Data: 10/01/2015 12:30:00 - Autore: Avv. Francesco Pandolfi

Avv. Francesco Pandolfi     cassazionista


La sentenza n. 4618/14 del Consiglio di Stato merita di essere segnalata per la chiara affermazione di un diritto, in primo luogo garantito dalla Carta Costituzionale.

Il principio cardine è che entrambi i coniugi partecipano alla cura e all'educazione dei figli: le norme debbono quindi permettere che lo scopo educativo sia effettivamente perseguito.

Siamo in materia di mancata concessione ad un dipendente del Ministero dell'Interno presso una Questura (assistente di polizia) del diritto a fruire dei riposi giornalieri, di cui all'art. 40 del T.U. 151/2001; ebbene, la nostra Costituzione assicura formalmente e sostanzialmente il sostegno alla famiglia ed alla maternità in attuazione delle finalità generali di tipo promozionale scolpite dall'art. 31. 

Non può quindi che valorizzarsi, a parere degli Alti Magistrati, la ratio della stessa norma, volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività ( nella fattispecie, quella di “casalinga”), che la distolgano dalla cura del neonato.

Per disciplinare la fattispecie, occorre procedere all'esame delle norme di riferimento: gli artt. 39 e 40 del citato T.U.
« Art.39. Riposi giornalieri della madre: 1 - Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l'orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore. 2 - I periodi di riposo di cui al comma 1 hanno la durata di un'ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall'azienda. 3 - I periodi di riposo sono di mezz'ora ciascuno quando la lavoratrice fruisca dell'asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell'unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa. 
« Art. 40. Riposi giornalieri del padre: 1. I periodi di riposo di cui all'articolo 39 sono riconosciuti al padre lavoratore: a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre; b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga; c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente; d) in caso di morte o di grave infermità della madre».
 
Pur sussistendo diverse interpretazioni delle norme poste, ritiene il Collegio di dovere aderire all'orientamento legato alla formulazione letterale della norma, secondo la quale il beneficio spetta al padre, “nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente”. 

Tale formulazione, secondo il significato proprio delle parole, include tutte le ipotesi di inesistenza di un rapporto di lavoro dipendente: dunque quella della donna che svolga attività lavorativa autonoma, ma anche quella di una donna che non svolga alcuna attività lavorativa o comunque svolga un'attività non retribuita da terzi (se a quest'ultimo caso si vuol ricondurre la figura della casalinga). 
Altro si direbbe se il legislatore avesse usato la formula “nel caso in cui la madre sia lavoratrice non dipendente”. 
La tecnica di redazione dell'art. 40, con la sua meticolosa elencazione delle varie ipotesi nelle quali il beneficio è concesso al padre, lascia intendere che la formulazione di ciascuna di esse sia volutamente tassativa.

Anche dal punto di vista della ratio, l'orientamento seguito con la sentenza 4618 è in linea con il principio della paritetica partecipazione di entrambi i coniugi alla cura ed all'educazione della prole, che affonda le sue radici nei precetti costituzionali contenuti negli artt. 3, 29, 30 e 31.

Lo spostamento dell'asse della ratio normativa sulla tutela del minore impone di ritenere che il beneficio, di cui uno dei due genitori può fruire, costituisce il punto di bilanciamento tra gli obblighi del lavoratore nei confronti del datore di lavoro (con riferimento al rispetto dell'orario di servizio) e gli obblighi discendenti dal diritto di famiglia paritario, che gli impone comunque la cura del minore pure in presenza dell'altro genitore eventualmente non lavoratore.
 
Tale beneficio sostanzialmente grava sul datore di lavoro dell'uno o dell'altro genitore ( principio dell'alternatività ), ma, allorché uno dei due genitori per una ragione qualsiasi non se ne avvalga ( perché “non lavoratore dipendente” e dunque anche non lavoratore “tout court” ), ben può essere richiesto e fruito dall'altro.
 
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