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Data: 27/02/2015 18:00:00 - Autore: Licia Albertazzi di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione civile, sezione prima, sentenza n. 2663 dell'11 Febbraio 2015. Il caso di specie, riguardante azione legale promossa dai comproprietari di un immobile ceduto in locazione nei confronti dell'inquilino, volta ad ottenere il rilascio dello stesso nonché il risarcimento del danno per la mancata corresponsione dei canoni, offre un importante spunto di riflessione circa la tematica dell'impiego, da parte del giudice, di criteri equitativi per la quantificazione del risarcimento del danno.
“La valutazione di cui all'art. 1226 codice civile consiste nella possibilità attribuita al giudice di ricorrere, anche d'ufficio, a criteri equitativi per supplire all'impossibilità della prova del danno risarcibile nel suo preciso ammontare”. Al fine di effettuare legittima valutazione in via equitativa è sufficiente che il giudice indichi, anche sommariamente, le ragioni “del processo logico in base al quale lo ha adottato, restando così incensurabile, in sede di legittimità, l'esercizio di questo potere discrezionale”. Tuttavia nel caso in oggetto la Cassazione rileva come il giudice del merito abbia omesso di esaminare determinati documenti al tempo prodotti dalle parti in giudizio; riscontra dunque un vizio procedurale, legato anche all'incongrua motivazione alla base del denegato espletamento di ctu. Ecco dunque che se, in linea generale, il potere del giudice di valutare il danno in via equitativa – in mancanza di elementi probatori univoci – resta discrezionale, lo stesso potere rimane sottoposto a determinati vincoli e limiti, onde evitare arbitri e incongruenze decisionali. |
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