|
Data: 07/01/2015 11:00:00 - Autore: Marina Crisafi Qual è la linea di confine tra il dolo eventuale e la colpa cosciente? È questa la domanda alla quale hanno risposto le Sezioni Unite, chiamate ad intervenire nella nota vicenda Thyssenkrupp. Nello specifico, il quesito sottoposto all'attenzione dei giudici del supremo consesso era il seguente: “Se la irragionevolezza del convincimento prognostico dell'agente circa la non verificazione dell'evento comporti la qualificazione giuridica dell'elemento psicologico del delitto in termini di dolo eventuale”. E la questione, lungi dall'essere meramente teorica è di fondamentale importanza. La risposta, infatti, a questa sottile differenza ha comportato la conferma della responsabilità degli imputati per omicidio colposo anziché per omicidio volontario nella forma del dolo eventuale, annullando così parte della sentenza di appello e rinviando ad altra sezione della Corte d'assise d'appello di Torino per la rideterminazione delle pene. Nelle oltre 200 pagine di motivazioni, già peraltro annunciate nell'informazione provvisoria del 24 aprile scorso, le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 38343/2014) hanno affermato, infatti, che ”in ossequio al principio di colpevolezza la linea di confine tra dolo eventuale e colpa cosciente va individuata considerando e valorizzando la diversa natura dei rimproveri giuridici che fondano la attribuzione soggettiva del fatto di reato nelle due fattispecie". Nella colpa cosciente, hanno spiegato i giudici, “si è in presenza del malgoverno di un rischio, della mancata adozione di cautele doverose idonee a evitare le conseguenze pregiudizievoli che caratterizzano l'illecito. Il rimprovero è di inadeguatezza rispetto al dovere precauzionale anche quando la condotta illecita sia connotata da irragionevolezza, spregiudicatezza, disinteresse o altro motivo censurabile. In tale figura manca la direzione della volontà verso l'evento, anche quando è prevista la possibilità che esso si compia”. Nel dolo, invece, secondo gli Ermellini, “si è in presenza di organizzazione della condotta che coinvolge, non solo sul piano rappresentativo, ma anche volitivo la verificazione del fatto di reato”. In particolare, dunque, “nel dolo eventuale, che costituisce la figura di margine della fattispecie dolosa, un atteggiamento interiore assimilabile alla volizione dell'evento e quindi rimproverabile, si configura solo se l'agente prevede chiaramente la concreta, significativa possibilità di verificazione dell'evento e, ciò nonostante, si determina ad agire, aderendo a esso, per il caso in cui si verifichi”. È necessaria, quindi, “la rigorosa dimostrazione che l'agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si è verificata nella fattispecie concreta. A tal fine è richiesto al giudice di cogliere e valutare analiticamente le caratteristiche della fattispecie, le peculiarità del fatto, lo sviluppo della condotta illecita al fine di ricostruire l'iter e l'esito del processo decisionale". Così, affermando, la S.C. ha confermato la responsabilità dei manager della società per l'incendio che, nel 2007, costò la vita ai 7 operai, per non aver adottato le doverose e necessarie cautele che avrebbero sicuramente evitato l'esito drammatico della vicenda, ma a titolo di colpa cosciente e non di dolo, ordinando un nuovo processo di appello per la rideterminazione delle pene, naturalmente al ribasso. Qui sotto il testo della sentenza. |
|