Data: 15/12/2014 11:00:00 - Autore: Francesca Cosentino
Avv. Francesca Cosentino - Il diniego tacito di rimborso non rientra tra gli atti impugnabili, tassativamente indicati all'art. 19 del D.Lgs n. 546/92, allorché il rimborso sia chiesto successivamente al pagamento della cartella esattoriale non impugnata. Perciò, il ricorso avverso l'atto di diniego è da dichiararsi inammissibile. A meno che il contribuente abbia dimostrato di pagare con ‘animus repetendi'. E' quanto affermato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Catania,Sez. XI, nella decisione n. 4562/11/14 depositata in data 28 maggio 2014.

La vicenda
Il caso sottoposto all'attenzione del Collegio catanese scaturiva da un avviso di accertamento per tassa automobilistica emesso dall'ufficio di Caltagirone per l'anno d'imposta 2000. L'atto, tardivamente notificato al privato, diveniva definitivo per mancata impugnazione. Di conseguenza,veniva emessa la cartella di pagamento per il recupero del quantum dovuto, anch'essa tardiva rispetto a quanto prescritto dall'art.25, D.p.r. n. 602/73.1
Il privato procedeva al pagamento tempestivo della cartella (entro i 60 gg dalla notifica). Resosi conto dell'erroneo versamento, presentava all'ufficio istanza di rimborso deducendo la perdita del possesso del veicolo in data antecedente all'anno relativo alla pretesa d'imposta e l'illegittimità dell'azione amministrativa per prescrizione del diritto di recupero.

L'Amministrazione finanziaria rigettava l'istanza, lasciando decorrere inutilmente il termine di 90 giorni dalla sua presentazione.
Avverso tale provvedimento (in sostanza, un diniego tacito) il privato proponeva personalmente ricorso, adducendo la fondatezza dei motivi di rimborso. L'ufficio eccepiva la legittimità dell'avviso di accertamento perché notificato in regime di proroga dei termini e dunque, la legittimità del diniego di rimborso. Non sollevava alcuna eccezione circa l'ammissibilità del ricorso avverso il diniego di rimborso.

La decisione della Commissione tributaria
La CTP di Catania ha reputato di dover pronunciare l'inammissibilità del ricorso poiché il rapporto tributario, nello specifico, si era già definito con il pagamento della cartella, "… nè può ritenersi (argomentava il Collegio) che il pagamento sia avvenuto con animo di rivalsa, in quanto il ricorrente non ha prodotto alcun documento a riprova dell'intento che lo avrebbe animato al momento dell'adempimento spontaneo dell'obbligazione tributaria." D'altronde (proseguiva), "l'impugnazione del silenzio-rifiuto non può essere considerato espediente idoneo ad escludere i termini di decadenza prestabiliti per l'impugnazione delle cartelle di pagamento, essendo,infatti, in questa sede, semmai, soltanto possibile censurare profili meramente formali della condotta omissiva serbata dall'amministrazione finanziaria" e quindi, ha dichiarato l'inammissibilità.

Considerazioni
La pronuncia della Commissione di merito si presenta molto interessante poiché la motivazione, seppur concisa, contiene quattro distinte affermazioni, la prima di portata notevolmente innovativa e meritevole di essere sottolineata, le altre di certa tipicità e singolarità prestano il fianco ad alcune considerazioni.

1. La prima affermazione riguarda la possibilità di escludere in genere i termini di impugnazione della cartella di pagamento e dell'atto impositivo allorché il contribuente dimostri di avere pagato con animus repetendi. In questo caso (pare intendersi), l'impugnazione del diniego di rimborso sarebbe ammissibile con buona pace della definitività della cartella e/o dell'atto impositivo e senza distinguere, dunque, tra rimborsi cd diretti (es. per eccedenza d'imposta) e rimborsi cd indiretti (es. per pagamento coattivo).Ne deriva che l'intenzione di rivalsa prevarrebbe sull'acquiescenza ufficiale all'atto amministrativo e giustificherebbe il riesame del rapporto tributario a monte.

2. La seconda affermazione ha carattere implicito e riguarda la natura tassativa dell'elencazione contenuta nell'articolo 19, co 1, D. Lgs n. 546/92. La Commissione ritiene che l'unico atto impugnabile in specie sarebbe stata la cartella di pagamento, altrimenti opinando -chiarisce- si concretizzerebbe un espediente per bypassare il termine decadenziale di 60 gg previsto per la definitività delle cartelle di pagamento. Logico presupposto è che, secondo il Collegio, l'elencazione ex art.19, co 1, cit. sia assolutamente tassativa secondo un'interpretazione statica e non dinamica.
Al riguardo è opportuno un chiarimento. La littera legis introduce il diniego di rimborso (lett. g) tra gli atti impugnabili, genericamente, senza specificare se il riferimento sia esclusivamente al rimborso da indebito (indiretto) o al rimborso da mera restituzione (diretto), o quali siano le forme di pagamento (coatto,volontario,duplicazione etc.) ammesse ai fini della sua impugnazione. Perciò, la giurisprudenza maggioritaria 2, in elogio al principio della definitività 3 e della certezza del diritto, ha ricondotto all'elenco le ipotesi di rimborso diretto, quali quelle di cui all'art.38 D.p.r. n. 602/73, all'art.77, D.p.r. 131/1986; il rimborso Iva e dei tributi locali. E unicamente per i profili formali le ipotesi di rimborso cd indiretto, cioè successivo alla definitività della cartella di pagamento o dell'atto impositivo.
Quanto,a mio modesto avviso,a dispetto della pura littera legis di cui al combinato disposto dell'art.19, co 1, lett. (g e dell'art.21, co 2 primo cpv, D.Lgs n.546/92, a cui tenore: <Il ricorso può essere proposto avverso: g) il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi..> e Normal 0 14 false false false IT X-NONE X-NONE < Il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione .. può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d'imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto >.
Il combinato normativo, invero, e precipuamente la previsione della prescrizione del diritto sino al termine disposto per quella ordinaria, fa ipotizzare uno scenario piuttosto diverso, id est che trattasi di una norma di chiusura a salvaguardia del principio di capacità contributiva (art.53, Cost.) e dell'affidamento del contribuente (art.10, Statuto) nel potere pubblico, giustificatoria di un incondizionato diritto al ricorso (v. pure art.24. Cost.) avverso l'atto di rifiuto del rimborso.

3. La terza affermazione attiene alla qualificazione giuridica <espediente idoneo a descludere i termini di decadenza prestabiliti per l'impugnazione delle cartelle di pagamento> Normal 0 14 false false false IT X-NONE X-NONE che il ricorso avverso il diniego tacito o espresso assumerebbe qualora fosse sic et simpliciter ritenuto ammissibile e, specularmente, al suo rilevante e sottinteso corollario: legittimare la violazione o l'elusione della singola legge d'imposta, il decreto-legge n.953 del 30 dicembre 1982 e succ. mod. disciplinante le tasse automobilistiche,il cui art. 5 recita espressamente che "il diritto del contribuente al rimborso delle tasse indebitamente corrisposte" si prescrive col decorso del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento.
La norma riconosce dunque tout court al contribuente il diritto al rimborso delle tasse indebite, ammettendo il ‘ravvedimento' dell'erronea corresponsione,in forma esplicita mediante la presentazione dell'istanza di rimborso.
Alla luce di ciò e di quanto osservato al precedente punto, sembra (come dire) un astratto arzigogolo giuridico che il diritto al rimborso sia precluso dal pagamento ‘incauto', in nome dell'acquiescenza all'atto impositivo e/o di riscossione.
Infatti, occorre valutare che la certezza del diritto è fatta salva dalla previsione del termine di prescrizione (qui 3 anni dal pagamento) il cui inutile decorso in ogni caso impedisce l'esercizio del diritto al rimborso.
Inoltre, su un piano basilare e molto concreto, che molteplici fattori, pure contingenti, possono indurre il contribuente a versare le somme pretese per imposta (auto o di altra natura), in particolare, la paura di subire a breve il pignoramento paventato nella cartella, e soprattutto lo stato soggettivo di buona fede, la fiducia o l'affidamento nella legittimità dell'azione dell'Ente impositore o di riscossione.
Altresì,che la tutela dell'affidamento (art.10, Statuto del Contribuente) fa perno direttamente sul principio costituzionale del buon andamento e dell'imparzialità dell'amministrazione (art. 97 ,co 2, Cost.).
Infine,che il contribuente non può essere sottoposto a tassazione, se non in presenza di fatti che esprimono capacità contributiva attuale, effettiva e reale,ed entro la misura e il limite di essa. Un presupposto d'imposta apparente o fittizio, quindi, non esprime forza contributiva alcuna e rende illegittimo ex art.53, Cost. l'obbligo alla contribuzione.
Per le ragioni esposte la possibilità di correggere l'errore di versamento dovrebbe trovare migliore garanzia proprio nelle fattispecie in cui è il Fisco stesso, sul cui regolare operare il contribuente ha confidato, a pretendere (per sbaglio) attraverso l'atto impositivo o l'iscrizione a ruolo coattivo il pagamento del tributo.4 All'uopo, per delegittimare le forme di ‘iniqua egemonia' da parte dell'erario nei confronti di un contribuente fiducioso, inesperto ed intimorito. E per consentire il rispetto dei supremi interessi costituzionali racchiusi nell'obbligo di contribuire secondo la propria capacità contributiva (art.53, Cost.).

4. La quarta e ultima affermazione riguarda un aspetto particolare della vicenda in trattazione: secondo il giudice al fine dell'ammissibilità del ricorso il contribuente avrebbe dovuto sollevare vizi formali del diniego. In quanto ritiene di non potere decidere sul rapporto tributario, perché quest'ultimo si era già definito con il pagamento della cartella non impugnata.

La C.T. Provinciale di Catania non tiene conto di due fattori fondamentali:
1) allorché il diniego sia tacito è ontologicamente impossibile sollevarne vizi formali, consistenti notoriamente nel difetto di motivazione, di sottoscrizione e in vizi procedurali. Il silenzio diniego infatti è un provvedimento amministrativo che si forma per mero decorso dei termini previsti ex lege senza una pronuncia espressa dell'Amministrazione; lo stesso pertanto è impugnabile al pari degli atti espressi, ma solo ed unicamente per il suo contenuto precettivo, senza che possano ravvisarsi in esso i vizi formali propri degli atti, quali difetti di procedura e tanto meno la mancanza di motivazione o di sottoscrizione. O vizi di notifica. E nella vicenda il diniego di rimborso assumeva la forma del silenzio-rifiuto.
2) in sede processuale Non sono state introdotte tematiche nuove e diverse rispetto a quelle poste a fondamento dell'istanza di rimborso non accolta, ma le stesse; sicché l'oggetto del contendere era circoscritto alla legittimità del diniego e non a quella degli atti impositivi presupposti.
In conclusione, se per un verso è encomiabile il tentativo in sentenza di dare autonoma rilevanza all'animo di rivalsa al fine di giustificare il ricorso avverso il diniego del rimborso indiretto, per altro verso pare censurabile per i profili esposti che la sentenza, in sintesi, dia acritica predominanza alla stabilità della posizione giurisprudenziale nella tematica trattata.

E' d'uopo asserire, invece, che laddove sia insussistente l'obbligazione tributaria e/o l'Ente sia decaduto dal potere impositivo, e in ragione del margine di errori del Fisco, il ricorso avverso il diniego espresso o tacito dell'istanza di rimborso andrebbe ammesso sic et simpliciter; di tal ché il diritto al rimborso andrebbe riconosciuto anche al contribuente che ha adempiuto ad una cartella (o all'atto presupposto), infondata ed illegittima, nel rispetto del termine di prescrizione previsto dalla singola legge d'imposta ed, in assenza di disposizioni specifiche, ai sensi dell'art.21,co 2, ult. cpv T.U. sul contenzioso tributario, nel termine di due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.

Avv. Francesca Cosentino
Foro di Catania
Diritto Tributario-Amministrativo-Civile
Mail: francesca_cosentino@alice.it
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1. art.25, D.P.R. n.602/73, co 1: Il concessionario notifica la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre: c) del secondo anno successivo a quello in cui l'accertamento e' divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell'ufficio.

2. In tal senso: C. Cass. Sez. V, n. 17587, 28 luglio 2010; C. Cass. Sez. V, 15 gennaio 2007 , n. 672; C. Cass. n. 13211/ 2004; 2249/2003; n. 17718/2004; n. 13173/2000; ord. Cass. n. 9100, 22 aprile 2014. Contra: C. Cass. Sez. V n.12804/2002; CTP Novara, n. 508/1998.

3. ricavabile dall'art.21, co 1, D.Lgs n.546/92: < Il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell'atto impugnato>, decorsi i quali 60 gg l'atto amministrativo diviene definitivo.

4. In tal senso, v. Silvio Carta in Rivista S.S.E.F. on line.

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