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Data: 03/03/2015 09:14:00 - Autore: Daniele Profili
di Daniele Profili
La Corte Costituzionale
ha di recente esaminato la questione di legittimità
costituzionale riferita all'art. 459, co. 1, c.p.p., sollevata dal G.I.P.
del Tribunale ordinario di Avezzano su richiesta dell'Ufficio del P.M. dello
stesso Tribunale,, presentata unitamente alla domanda di emissione di decreto
penale di condanna nonostante l'espressa opposizione del querelante alla
definizione del procedimento mediante detto rito. Nell'ordinanza il giudice a quo chiede la valutazione dei
contenuti di cui all'art. 459, co. 1, c.p.p., in relazione al contrasto degli
stessi con norme di rango costituzionale espresse dagli artt. 3, 101 e 111
della Costituzione. In particolare, secondo il rimettente, il contrasto della norma citata con l'art. 3 Cost., è
da rilevarsi sotto il duplice profilo dell'irragionevolezza della disposizione
e della violazione del principio di uguaglianza, in quanto il potere attribuito
dalla legge al querelante di opporsi alla definizione del procedimento
attraverso il rito monitorio non risponderebbe ad alcun interesse
giuridicamente apprezzabile. La persona offesa dal reato, infatti,
risulta essere portatrice di due interessi fondamentali che sono rappresentati
dalla irrogazione di una sanzione penale al soggetto che ha commesso il reato e
dalla possibilità di ottenere il risarcimento dei danni per il fatto illecito
subito. Stante quanto sopra l'interesse a vedere dichiarata la responsabilità
penale dell'autore del reato, con conseguente irrogazione di idonea sanzione
penale, viene egualmente soddisfatto sia con lo svolgimento di un processo con
qualsiasi rito, anche speciale, che si conclude con sentenza, sia attraverso
l'emissione del decreto penale di condanna, rito speciale di cui all'art. 459 e
ss., c.p.p.
Per
quanto concerne, invece, l'interesse al risarcimento dei danni patrimoniali e
non conseguenti al reato bisogna sottolineare che detto interesse non sempre
viene soddisfatto all'esito della definizione del processo penale non solo nel
caso di definizione con decreto penale di condanna ma anche nel caso di
“patteggiamento” ex art. 444 c.p.p.
In detti casi, infatti, il legislatore ha escluso qualsiasi delibazione da
parte del giudice penale in ordine alla pretesa risarcitoria della parte offesa
che dovrà essere fatta valere successivamente in sede civile.
Stante quanto sopra il querelante non vede leso alcun
diritto dalla definizione del procedimento a mezzo del rito di cui all'art. 459
c.p.p., visto che detto rito si conclude con l'applicazione di una sanzione
penale nei confronti del responsabile e che, in ogni caso, è garantita la
tutela risarcitoria in sede civile come avviene anche in caso di patteggiamento
ex art. 444 c.p.p. Ciò detto la possibilità concessa dalla legge al querelante
di opporsi alla definizione del procedimento a mezzo dell'emissione del decreto
penale di condanna sarebbe, secondo il giudice a quo, irragionevole, risolvendosi esclusivamente nell'infliggere
al querelato la sofferenza consistente nello svolgimento del processo, in modo
da trasformare quest'ultimo da strumento di accertamento dei fatti in una
sanzione nei confronti dell'autore del reato.
Nell'ordinanza, infine, si sottolinea come la facoltà concessa
dall'art. 459 c.p.p. di opporsi alla definizione del procedimento con decreto
penale di condanna, contrasterebbe altresì con il principio di ragionevole
durata del processo di cui all'art. 111 Cost., in quanto l'instaurazione del
processo con rito ordinario a seguito dell'opposizione comporterebbe una
inevitabile dilatazione dei tempi processuali, nonché una violazione dell'art.
101 Cost. in quanto sottrarrebbe al pubblico ministero la titolarità dell'esercizio
dell'azione penale.
Orbene, Costituzione" w:st="on">la Corte Costituzione con sentenza
n. 23 del 28 gennaio 2015 (depositata il 27 febbraio 2015) ha ritenuto fondata la questione in relazione agli
artt. 3 e 111 della Costituzione dichiarando l'illegittimità costituzionale
dell'art. 459, co. 1, c.p.p. (così come modificato dall'art. 37,
comma 1, della legge 16 dicembre 1999, n. 479 – Modifiche alle disposizioni sul
procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e altre modifiche
al codice di procedura penale. Modifiche al codice penale e all'ordinamento
giudiziario. Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di
indennità spettanti al giudice di pace e di esercizio della professione
forense), nella parte in cui prevede la facoltà del querelante di opporsi,
in caso di reati perseguibili a querela, alla definizione del procedimento con
l'emissione di decreto penale di condanna.
Qui sotto in
allegato il testo della sentenza e il codice di procedura penale aggiornato e scaricabile in PDF
Daniele
Profili – daniele.profili@gmail.com
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