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Data: 11/01/2015 09:30:00 - Autore: Angelo Casella di Angelo Casella I � Imprenditore e Impresa. 1.- L'impresa come attivit�. L'art. 2082 del codice civile dice che l'esercizio professionale di una attivit� (quivi specificata come: �economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi�) imprime nell'agente la qualifica giuridica di imprenditore. E' dunque evidente che se � la natura dell'attivit� esercitata che determina la qualifica soggettiva di imprenditore, la definizione di questi deve necessariamente consistere nella caratterizzazione di tale attivit�, alla quale deve darsi � con la denominazione di impresa � qualifica corrispondente a quella che imprime. Dice poi la norma che � imprenditore chi esercita l'impresa. A questo termine peraltro essa non vuol qui dare significato materiale, bens� simbolico, ad esprimere semplicemente il riferimento giuridico degli effetti dell'attivit� al soggetto (che ne � � perci� � responsabile). Tornando all'attivit� che �produce o scambia beni o servizi�, � specificato che essa deve � per ricevere la qualifica positiva (nel senso di jus positum) di impresa - essere �organizzata�. Poich�, come vedremo, �organizzata� � l'attivit� complessa che risulta dal coordinato apporto di attivit� semplici, ne segue che chi produce le utilit� (beni o servizi) oggetto di scambio, � l' organismo produttivo, del quale non rileva che entri a far parte l'attivit� personale diretta dell'imprenditore. Tale circostanza risulta infatti del tutto indifferente alla nozione di impresa data dalla legge. Impresa, pertanto, non � la semplice attivit� umana (1), materiale dell'imprenditore, ma un vero e proprio ente composito, formato sia da un �complesso di beni� (art. 2555 cod. civ.), sia dall'operosit� dei collaboratori dell'imprenditore (art. 2230 I cod. civ.), insieme fusi in un unico, funzionalmente armonioso meccanismo produttivo (2): l'imprenditore in tanto �esercita� in quanto �riceve�. La figura dell'imprenditore, cio�, si chiarisce come quella di colui alla cui sfera giuridica vengono riportati (secondo quelle modalit� che chiariremo e tali da qualificare tale riferimento come �professionale�) gli effetti di una determinata �attivit� economica organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni o di servizi�. (3) (4) Questo riferimento determina nell' �agente� la qualifica, appunto, di imprenditore, cio� a dire una qualit� giuridica, da inserirsi, in una trattazione sistematica della teoria generale del diritto, subito dopo la nozione della persona in generale. (5) (6) 2.- La nozione di attivit� ed i suoi requisiti: a) l'economicit�; b) l'autonomia. L'attivit� che d� luogo alla attribuzione all'agente della qualit� giuridica di imprenditore deve essere volontaria, organizzata, esercitata professionalmente e diretta alla produzione di beni o servizi, destinati, almeno prevalentemente, al mercato (cio� al commercio), mentre non sono affatto necessarie specifiche finalit� di profitto. (7) E' da sottolineare che con il termine attivit� non si vuole dalla legge significare una serie di atti umani volontari e continuativi, bens�, semplicemente, come si � visto, rendere l'immagine di una attiva creazione. (8) Il requisito dell'economicit� � espressamente richiesto dalla legge (9) ed equivale a patrimoniale, nel senso di produttiva di utilit� patrimonialmente valutabili. (10) Esso offre un'altra � e positiva � conferma della necessit� che l'attivit�, per assurgere alla qualifica di impresa, debba essere destinata allo scambio. E indicativa in tal senso � la successiva proposizione specificativa della legge, dove dice che l'esercizio deve essere volto �al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi�. E difatti, se il concetto di �scambio� gi� di per s� stesso importa una relazione intersoggettiva, quello di �produzione� assume giuridica rilevanza in quanto si inserisca nel mercato. Inoltre il termine �servizi� non avrebbe alcun senso se la legge volesse ammettere la figura della c.d. �impresa di consumo� . Si evidenzia quindi che la necessit� della destinazione dell'attivit� dell'impresa allo scambio si trae sopratutto dal requisito della economicit� piuttosto che, come ritiene l'opinione prevalente, da quello della professionalit�. Su ci�, comunque, torneremo pi� oltre. E', infine, nella stessa nozione di imprenditore quella piena libert� di autodeterminazione che costituisce il naturale, ovvio correlato della responsabilit� posta suo carico. (11) 3.- c) La professionalit�. Riconosciutasi in vario modo dalla Dottrina l'esigenza di riportare al concetto di scambio in senso lato la destinazione dell' attivit� svolta in forma di impresa, si � da taluno cercato di giustificare testualmente questo risultato ricollegandolo a quello che sarebbe il naturale ambito di significato del termine professionalmente usato dalla norma. In quest'ordine di idee, imperativamente si scrive (12) che: �l'argomento pi� valido (a conforto della suaccennata esigenza)discende dal collegamento con la professionalit�, poich� non � dato pensare ad un esercizio professionale di un'attivit� economica, che non sia fatto per il mercato�. Ci sembra peraltro che questa tesi si basi su di una non corretta sovrapposizione di significati. Etimologicamente derivante dal latino pro-fateor (13), il termine professare letteralmente indica il dichiarare aperto e pubblico. (14) Nell' �uso comune� (15), professarsi, nella forma riflessiva, significa presentarsi alla societ� con una determinata qualifica, che normalmente deriva, obbiettivamente, dall'esercizio pubblico di una determinata attivit�. Ed � di comune esperienza, infatti, che l'ambiente sociale, nel quale taluno operi con le cennate modalit�, �reagisce� qualificando l'agente secondo le caratteristiche sostanziali dell'attivit� con la quale egli si �presenta� socialmente, e non secondo l'importanza economica di questa (16) o secondo la sua destinazione a soddisfare i bisogni altrui. (17) Una frequente metatesi, recata dall'uso, ha poi condotto a denominare �professioni� appunto le attivit� esercitate �professionalmente� (18) e, da ci� � e il passo � breve � il termine � stato utilizzato, per trasposizione, ad indicare i requisiti che rendono �professionale� una determinata attivit�. Essendo poi le attivit� esercitate professionalmente in massima parte di natura economica, ne � derivato l'assorbimento nel nostro vocabolo di caratteristiche proprie di queste ultime: ed � quanto ha indotto alla formulazione delle tesi criticamente prospettate pi� sopra. Senonch�, non possedendo l'uso del termine in questo significato caratteristiche di esclusivit�, non � possibile introdurre nel concetto di �professionalit��, la destinazione dell'attivit� professionale a soddisfare i bisogni altrui. Ne segue dunque che il significato corretto da attribuirsi all'avverbio �professionalmente� - dalla legge utilizzato in senso traslato � altro non � che: �durevolmente, continuativamente, stabilmente�. In altri termini, tutti quei caratteri che, aderendo alla attivit�, possano conferirle la qualifica di �professionale�. (19) 4.- L'organizzazione. La legge richiede inoltre che l'attivit� professionale sia �organizzata�. A questo particolare proposito un valoroso scrittore (20) � sempre in quel gi� criticato ordine di idee per cui l'impresa � attivit� dell'imprenditore � scrive che l'apporto tipico, appunto dell'imprenditore, deve consistere in un � lavoro di organizzazione� e di creazione per determinare, conformemente ad adeguate previsioni, le modalit� di attuazione della produzione e della distribuzione dei beni. L'imprenditore, cio�, in quanto tale, dovrebbe necessariamente svolgere un lavoro organizzativo, espressione di una funzione che sarebbe inscindibile dal concetto stesso di impresa. Non ci sembra per� che questa interpretazione possa essere accolta. Gi� si � visto, innanzitutto, che l'apporto personale dell'imprenditore � estraneo alla nozione positiva di impresa (v. n. 1). Secondariamente, tralasciando ipotesi irrilevanti di attivit� organizzativa pre-imprenditoriale, e considerando l'attivit� di direzione e coordinazione dell'organismo produttivo (pur ovviamente necessaria al buon funzionamento di questo), non si pu� non stupire che se ne occupi il legislatore, avendo essa un carattere meramente interno all'organismo produttivo e senza alcun effetto verso i terzi. E' anzi interessante notare come gli stessi Autori che ritengono l'impresa un'attivit� personale dell'imprenditore, richiedano poi che questa attivit� debba avere per oggetto l'organismo produttivo (ossia l' impresa), per cui l'impresa non verrebbe pi� ad essere �l'attivit� produttiva di beni o di servizi�, ma un'operosit� strumentale a questa produzione, ed estranea alla definizione del codice. L'art. 2082 � esplicito nel definire imprenditore colui che � in modo professionale � si presenta alla societ� come il giuridico titolare di una attivit� �organizzata� e non come l'organizzatore di questa. E la possibilit� di fatto che l'imprenditore sia completamente estraneo alla sua impresa, limpidamente conferma che la legge non lo individua per il tramite dell' attivit� che esso in ipotesi vi svolga. Se la tesi qui respinta fosse corretta, se cio� fosse l'attivit� organizzativa quella che caratterizza e qualifica l'imprenditore, questa stessa qualifica dovrebbe assegnarsi all'institore e non al preponente, specie nel caso che questi sia inabilitato (425 c.c.) e, ancora, non alle persone giuridiche, ma ai loro amministratori, tanto pi� che l'impresa, come si ricava dalla normativa specifica, � qualche cosa di avulso ed indipendente dalla persona dell'imprenditore. (21) Ed a nulla poi rileva, contrariamente all'opinione di taluno, che l'eventuale dirigente dell'azienda operi in rappresentanza dell'imprenditore, (per cui l'attivit� organizzativa svolta dal dirigente preposto sarebbe da imputarsi a quest'ultimo), perch� i poteri di rappresentanza che fanno capo a quel tipo particolare di impiegato che � l'institore, riguardano l'attivit� da questi esercitata verso i terzi (come rappresentante appunto del titolare dell'impresa), e non l'attivit� interna di organizzazione amministrativa. Ricordando poi che i sostenitori di questa interpretazione ritengono anche che l'impresa � attivit� diretta dell'imprenditore (v. note 1 e 20), si dovrebbe pervenire al risultato � palesemente assurdo - che, trovandosi ad essere questa attivit� dell'imprenditore essenzialmente organizzativa, essa dovrebbe avere il fine della coordinazione � di s� stessa, e non la �produzione o lo scambio di beni o di servizi�. Bisogna dunque concludere che se l'attivit� organizzativa pu� costituire di fatto una tipica esplicazione della funzione imprenditoriale, essa non ne costituisce certo un requisito giuridico. D'altronde, del tutto inequivocabile � il testo della legge: �esercita un'attivit� organizzata�. Ci� che conta, insomma, per la definizione in esame, � l'attivit� che costruisce il �risultato�: quella cio� che produce o scambia (22) �beni o servizi� e della quale il titolare riceve gli effetti giuridici. Ma quale � dunque il significato proprio del termine �organizzata�? Nel contesto economico-sociale la qualifica di organizzata attribuisce all'attivit� economica un proprio autonomo valore, nel senso che il mercato reagisce diversamente all'offerta di utilit�, pur astrattamente dello stesso tipo, ma prodotte da attivit� �organizzate� o �semplici� (23): nell'un caso, l'attenzione della domanda � sopratutto rivolta alla valutazione della �organizzazione�, mentre nell'altro si volge piuttosto alla persona del �produttore� ed alle sue doti personali. Ne deriva che la valutazione economico-sociale � nel senso di considerare �organizzata� quella attivit� che essa riporti pi� al concorso di fattori estranei alla persona o alla operosit� del singolo che non a questo stesso. La parallela lettura, ora, degli artt. 1655 e 2222 c.c., ci dimostra testualmente che il legislatore ha inteso sostanzialmente mantenere la nozione comune, indicandoci che �organizzata� equivale, nel suo pensiero, a �realizzata sopratutto con elementi estranei all'attivit� propria o familiare del titolare�. Questa conclusione parrebbe peraltro in immediato contrasto con la norma di cui all'art. 2083 c.c., per la quale � piccolo imprenditore colui che esercita un'attivit� che � �organizzata� prevalentemente � con il lavoro proprio� e dei componenti della famiglia, per cui si dovrebbe concludere che, o l'interpretazione proposta non � esatta, o la piccola impresa non � impresa. E la questione sembra farsi anche pi� delicata in ragione del fatto che, come ci insegna l'esperienza giuridica, il problema della �prevalenza� deve essere considerato non solo in relazione all'elemento personale del lavoro, ma anche a quello reale degli strumenti utilizzati (24), per cui potrebbe aversi impresa (e quindi organizzazione), anche quando l'attivit� imprenditoriale sia posta in essere dal solo imprenditore, ma con l'ausilio di macchinari cos� imponenti da porre in secondo piano il suo personale apporto. (25) Ma l'apparente contraddizione si supera se si penetra il significato intimo del termine �organizzato�, termine che si utilizza per indicare ci� che � �fornito di organi� e cio� risultante dal combinato, armonioso accostamento di singoli elementi autonomi. (26) Questi elementi, pertanto, (ossia gli �organi� del nostro termine), possono in senso generale definirsi quelle entit� � potenzialmente autonome � tra le quali � funzionalmente ripartito il compito del raggiungimento di un dato risultato, e rispetto al quale evidenziandosi come semplici momenti, possono essere soggette ad una considerazione complessiva unitaria. (27) (28) Risulta in tal modo pi� chiaro l'esatto senso da attribuirsi alla interpretazione da noi poco sopra proposta per il termine �organizzata� relativamente a quella (attivit�) �realizzata sopratutto con elementi estranei all'attivit� propria o familiare�. Chiarito difatti che �organizzata�, riferito ad una attivit�, significa che questa deve presentare una suddivisione funzionale �organica�, la successiva specificazione di preponderante estraneit� alla persona dell'imprenditore, vuole chiarire che, nella impresa ordinaria, la prevalenza funzionale organica deve risalire all'operosit� di terzi o di elementi reali (macchinari e simili). Al contrario, nella piccola impresa, �organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia�, la preponderanza organica dovr� riportarsi all'operosit� dell'imprenditore e dei suoi familiari. Resta ora da mettere in chiaro come debba intendersi l'apporto di questi organi, e ci� vedremo esaminando partitamente diverse ipotesi dogmaticamente incerte. Secondo una convinzione pressoch� unanime, la dottrina qualifica impresa anche l'attivit� del gioielliere che gestisce da solo il suo negozio svolgendo un'attivit� che sembrerebbe assai poco organizzata, specialmente poi in modalit� tali da determinarne la classificazione non tra le piccole imprese, ma tra quelle ordinarie. Peraltro, se si conviene sul concetto che l'organizzazione � in senso statico - altro non � in definitiva che il complesso sistematico degli elementi che concorrono a formare l'utilit� offerta dall'impresa sul mercato (cio� � praticamente � lo scopo per il cui raggiungimento questa � costituita ed opera), se ne deve dedurre che anche la merce � che in detta organizzazione necessariamente si inserisce - assume anch'essa un proprio significato organico, in ragione della funzionalit� attiva � sia pure in senso non materiale � che essa esplica in ordine alla costituzione della predetta utilit�. L'apporto organico pu� quindi manifestarsi anche staticamente, per cui una impresa, anche soltanto in ragione della merce utilizzata, pu� essere classificata come ordinaria. D'altro canto, in diverso ordine di considerazioni, � pi� evidente che, ove l'utilit� che si proponga l'impresa determini la necessit� dell'impiego di importanti capitali, ci� stesso sta a dimostrare che il raggiungimento di detta utilit�, per quella concreta impresa, avviene essenzialmente merc� fattori estranei all'industriosa operosit� del titolare. E' ora da chiarire come si debba soppesare, mancando la possibilit� di quel termine di raffronto con l'operosit� dell'uomo che si � utilizzato per i macchinari, l'apporto di questi organi �statici�. Secondo il loro valore economico, oppure secondo la loro funzionalit�? Vediamo anche qui di procedere analizzando un caso concreto: l'agricoltore che operi da solo e senza l'ausilio di importanti macchinari realizza, secondo la migliore dottrina, una piccola impresa agricola, anche se il valore del fondo, per quanto di piccole dimensioni, sar� sempre maggiore di quello delle prestazioni lavorative dell'imprenditore. Posto che il fondo rientra nell'organizzazione per la sua inequivocabile strumentalit� rispetto alla finalit� di coltivazione che � l'oggetto dell'impresa, la questione del suo valore economico non viene in diretto rilievo per la realizzazione del �risultato� dell'attivit� imprenditoriale (nel senso che di questo possa quasi considerarsi un elemento costitutivo), bens� la sua importanza si limita a quella di indice della dimensione degli altri fattori necessari al risultato. In altri termini, il valore economico del fondo non esplica influenza diretta sulla qualit� e quantit� dei prodotti dell'impresa agraria i quali dipenderanno, invece, dal complesso e dall'efficienza dell'organizzazione. Il fondo � necessario per; non � necessario che sia di una certa dimensione. Di conseguenza, l'apporto del fondo, come pure in generale quello di qualsiasi organo in quanto tale, si calcola in termini funzionali, in relazione cio� al suo concreto apporto per il raggiungimento del risultato che costituisce lo scopo dell'impresa. Organo, in definitiva, � tutto ci� che presenta � nell'ambito dell'impresa � una propria efficienza funzionale. I criteri sopra esposti ci consentono di distinguere, con chiarezza di contorni, la figura dell'imprenditore la cui attivit� � �organizzata� solo con elementi inerti (come l'orefice), da quella del lavoratore autonomo (come l'impagliatore). (29) Quest'ultimo, infatti, non � a capo di una attivit� complessa, in quanto l'importanza economico-sociale della utilit� da lui prodotta discende direttamente dalla sua persona e non � senz'altro il prodotto di pi� �organi� attivi, come invece nell'anzidetto caso dell'orefice. Egualmente, pur prescindendo dal requisito della complessit� dell'attivit�, l'impagliatore non si trasformerebbe in imprenditore ove utilizzasse forbici d'oro massiccio tempestate di pietre preziose, posta la inefficienza funzionale del valore economico dello strumento, per la realizzazione della utilit� cui tende l'opera dell'impagliatore. Analoghe considerazioni valgono per correttamente qualificare i professionisti intellettuali (e gli artisti) (30), la cui attivit� mai potr� assimilarsi a quella imprenditoriale, piccola od ordinaria che si voglia. (31) Infatti, l'utilit� richiesta al professionista non � frutto del concorso di elementi diversi aventi, rispetto ad essa, significato organico, ma direttamente risale alle sue personali creatrici facolt� intellettive, mentre quella che pu� apparire organizzazione � soltanto un potenziamento che � esterno (32), privo di rilevanza organica, rispetto alla attivit� � tipicamente �semplice� � che esplica il professionista.
II � Piccolo imprenditore e piccola impresa 1.- Il problema dell'esegesi dell'art. 2083 cod. civ. �Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano una attivit� professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia�. L'infelice definizione positiva del piccolo imprenditore ha dato origine in dottrina a contrasti profondi ed a grande variet� di opinioni le quali, nelle loro linee generali, possono sostanzialmente raggrupparsi in tre orientamenti distinti. A) Secondo il primo di questi, che aspirerebbe alla qualifica di communis, piccolo imprenditore � esclusivamente colui che esercita un'attivit� �organizzata prevalentemente col lavoro proprio e dei componenti la propria famiglia�. (33) B) Per altri, al contrario, l'enumerazione introduttiva dell'art. 2O83 c.c., non avrebbe quel carattere esemplificativo che le viene assegnato dall'anzidetto orientamento, ma porrebbe invece, accanto a quella categoria di cui sub A), quali distinte categorie di piccoli imprenditori, i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani ed i piccoli commercianti. (34) C) In opposizione, infine, alle precedenti, l'opinione del Casanova che vorrebbe porre, accanto alla categoria generica di coloro che esercitano un'attivit� professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, quelle specifiche ed indipendenti degli artigiani, dei piccoli commercianti, dei coltivatori diretti. (35) L'analisi critica rivela pi� conforme al testo della legge il primo degli orientamenti citati. Se il secondo si palesa subito inaccoglibile, perch� pone sullo stesso piano categorie il cui criterio logico di individuazione � del tutto diverso, il terzo non resiste ad un esame approfondito. Se invero � pur esatto che l'art. 2083 in certo modo �aggiunge� con la particella �e�, ai coltivatori diretti, artigiani e piccoli commercianti, �coloro che esercitano un'attivit� organizzata prevalentemente col lavoro proprio e dei componenti della famiglia�, non per questo deve necessariamente ritenersi quest'ultima una nuova categoria logica generale, rispetto alle precedenti particolari. La lettera della legge non � cos� univoca. Limitando l'esame degli usi comuni della particella congiuntiva e al caso particolare dei due periodi costituenti l'art. 2083 cit., dove essa si trova in posizione coordinativa (36), possono darsi le seguenti ipotesi: a) funzione copulativa (37), e ritorneremmo all'interpretazione gi� esaminata sub B) e rifiutata per evidenti motivi logici; b) funzione conclusiva (38), anche questa peraltro non convincente perch� il secondo gruppo di proposizioni non � posto - nel contesto del significato delle proposizioni utilizzate dalla norma - al fine di stabilire un termine che, in contrapposizione ad un altro precedente, intenda chiarirne una derivazione logica, bens�, o un concetto correlativo (gi� per� da noi escluso esaminando la funzione copulativa), o un concetto sussuntivo;
Mentre infatti le prime proposizioni dell'articolo qualificano piccoli imprenditori alcune figure concrete di agenti appartenenti a diverse categorie economiche, il secondo periodo (che segue al primo con la famosa particella), fornisce il criterio generale in base al quale � attribuita la qualifica di piccolo imprenditore. E ci� mediante riferimento alla categoria generica di coloro che pongono in essere una qualunque attivit� produttiva, secondo determinate modalit� di attuazione. Si tratta di una categoria che ha l'astratta possibilit� logica di applicarsi a tutte le precedenti, esprimendone il comune elemento caratterizzatore e formulando cos� il contenuto del concetto di piccolo imprenditore. Se i compilatori della norma avessero voluto immettere in essa i concetti che vi ritrova la teoria qui respinta avrebbero dovuto, prima di tutto, formulare il concetto generale (�sono piccoli imprenditori coloro che esercitano...�,ecc.), aggiungendo poi, con una particella in funzione avversativa (ad esempio: �comunque�, �in ogni caso�, o simili), le successive categorie specifiche. Questa del tutto semplice e lineare interpretazione ha poi dalla sua parte il conforto della Relazione ministeriale, alla quale pu� farsi utilmente ricorso dovendosi semplicemente superare una circoscritta incertezza nella formulazione letterale della norma. �L'ordinamento corporativo per� � si legge nella Relazione (40) - non ha affatto omesso di tenere conto che, sia dal punto di vista economico, sia sopratutto dal punto di vista sociale, la piccola impresa (in genere) ha una posizione profondamente diversa da quella della grande e media impresa, ed in tal senso prevede per i piccoli imprenditori, cos� nel campo agricolo (coltivatori diretti del fondo), come nel campo industriale (artigianato), come nel campo commerciale (piccoli commercianti), un separato inquadramento sindacale (41). Non poteva essere materia del codice la fissazione dei particolari criteri di discriminazione tra agricoltore e coltivatore diretto del fondo, tra industriale ed artigiano, tra commerciante e piccolo commerciante (cio� tra imprenditore e piccolo imprenditore), poich� questi criteri sono legati alla particolare natura dei diversi settori della produzione. Il codice si limita, pertanto, a porre il criterio generale secondo cui deve considerarsi piccolo imprenditore, qualunque sia la natura dell'attivit� esercitata, colui che esplica un'attivit� professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia�. Il legislatore, dunque, con l'elencazione introduttiva dell'art. 2083, ha inteso classificare tutti i piccoli imprenditori, richiamandone dapprima la denominazione comune e poi aggiungendo una proposizione esplicativa al fine di chiarire quella che � nel suo pensiero � costituisce la caratteristica tipizzante della figura, per cui l'artigiano � piccolo imprenditore e piccolo imprenditore � chi esercita professionalmente un'attivit� organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia. (42) Avrebbe ora un senso coordinare queste conclusioni con altre disposizioni che egualmente riguardino l'imprenditore e, in particolare, la legge fallimentare, dalla quale sono storicamente esclusi i piccoli imprenditori. Purtroppo, le modifiche al vecchio testo della legge (R.D. 16.3.1942 n. 267) forniscono solo dei rozzi criteri contabili (per giunta assai discutibili) che, nel confermare il degrado generale della cultura giuridica, non offrono alcun utile supporto esegetico. ---------------------------------- Note:
Angelo Casella
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