Data: 26/01/2015 10:40:00 - Autore: Marina Crisafi

Anche i comportamenti intolleranti e prevaricatori in un rapporto di coppia, tali da limitare la libertà d'opinione dell'altro e comunque il rispetto reciproco tra i due coniugi hanno rilievo ai fini dell'addebito della separazione.

Con questo principio, la prima sezione civile della Cassazione con sentenza n. 753 del 19 gennaio 2015, ha messo la parola fine alla vicenda di due coniugi, confermando l'addebito della separazione, attribuito dalla Corte d'Appello di Trento, al marito, per aver limitato, con carattere autoritario e intollerante, “la libertà di decisione della moglie” e qualsiasi contestazione, “al punto che, ai tentativi della donna di esprimere la propria opinione, egli reagiva con offese, attacchi d'ira e violenza, tenendo un comportamento che, nonostante la terapia di coppia cui i due coniugi si erano sottoposti, non aveva voluto mutare”.

Condividendo quanto affermato dalla corte territoriale, la S.C. ha considerato prive di rilievo le doglianze dell'uomo che lamentava la mancanza di rilevanza causale delle condotte contestate rispetto all'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, avvenute in epoca successiva al manifestarsi della crisi coniugale e alla stessa decisione della donna di separarsi, nonché la mancanza di valutazione della sua condotta quale “marito e padre presente e attento alle esigenze della famiglia e dei figli”.

Si tratta, invero, di doglianze che, per i giudici del palazzaccio, non colgono nel segno. La corte di merito, infatti,  ha valutato tutti gli episodi contestati, non quale fonte dell'intollerabilità della prosecuzione della convivenza ma quali “indici del comportamento prevaricatore del ricorrente”, considerando inoltre l'atteggiamento positivo nei confronti dei figli generico ed estraneo al thema decidendum giacchè non avente rilievo rispetto alle ragioni della crisi del rapporto con la moglie.

Dalle risultanze di causa, infatti, ha concluso la Cassazione rigettando il ricorso, non sono state registrate soltanto delle mere diversità caratteriali tra i coniugi, ma un comportamento prevaricatore dell'uomo, “assolutamente incompatibile con il fondamento comunitario della vita familiare, giacché un atteggiamento unilaterale, sordo alle valutazioni ed alle richieste dell'altro coniuge, eccessivamente rigido, può tradursi, nella violazione dell'obbligo, nei confronti dell'altro coniuge, di concordare l'indirizzo della vita familiare e, in quanto fonte di angoscia e dolore per il medesimo, nella violazione del dovere di assistenza morale e materiale sancito dall'art. 143 c.c.”. 

 


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