Data: 06/02/2015 20:05:00 - Autore: Marina Crisafi

Chiamate e sms ossessivi, indipendentemente dal contenuto e dalla frequenza, possono ben integrare il reato di stalking, perché ciò che rileva è l'effetto destabilizzante che il pressing telefonico ingenera sull'equilibrio psichico della vittima.

Lo ha affermato la quinta sezione penale della Cassazione, nella sentenza n. 5316 depositata il 4 febbraio scorso, confermando la condanna di un uomo a un anno e tre mesi di reclusione per il reato di cui all'art. 612-bis c.p. commesso in danno dell'ex moglie per averla ossessionata con continue telefonate e messaggi al cellulare.

Nessun dubbio, per i giudici di piazza Cavour, sulla condivisione dell'”organico e inscindibile accertamento giudiziale” e della “chiara e puntuale coerenza argomentativa” operata dalla corte di merito contro l'infondatezza delle doglianze dell'uomo.

Non rilevano, infatti, per la S.C. né l'asserita mancanza di potenzialità di porre la persona offesa in stato d'ansia o di paura, dato che le telefonate e i messaggi non erano caratterizzati da assidua frequenza e da contenuto minaccioso, né la circostanza che fossero per lo più effettuate da un telefono che era nella disponibilità della figlia della persona offesa.

Ciò che rileva per la Cassazione, è infatti, lo stato di turbamento psicologico provocato dalle condotte dell'imputato alla vittima, ”derivante non da un singolo fattore di stimolo ansiogeno, ma da una serie di comportamenti persecutori che hanno evidentemente determinato una rottura nell'equilibrio emotivo della donna che si è espressa in un crescendo di tensione, preoccupazione, nervosismo, paura, di grave spessore e perdurante nel tempo, data la stabilità dell'atteggiamento intimidatorio rancoroso e vendicativo dell'uomo”.

E tale “perdurante stato di turbamento emotivo è ragionevolmente - ha concluso la S.C. dichiarando inammissibile il ricorso - idoneo ad essere inquadrato nell'evento di cui all'art. 612-bis codice penale”. 


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