Data: 23/01/2015 08:30:00 - Autore: Angelo Casella

LA SOVRANITA' NON E' CEDIBILE

1.- Esordio. E' di questi ultimi tempi, in particolare, il frequente uso – da parte di esponenti istituzionali – del termine “sovranità”, in declinazioni peraltro assai inquietanti per l'apparente assenza di consapevolezza di contenuti ed implicazioni connesse e per la sconcertante disinvoltura con cui se ne fa oggetto di “cessioni”.

Ma è concettualmente configurabile la trasferibilità della “sovranità” di un Paese?

Sappiamo che – di fatto – ciò è già infelicemente avvenuto in molte occasioni, mediante accordi multilaterali o a mezzo di Trattati, tutti ampiamente censurabili, sia sotto il profilo giuridico, sia sotto quello etico, sia sotto quello semplicemente razionale e della opportunità concreta. Episodi della serie di perversioni in atto del sistema politico.

Sorge il dubbio che sia assente la cognizione stessa del concetto, ovvero si faccia conto che essa manchi nei cittadini.

2.- Le basi storiche della sovranità. Che cosa è dunque la “sovranità”, intesa come qualità pertinente al potere originario dello Stato e così detta per definirne il carattere di assoluta indipendenza da ogni altro potere?

Come è noto, di sovranità si comincia a parlare nei secoli 12 e 13 in connessione con la formazione in Europa degli Stati nazionali dei quali occorreva definire la configurazione giuridica in rapporto al preesistente ordinamento imperiale. Con il detto termine si volle intendere il carattere originario dell'ordinamento statale, nel senso che non derivava la sua legittimità da alcun altro sistema superiore.

Venne poi ad emergere, dagli approfondimenti degli studiosi, l'attenzione sui componenti l'aggregato sociale nazioneed una straordinaria evoluzione in questo ambito venne da Bartolo da Sassoferrato il quale per primo ebbe a scrivere che civitas sibi princeps est.

Una definitiva sistemazione dogmatica si ebbe infine con Grozio, che definì il popolo un insieme di individui dotati per diritto naturale di libertà e sovranità proprie, indipendentemente (ed anteriormente) all'ordinamento giuridico “dato” dal potere pubblico.

3.- Il profilo giuridico della sovranità. Per penetrare il senso del nostro termine sotto il profilo giuridico occorre andare più lontano e ritrovare il grandi padri fondatori del Diritto, i Romani, per i quali la legge è il frutto della volontà del popolo, ossia ciò che il popolo ordina (e così in effetti avveniva concretamente, in risposta allo jussum del Magistrato). Una impostazione dalla quale deriva il senso del potere pubblico, come delega popolare (“Lex est quod populus iubet”: Gai, I, 3).

Ciò posto come protasi, vediamo dal suo interno come opera il meccanismo giuridico che genera la sovranità.

Stabilito che ogni individuo nasce come essere libero, autonomo e non dipendente, come si concilia tale sovranità individuale con la sovranità contrapposta del gruppo sociale del quale l'individuo fa parte e dal quale deriva precise limitazioni alla sua libertà ?

Per non trovarci a districare matasse complesse che troppo ci allontanerebbero dal nostro tema, semplificheremo il quadro di base.

4.- Il concetto di gruppo sociale. Per procedere correttamente e' preliminarmente necessario chiarire il concetto di gruppo sociale e, allo scopo, ricorreremo ad una situazione di fatto per così dire “primaria”.

Immaginiamo così, (in un contesto privo di interferenze normative esterne), un certo gruppo di pescatori che frequenta un dato laghetto.

Forma questo gruppo un interesse comune (la pesca nel laghetto). Questo interesse costituisce il titolo della loro aggregazione, il legame che li unisce.

Di fatto, ognuno di essi cerca di catturare più prede possibile.

Ben presto risulta però evidente a tutti che, così procedendo, in breve tempo la risorsa andrà ad esaurirsi. La conservazione della fauna ittica costituisce un interesse comune superiore a quello dell'accaparramento del singolo.

Interviene allora tra i pescatori un accordo: tutti i pescatori concordano di sottoporsi a determinati limiti nelle modalità di pesca e, in particolare, di quantità del pescato.

Le modalità di accesso alla pesca nel laghetto vengono trasferite alla volontà del gruppo.

5.- Origine della sovranità. Questo accordo trova il suo fondamento nella oggettiva eguaglianza dei soggetti partecipanti (escludendo l'uso della forza, la c.d. legge della giungla, nessuno ha titoli di superiorità sugli altri).

Questa eguaglianza sfocia in una intesa il cui oggetto è una eguale limitazione per ciascuno alla sua naturale libera auto-nomia.

Questa costrizione comune assume il nome di norma, ossia di modo, di regola: una modalità di agire identica per tutti (per i Romani, norma, era il filo a piombo, che consentiva l'eguale allineamento dei conci).

Tecnicamente, è stato formato un accordo normativo, ossia una legge, frutto della auto-nomia dei singoli (anche se redatto da rappresentanti a ciò delegati, tale rimarrebbe, cioè non diverrebbe , in nessun caso, un atto di etero-nomia).

L'obbligo voluto per sé stesso dal singolo esiste come confluenza della volontà di eguale contenuto di tutti gli altri. La volizione cioè del singolo ha per oggetto la costituzione di una limitazione alla sua libertà legata da nesso sinallagmatico complesso con la generalità delle volizioni altrui (diversamente, l'inosservanza di uno libererebbe dall'obbligo tutti gli altri). In altri termini, l'obbligo è assunto dal singolo membro in quanto è assunto da tutti gli altri.

Per concorde volontà dei pescatori, è concesso al gruppo un potere sui singoli. Questo potere (che è in relazione all'accesso alla pesca) è voluto da ciascun pescatore per conservare l'utile da tutti desiderato, non è imposto dal gruppo in quanto tale. La limitazione alla autonomia del singolo sorge dalla sua volizione, e la sua sovranità non subisce compressioni.

Questo potere del gruppo si chiama appunto sovranità in quanto diretta derivazione di quella dei singoli componenti di esso.

Nell'accordo, ogni membro è, al contempo, parte e controparte. La sua volizione di assenso a limitazioni della sua libertà di agire, costituisce l'assunzione di un obbligo che è acquisito da tutti gli altri come gruppo e, quindi, anche dallo stesso promittente (v. anche: Rousseau, Du contrat social..., ecc., Paris, 1956, n. 6).

La sovranità del gruppo viene ad essere formata dal concorso dei diritti-obblighi dei membri del gruppo. Concorso che forma un diritto collettivo in base al quale ognuno si attende dagli altri l'osservanza del comportamento concordato: l'adesione all'accordo ha trasferito quella parte della autodeterminazione del singolo a tutti gli altri (e, come detto, anche a lui stesso).

Derivazione del diritto collettivo è il diritto alla coercizione poiché l'osservanza dell'obbligo è alla base della sua vigenza e, altresì, della stessa esistenza del gruppo. Infatti, la persistenza dell'obbligo per il singolo ha il suo fondamento nella persistenza costante della volizione collettiva concordata e ciò richiede che le trasgressioni vengano perseguite (v.: KELSEN, Teoria, cit. pag. 62).

Incidentalmente da sottolineare che le regole derivanti dall'accordo normativo, a differenza di quelle provenienti dall'impegno contrattuale, non si esauriscono con l'adempimento sporadico, ma rimangono in vigore, permanendo l'efficacia della volizione collettiva.

6.- Morfologia della sovranità. Segue da quanto precede che la sovranità del gruppo sociale è diretta derivazione della libera autodeterminazione dei singoli individui che ne fanno parte, della loro auto-nomia.

Questa libertà appartiene ai diritti personalissimi essenziali che appartengono all'uomo come tale, dal momento in cui comincia ad esistere e ne garantiscono le ragioni fondamentali della vita e dello sviluppo, fisico e morale.

Tali diritti, come abbiamo appreso fin dai primi Manuali, sono assoluti ed inalienabili. Anche la Carta costituzionale (per tacere di tutte le Dichiarazioni dei Diritti dell'uomo formulate nel corso della storia), ne rammenta e ribadisce la tutela (artt. 3, 13, 14, 21, ecc.).

7.- Deduzioni conclusive. Con le indicate premesse disponiamo degli strumenti atti a valutare gli incauti “trasferimenti” a terzi, estranei al gruppo sociale, della sovranità del gruppo stesso, identificato qui nel popolo italiano. Cessioni attuate dai c.d. “rappresentanti del popolo” (ma che, nel caso, nulla possono “rappresentare”).

Ci riferiamo, ovviamente, non solo ai giuridicamente impresentabili “Trattati europei”, ma anche ai tanti altri analoghi (TISA, WTO, ecc.) che creano fonti di diritto interno italiano, del tutto estranee al popolo italiano ed al suo ordinamento giuridico e istituzionale.

Ribadiamo che queste “cessioni” non hanno ad oggetto specifici comportamenti (come nel caso di trattati di pesca tra Stati concorrenti), ma hanno ad oggetto la stessa facoltà di decidere del popolo. E questa facoltà viene a riguardare aree essenziali alla libera esplicazione dell'uomo, quali l'attività economica e lavorativa, la scelta degli assetti istituzionali del gruppo sociale, addirittura le preferenze in ordine al cibo da ingerire, ecc. ecc. Quando il potere di decidere in ordine alla propria esistenza è tolto al gruppo sociale, non vi sono del resto dei limiti intrinseci che stabiliscano i confini all'uso di questo potere che è di per se illimitato.

Queste “donazioni” (cessioni senza neppure contropartita) sono giuridicamente del tutto nulle concernendo diritti inalienabili, (la cui cessione non potrebbe neppure essere autorizzata dagli stessi titolari dei diritti, privando – infine – la nazione italiana della sua originaria, naturale e incedibile autodeterminazione. Neppure una disfatta bellica – oggi – renderebbe accettabile e legittima una siffatta sottomissione, quasi che fossimo tornati all'epoca delle Guerre Puniche ed a quella tipologia di rapporti fra nazioni.

In pratica, questa assegnazione significa attribuire a terzi il potere di emettere le regole di vita del gruppo che, in tale modo, da auto-nomo, diventa etero-nomo, ossia dipendente, vale a dire … schiavo: un popolo sottomesso alla volontà altrui.

Ora, come sappiamo, questo potere regolatorio è stato tolto al popolo italiano per essere consegnato a istituzioni (la c.d. “Troika, il WTO, la Ue, ecc.) che sono diretta portavoce dei centri economico-finanziari mondiali i cui interessi, curati dai nostri governi, sono esattamente all'opposto di quelli del popolo. La corruzione è divenuta il normale sistema di elaborazione politica.

I disastri già posti in atto (tra cui la riforma delle pensioni, del diritto del lavoro, le privatizzazioni, le alterazioni costituzionali, ecc.) e quelli prevedibili e previsti, determinano il totale asservimento dei cittadini italiani al fine del loro migliore sfruttamento economico da parte della finanza internazionale.

Tutto ciò qualifica di cruciale questo momento storico in una dimensione al cui confronto le grandi rivoluzioni che hanno segnato il cammino dell'umanità si posizionano al livello di modesti incidenti di percorso.


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