Data: 07/01/2015 19:00:00 - Autore: Avv. Francesco Pandolfi
Avv. Francesco Pandolfi      cassazionista

Come si sa, lo shock anafilattico è una sindrome clinica, possiamo tranquillamente dire "di tipo grave", che può esordire nel momento in cui una persona, sensibilizzata verso uno specifico allergene, vi viene a contatto.

Per i casi in cui si ha tale incresciosa situazione, saper cogliere i sintomi può equivalere a salvare vite umane: solo così è possibile impedire l'avvio di una serie di eventi emodinamici letali.

Per esempio, può essere percepibile un calo pressorio, oppure pallore, orticaria, abbassamento della voce, disturbi diffusi, paura, broncospasmi, reazioni cutanee, cianosi, collasso.

In Italia, tanti Presidi medico ospedalieri diffondono con la dovuta attenzione le informazioni di base sul che cosa è lo shock anafilattico, le cause che lo scatenano e soprattutto le problematiche conseguenze: purtuttavia, i casi di mal governo del pericoloso fenomeno medico si verificano con una certa cadenza temporale e si traducono sfortunatamente anche in decessi.

Per esempio, di recente, dello shock anafilattico ha avuto modo di occuparsi la Corte di Cassazione.

Con la sentenza n. 34239 del 04 agosto 2014, la Sezione 4 penale ha trattato tale fattispecie in correlazione a profili di colpa medica, affermando che si ravvisa la colpa in capo al medico che abbia omesso di richiedere espressamente al paziente, nonostante il silenzio della cartella clinica, la sussistenza di allergie a uno specifico farmaco che egli intenda somministrargli. 

In altri termini, è stato affermato il condivisibile principio che il sanitario non può fare affidamento sull'anamnesi compiuta dal medico del pronto soccorso, al momento precedente del ricovero. 

Infatti, stando ai più noti canoni dell'esperienza medico scientifica, la presenza di allergie ai farmaci è un dato fondamentale per qualunque medico, che può essere diverso dal collega che ha raccolto l'anamnesi: in forza di tale assunto, colui che intende somministrare un farmaco non può omettere di chiedere al paziente se sia allergico a tale farmaco. 

Nel caso concreto la Corte, nell'annullare la sentenza di condanna per il reato di omicidio colposo perché estinto per prescrizione, ha rigettato il ricorso ai fini civili, ravvisando la colpa nella condotta del medico il quale, somministrando al paziente un farmaco cui era allergico, ne aveva provocato la morte a seguito di shock anafilattico, non potendosi sostenere l'affidamento incolpevole al comportamento dei medici che in precedenza avevano effettuato l'anamnesi e redatto la cartella clinica non menzionando l'affezione allergica.

In buona sostanza: ci si aspetta dal sanitario un'attenzione e un rigore medico scientifico di spessore tale da essere qualificabile come "grandemente efficace" se tradotto in una qualsiasi contromisura adatta ad evitare i sempre possibili imprevisti sulla salute umana.

Avv. Francesco Pandolfi

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