesso di una professionalità tale da consentire una gestione più efficiente ed efficace.

La previsione del collocamento in aspettativa dalle funzioni di dirigente correttamente evita il sostanziarsi di una causa di incompatibilità, tenuto conto che non è possibile cumulare nella stessa persona le particolari funzioni attribuite al direttore generale - di supervisione e coordinamento della gestione amministrativa svolta da personale dirigenziale - e le funzioni ordinarie del dirigente, che, in tale veste, risponde al direttore medesimo.

«L'inconciliabilità delle funzioni di direttore generale con quelle di dirigente di qualsiasi struttura amministrativa dell'ente si desume, infatti, in modo inequivocabile sia dalla lettera dell'art. 108, laddove assegna al direttore generale il compito di sovrintendere alla gestione dell'ente che deve essere svolto con la dovuta imparzialità, sia dal disposto di cui all'art. 107, che enuncia le competenze proprie dei dirigenti.

Per tali considerazioni, si devono ritenere non percorribili le ipotesi prospettate da codesta Amministrazione riguardanti la possibilità di conferire al citato direttore generale le funzioni di responsabile del servizio finanziario o altri compiti di natura gestionale, anche se di stretta attinenza alle materie attribuitegli secondo la normativa regolamentare.

Peraltro, la giurisprudenza in materia, in parte richiamata anche da codesta Amministrazione, pur collocando la figura del Direttore Generale nell'ambito della dirigenza, lo differenzia da questa quanto alle competenze attribuite».

7. La gestione manageriale delle amministrazioni comunali: segretario comunale o Direttore Generale?.

Nel 2008 vengono pubblicati i risultati della ricerca La gestione manageriale delle amministrazioni comunali: Segretario comunale del Direttore Generale? dalla quale si possono trarre spunti interessanti di riflessione sulla figura del Direttore Generale degli enti locali.

Dalla vigente normativa in tema di enti locali si possono avere tre situazioni differenti riguardanti la figura del Direttore Generale:

1. Direttore generale “puro”: in questo caso il Sindaco attribuisce il ruolo di Direttore Generale ad un soggetto indipendente e in generale (non sempre) esterno all'ente. Il segretario generale permane nel ruolo e nella sua funzione di controllo ex ante ed ex post della legittimità dei provvedimenti;

2. Segretario-Direttore: in questo caso la funzione di direzione generale viene attribuita (in genere con un incremento della retribuzione) al segretario generale in carica che, mantenendo anche il suo precedente ruolo, si trova ad essere figura unica di vertice con funzioni esecutive e di controllo;

3. Solo segretario: in questo caso il Sindaco rinuncia ad usufruire della possibilità data dalla legge n. 127/1997.


«Nel corso degli anni i Direttori Generali esterni si sono scontrati con i segretari. Lo scontro con i segretari è avvenuto a causa della duplicazione del vertice burocratico che a volte li ha visti in contrapposizione all'interno di una stessa amministrazione con ruoli e responsabilità formalmente separati ma inevitabilmente fortemente collegati. La recente proposta del Codice delle autonomie locali (atto del Senato 1464), prevede che in ogni ente locale vi sia un solo vertice dell'apparato burocratico, per cui la prospettiva che sembra aprirsi per i Direttori Generali potrebbe essere quella, tutta da discutere viste le resistenze della categoria dei segretari comunali, di consentire loro la iscrizione in un albo unico dei segretari e dei Direttori esterni».

La base teorica di riferimento del lavoro trae spunto dalle teorie collegate allo studio di modelli manageriali in tema di public management, definibile come attività di  pianificazione, organizzazione e controllo.

Per comprendere come effettivamente operano e quali attività svolgono: i segretari comunali, i segretari comunali con incarico di direzione generale e i Direttori Generali esterni si è condotta un'indagine empirica.


Si è chiesto ai segretari comunali, ai segretari comunali con incarico di direzione generale e ai direttori generali esterni di dichiarare quale ruolo svolgono nei processi di impulso e coordinamento manageriale ovvero nell'implementazione dei processi di:

Pianificazione;

Organizzazione;

Conduzione;

Controllo di gestione.


Per verificare se i direttori generali esterni sono più responsabili e presidiano con più intensità dei segretari generali i processi manageriali articolati nelle tradizionali fasi della:

Pianificazione;

Organizzazione;

Conduzione;

Controllo di gestione,

è stato somministrato un questionario a tutti i segretari e direttori generali operanti nei 701 Comuni italiani con popolazione superiore a 15.000 abitanti.

Si è cercato di comprendere se le tre figure manageriali oggetto di indagine assumono orientamenti manageriali comuni o se viceversa esistono elementi di differenziazione sul piano dell'implementazione di processi di coordinamento ed impulso manageriale.


La ricerca perviene a risultati interessanti; il Direttore Generale rispetto al segretario comunale collabora maggiormente all'elaborazione degli indirizzi di politica pubblica; nella progettazione della struttura organizzativa del Comune che dirige; nella definizione del sistema di controllo; identifica la propria attività più come manager che come funzionario pubblico; adotta uno stile di leadership innovativo.


Com'è possibile vedere il Direttore Generale è figura di rilievo all'interno del proprio ente locale, fatto che deve implicare un rinnovata riflessione da parte del legislatore sulla sua riconosciuta utilità.


8. Valutazioni conclusive.

Il Direttore Generale è figura problematica, inserita nell'ordinamento degli enti locali territoriali da quasi un trentennio.

Tale figura professionale svolge all'interno di Province e Comuni un ruolo decisamente importante, finalizzato al raggiungimento degli obiettivi fissati dagli organi politici con logiche aziendali, mirate ad introdurre nell'ente all'interno del quale opera modelli manageriali attraverso i quali si portano a compimento i principi di efficacia efficienza ed economicità dell'azione amministrativa.

Al Direttore Generale compete la predisposizione di importanti strumenti economico finanziari come il Piano esecutivo di gestione, il piano dettagliato degli obiettivi nonché il sovrintendere al lavoro dei dirigenti.

È figura problematica poiché collocata a cavallo tra politica e burocrazia; dunque elemento di snodo tra chi indica gli obiettivi e chi è chiamato ad attuarli.

Il Direttore Generale è figura di cambiamento e come tale è chiamato a determinare le condizioni migliori perché esso si radichi nella cultura organizzativa di chi è chiamato a operare negli enti locali territoriali.

Non è figura necessaria ma facoltativa; ciò nonostante sono stati molti Sindaci, almeno nel passato, ad aver utilizzato il Direttore Generale all'interno del proprio ente locale, segno evidente della sua riconosciuta utilità.

L'inserimento nell'ente locale del Direttore Generale, spesso ha comportato l'instaurarsi di situazioni di conflitto con un'altra figura tecnica ovvero il segretario comunale.

Vero è che la legge prevede la specificazione delle reciproche competenze tra tali figure professionali allorquando il Sindaco o il Presidente della Provincia decidano di nominare il Direttore Generale esterno, ma tant'è che i conflitti possono comunque insorgere con grave nocumento per il regolare svolgimento dell'azione amministrativa e per il conseguente raggiungimento degli obiettivi del proprio ente.

La figura del Direttore Generale può ingenerare alcune difficoltà all'interno degli enti locali in cui opera, su cui tanto la dottrina e la giurisprudenza, quanto la prassi hanno assunto precise posizioni.

In particolare si discute sulla conferibilità o meno al Direttore Generale di compiti gestionali, comunque sconsigliabili, sulla cui problematicità anche il Ministero dell'interno ha assunto una posizione di contrarietà, per la evidente commistione di ruoli che tale fatto comporta poiché si avrebbe nella medesima figura il concentrarsi di una funzione di controllo e di gestione al contempo.

La recente legislazione restrittiva concernente l'utilizzo della figura di Direttore Generale nell'ente locale di picco dimensioni, apre la discussione sulla reale portata della categoria dell'autonomia degli enti locali, notevolmente ridimensionata dal legislatore che evidentemente ritiene il sistema delle autonomie locali territoriali incapace di autoregolarsi e di affrontare le proprie scelte politiche con logiche di economicità, dunque costretto nell'angolo della tutela da parte dello Stato centrale.

Si ritiene, invece, che le autonome scelte che gli enti locali territoriali possono compiere, non debbano essere mutilate dalla sostanziale impossibilità di avvalersi delle figure manageriali, come il Direttore Generale, a condizione che l'utilizzo di tale figura avvenga cum grano salis, all'interno di enti adeguati per compiere tale scelta che abbiano effettivamente tale necessità.

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STEFANI F., Ancora sulla retribuibilità delle funzioni di Direttore Generale affidate al segretario comunale, in LexItalia.it.

Lecce 5 dicembre 2014

Prof. Luigino Sergio, già Direttore Generale della Provincia di Lecce; esperto di organizzazione e gestione degli enti locali.



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