Data: 06/02/2015 20:10:00 - Autore: Abg. Francesca Servadei

Abg. Francesca Servadei francesca.servadei@libero.it

Dalla lettura dell'art. 640 del codice penale che disciplina il reato di truffa emerge come il legislatore non abbia contemplato l'ipotesi in cui tale forma di delitto possa essere commessa mediante la rete internet, soprattutto a seguito degli acquisti conclusi con le c.d. “prepagate”.

Questa lacuna non è da sottovalutare, in quanto il ricorso all'e-commerce è sempre più frequente e le vittime delle truffe perpetrate sul web crescono ormai in modo esponenziale.

Basta pensare, solo per fare un esempio, alla recentissima indagine sulla truffa colossale delle piattaforme e-commerce “Italiadigital” e “Mediaprezzi” che ha coinvolto centinaia di utenti in tutta Italia per oltre mezzo milione di euro di merce pagata e mai consegnata (leggi l'articolo Ansa “Scoperta maxitruffa commercio online”

link: http://www.ansa.it/...57.html).


La frode informatica

Una lacuna che non è stata colmata neanche dall'introduzione, avvenuta sulla spinta dell'aumento dei reati commessi via web e delle sollecitazioni dell'Unione Europea, della fattispecie incriminatrice ad hoc della “frode informatica”, di cui all'art. 640-ter c.p. (ad opera della l. n. 547/1993 sui c.d. reati informatici) finalizzata a punire le truffe commesse attraverso l'alterazione del funzionamento “di un sistema informatico e telematico” o l'intervento senza diritto “su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti” al fine di trarne un ingiusto profitto per sé o per altri con altrui danno.

Tale fattispecie infatti, pur essendo posta a tutela del patrimonio, nella parte in cui ricomprende mezzi e strumenti finanziari che possono essere gestiti anche attraverso un pc o internet (si pensi alle frodi tramite home banking) nonché, in senso più ampio, del regolare funzionamento dei sistemi informatici e della riservatezza che ne accompagna l'impiego (analogamente agli altri “nuovi” reati di danneggiamento di sistemi informatici, accesso abusivo, ecc.), è inidonea a punire specificamente quelle condotte costruitesull'induzione in errore di una persona, come accade nel reato tradizionale di truffa, ma realizzate online.

In ordine alle ipotesi di truffe realizzate tramite le piattaforme di commercio elettronico, quali mezzi per indurre in errore i potenziali acquirenti sulle reali intenzioni (illecite) di chi offre in vendita i beni, non può configurarsi infatti la fattispecie di cui all'art. 640-ter c.p. giacché non si ravvisa l'alterazione di un sistema informatico o l'intervento su dati, informazioni o programmi in esso contenuti, bensì l'elemento materiale della truffa ex art. 640 c.p. (Trib. Trento, sezione penale, 5.5.2012).

 

Il “duplice” problema delle carte prepagate

Il problema spinoso della lacuna normativa è duplice e consiste non solo nell'individuazione del luogo ove il reato è commesso (c.d. “locus commissi delicti”), ex art. 8, 1° comma, del Codice di Procedura Penale e di conseguenza nell'esatta individuazione del giudice competente innanzi al quale presentare la relativa querela della persona offesa, ma anche nell'individuazione del momento consumativo del reato, che nel caso di specie è quello dell'ingiusto profitto. 

Le difficoltà aumentano soprattutto nelle ipotesi in cui il pagamento (anticipato) dei beni acquistati online viene effettuato dalla vittima mediante una carta prepagata (ad. es. la Postepay).

Caratteristica di tale strumento di moneta elettronica è infatti quello di consentire al titolare, attraverso la “ricarica” di somme determinate all'interno della carta, di effettuare operazioni di pagamento e di prelievo nei limiti dell'importo ricaricato, presso gli sportelli automatici abilitati (Postamat o altri circuiti) e naturalmente per via telematica, senza la necessità di accedere ad un conto corrente.

Se ciò semplifica, da un lato, la possibilità per il titolare di effettuare operazioni, dall'altro, la mancanza di collegamento con un conto corrente (che consentirebbe di individuare il luogo in cui lo stesso è stato costituito) rende di difficile individuazione il locus commissi delicti, dato che, secondo l'indirizzo consolidato della giurisprudenza in materia di truffa, il reato si intende consumato nel luogo in cui l'agente ha effettivamente conseguito l'ingiusto profitto, e nel “momento in cui si verifica l'effettivo conseguimento del bene da parte dell'agente e la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato” (cfr. ex multis, Cass., SS.UU., n. 21/2000).

Considerato, infatti, che è la carta ad essere oggetto di accredito, il luogo dove si perfeziona il reato e perciò l'ingiusto profitto, coincide  con quello in cui la stessa carta viene utilizzata (e cioè con gli sportelli Bancomat, Postamat, o persino con lo stesso domicilio dell'indagato, quando la carta è ricaricata direttamente online).

 

La determinazione della competenza territoriale

La conclusione appena descritta renderebbe impossibile individuare la competenza attraverso l'applicazione di quanto disposto dall'articolo 8 del codice di rito e imporrebbe secondo molti il ricorso alla norma suppletiva di cui all'art. 9, comma 2, c.p.p., il quale dispone nel caso in cui il luogo non sia indicato, che “la competenza appartiene successivamente al giudice della residenza, della dimora o del domicilio dell'imputato (nonché indagato, in virtù di quanto disposto dall'art. 61 c.p.p.), senza ovviamente dimenticare quanto è disciplinato nel terzo comma che recita: “Se nemmeno in tale modo è possibile determinare la competenza, questa appartiene al Giudice del luogo in cui ha sede l'Ufficio del Pubblico Ministero  che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro previsto dall'articolo 335.  

Di diverso avviso è invece la procura generale presso la Corte di Cassazione, la quale affrontando il problema dell'individuazione della competenza territoriale in fattispecie di questo tipo, ha individuato, in contrasto con l'orientamento sopra descritto, quale giudice naturale non quello del luogo in cui l'agente ha conseguito il profitto bensì quello del luogo in cui la vittima ha subito il pregiudizio patrimoniale.

Ne discende che il giudice competente è quello del luogo in cui è stata effettuata la ricarica, “giacché lì si verifica la deminutio patrimonii del soggetto passivo con contestuale arricchimento da parte dell'agente, arricchimento costituito dalla mera disponibilità e non già dall'effettivo utilizzo della somma“(Cass., proc. gen., decr. n. 228/2010; n. 254/2009; n. 65/2009; n. 28/2008).

Nel caso in cui invece il pagamento sia effettuato mediante bonifico bancario e dunque con modalità di luogo e tempi diverse rispetto ai pagamenti eseguiti con carte prepagate, rimane ferma la competenza del giudice del luogo dove è stato acquisito il profitto ingiusto, per l'effetto dell'esito positivo dell'ordine di eseguire il bonifico bancario all'istituto di credito, non trovando quindi ostacolo l'applicazione del criterio generale previsto dall'art. 8 c.p.p.

 

Il momento consumativo del reato

Risolti i problemi di competenza, concentrando l'attenzione sul luogo nel quale la vittima ha compiuto l'atto di disposizione patrimoniale, giacché in questi casi danno e profitto si producono contestualmente conseguendo all'atto della ricarica della carta l'immediata disponibilità della somma, la giurisprudenza è giunta ad analoghe conclusioni anche in ordine alla problematica relativa all'individuazione del momento consumativo del reato.

Quando il pagamento del bene acquistato online è effettuato mediante carta prepagata vi è una contestualità nel momento danno/profitto.

È al momento in cui la vittima ha effettuato la ricarica (fisicamente allo sportello o telematicamente quando ha inviato l'ordine di pagamento) che deve attribuirsi rilevanza ai fini della consumazione del reato di truffa online (Cass., proc. gen., decreto n. 113/2012).

Diversamente, nel caso in cui l'acquisto venga effettuato mediante bonifico bancario sussiste un intervallo temporale tra il momento in cui la persona offesa ha incaricato l'istituto bancario ad effettuare il trasferimento di denaro e quello in cui effettivamente sia stato realizzato e quindi si sia verificato l'accredito.

Particolarmente importante è il caso in cui il denaro per l'acquisto di un bene mai ricevuto sia inviato all'estero mediante una modalità di pagamento effettuata comunicando al beneficiario i dati occorrenti per la riscossione del denaro; in tal caso, solamente con l'inoltro dei dati citati si perfeziona il reato e quindi il momento consumativo dello stesso ed il locus commissi delicti si individuano nel momento e nel luogo in cui i dati sono stati inviati.


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