Data: 12/12/2014 15:00:00 - Autore: Avv. Francesco Pandolfi
Avv. Francesco Pandolfi       Cassazione e Magistrature Superiori

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"Ottima" sentenza del Tar Sicilia, la n. 649 del 04.03.2014, in materia di infermità da causa di servizio e di violazione dell'obbligo di motivazione.

Il principio generale è il seguente: sussiste il diritto per le vittime delle patologie e per i loro familiari al ricorso agli strumenti indennitari previsti dalla legislazione vigente (compreso il riconoscimento della causa di servizio e della speciale elargizione) in tutti quei casi in cui l'Amministrazione militare non sia in grado di escludere un nesso di causalità.

Vediamo il fatto più da vicino.

Il ricorrente, Maresciallo dell'Arma dei Carabinieri, è stato impegnato dapprima in Bosnia-Erzegovina nell'ambito dell'operazione NATO "Joint Force", quindi in Iraq, nell'ambito dell'operazione NATO "Antica Babilonia"; già nel corso della prima missione, durante un controllo sanitario, gli venivano riscontrati valori anomali. 

Tali anomalie perduravano anche dopo il rientro in Patria, tanto che gli sono stati nel tempo riconosciuti diversi periodi di aspettativa per motivi di salute, nel corso dei quali, peraltro, ha subito prolungati ricoveri ospedalieri; a seguito di un check-up diagnostico svolto nel xxx7 gli veniva diagnosticato un -OMISSIS- di alto grado, per il quale veniva sottoposto ad immediato intervento presso il nosocomio di M.; infine, con provvedimento in data 0xxxx la Direzione Generale per il Personale Militare VI Divisione, del Ministero della Difesa ne ha disposto la cessazione dal servizio permanente per infermità, in quanto non idoneo all'impiego neppure nelle corrispondenti aree del personale civile del Ministero.

Si evidenzia, inoltre, che, benché la -OMISSIS- "-OMISSIS-", l'istanza da costui avanzata in data -OMISSIS- per ottenere il riconoscimento della dipendenza dell'infermità de qua da causa di servizio e la contestuale concessione dell'equo indennizzo veniva respinta con l'impugnato decreto, che recepiva le conclusioni raggiunte dal Comitato di Verifica per le cause di servizio nei pareri n. 16363/11 del 06.10.2011 e n. 42712/11 del 23.05.2013, ove si osservava che "l'infermità non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio".

Con unica (pur se articolata) censura si deduce "eccesso di potere per travisamento dei fatti - Carenza e/o difetto di motivazione - Contraddittorietà ed omessa valutazione dei fatti - Irragionevolezza dei provvedimenti impugnati - Carenza di istruttoria" e si chiede l'annullamento del mentovato decreto e, previa Ctu medico-legale ove stimata necessaria, la condanna dell'Amministrazione al risarcimento del danno biologico "residuo" (ossia quella parte della complessiva lesione dell'integrità fisio-psichica non "coperta" dall'equo indennizzo).

Il ricorso è, nei limiti che seguono, fondato.

L'esposizione dei fatti ivi delineata (e sopra sinteticamente riportata) è suffragata da corposa ed univoca documentazione: è, pertanto, superflua qualsiasi ulteriore attività istruttoria.

A fronte di tali evidenze documentali, l'Amministrazione ha escluso la dipendenza della cennata infermità da causa di servizio con una formula ("nei precedenti di servizio dell'interessato non risultano fattori specifici potenzialmente idonei a dar luogo ad una genesi -OMISSIS- pertanto è da escludere ogni nesso di causalità o concausalità") apodittica, generica e priva di ogni riferimento alla concreta vicenda del Militare: palese, dunque, la sostanziale carenza di motivazione, in violazione del disposto di cui all'art. 3 L. 241/1990.

Giova precisare che il ricorrente ha prestato servizio in aree (ex Jugoslavia ed Iraq) interessate da operazioni militari nell'ambito delle quali egli assume (e la Difesa erariale non nega) essere stato utilizzato munizionamento composto pure da uranio impoverito.

Come noto, i proiettili all'uranio impoverito, allorché colpiscono il bersaglio, disperdono nell'atmosfera nanoparticelle di minerali pesanti la cui potenzialità cancerogena è oggetto di un serrato dibattito all'interno della comunità scientifica internazionale.

Per vero, come rilevato in una precedente pronunzia di questo Tribunale (n. 321/2012), della questione si è occupata pure la "Commissione Parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonché le popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico", istituita con deliberazione del Senato della Repubblica in data 11 ottobre 2006.

La Commissione, pur prendendo atto "dell'impossibilità di stabilire, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, un nesso diretto di causa-effetto tra le patologie oggetto dell'inchiesta ed i singoli fattori di rischio individuati nel corso delle indagini, con particolare riferimento agli effetti derivanti dall'uranio impoverito e dalla dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di metalli pesanti", cionondimeno, "vista la obiettiva sussistenza di fenomeni morbosi anche in riferimento alla operatività di altre concause, legate in tutto o in parte ai contesti fortemente degradati ed inquinati dei teatri operativi in cui ha operato il personale militare italiano, ritiene che il verificarsi dell'evento costituisca di per sé elemento sufficiente (criterio di probabilità) a determinare il diritto per le vittime delle patologie e per i loro familiari al ricorso agli strumenti indennitari previsti dalla legislazione vigente (compreso il riconoscimento della causa di servizio e della speciale elargizione) in tutti quei casi in cui l'Amministrazione militare non sia in grado di escludere un nesso di causalità.

Come condivisibilmente affermato nel richiamato precedente, cui si presta convinta adesione, "è evidente il capovolgimento dell'onere probatorio derivante dalla conclusione di tale indagine: è l'amministrazione a dover dimostrare - a fronte dell'esposizione del militare a questi specifici fattori di rischio - che la patologia -OMISSIS- sia da imputare a fattori esogeni".

Dunque, "il Comitato di verifica, prima di riprodurre la burocratica formula di stile della non dipendenza dell'infermità da causa di servizio, avrebbe dovuto considerare i potenziali fattori di rischio associati alla tipologia dell'impiego cui è stato sottoposto il ricorrente, valutare in modo analitico e compiuto l'incidenza causale (peraltro, come riportato, chiaramente affermata già sul piano del fatto notorio) di tali fattori rispetto all'infermità diagnosticata, potendo ragionevolmente e logicamente escludere una dipendenza da causa di servizio solo qualora fosse in grado di dimostrare l'esistenza di fattori specifici, dotati di autonoma ed esclusiva portata eziologica, determinanti per l'insorgere dell'infermità".

La patologica gracilità motivazionale dei pareri si ripercuote, a valle, sul provvedimento qui impugnato, viziato da illegittimità derivata.

Restano evidentemente salve le future determinazioni dell'Amministrazione, peraltro rigorosamente condizionate dalla prospettica portata conformativa della presente sentenza in punto di ampiezza e struttura dell'ordito motivazionale.

Il Tar annulla quindi l'atto impugnato.

Avv. Francesco Pandolfi      3286090590         francesco.pandolfi66@gmail.com

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