Data: 04/02/2015 09:18:00 - Autore: Marina Crisafi

Difficile accertare con certezza se la donna sia rimasta illibata, atteso che la valutazione ginecologica non ha escluso la mancanza di rapporti completi con il marito, ma le dichiarazioni rese dal difensore della donna assumono contenuto decisivo e valgono a pronunciare la nullità del matrimonio.

Così la Cassazione, con sentenza n. 1729/2015, ha confermato la statuizione della Corte d'Appello di Napoli che dichiarava cessati, per mancata consumazione, gli effetti civili del matrimonio tra due coniugi.

A nulla sono servite le obiezioni della donna sul vizio di motivazione della sentenza impugnata che aveva confuso “il concetto di rapporto sessuale completo con quello della consumazione – corrispondente - invece all'erezione seguita dalla penetrazione”, desumendo la mancata consumazione del matrimonio da circostanze diverse (la Ctu e le ammissioni contenute negli atti difensivi) dalle sole idonee a provarla e cioè “la verginità della moglie, l'impotenza funzionale e la lontananza fisica”.

La S.C., invece, ha considerato il ragionamento del giudice d'appello immune da vizi logici e giuridici in quanto basato sugli esiti della Ctu ginecologica (i quali pur non potendo accertare “se la penetrazione fosse stata completa o incompleta” erano compatibili con la mancata consumazione) e sulle ammissioni fatte dal procuratore della convenuta nel giudizio di primo grado (ai quali era stato attribuito valore indiziario e non confessorio).

Entrambi gli elementi, infatti, considerati unitamente, ha concluso la Cassazione rigettando il ricorso della donna, erano idonei, secondo l'incensurabile valutazione di merito, a ritenere provata la mancata consumazione del matrimonio


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