Data: 07/03/2015 12:40:00 - Autore: Avv. Carolina Ferro

Avv. Carolina Ferro - avv.cferro@libero.it

Nello studio delle questioni giuridiche, spesso, ci imbattiamo in concetti che, prima nella terminologia, poi nei contenuti, non solo appaiono contrastanti con la ratio della legge che li ha introdotti, ma insinuano nell'interprete il dubbio su una loro possibile incostituzionalità, che, prima facie, non sembra infondata.

La riserva di genere, secondo una mia personale opinione, è un concetto che non si sottrae a questo tipo di valutazione. Già la parola “riserva” si presta ad una duplice considerazione; da un lato può rappresentare un privilegio, dall'altro una discriminazione. È, di per sé, un termine ambiguo; ed è noto che l'ambiguità non risponde all'esigenza di certezza di tutela delle situazioni giuridiche.

Volendo, tuttavia, operare uno sforzo ermeneutico, al fine di non vedere vanificato il lavoro del legislatore in merito, si potrebbe tentare di superare l'ambiguità terminologica cercando di rinvenire certezze giuridiche nel contenuto. Ma è proprio nel contenuto che l'interprete è costretto ad arrestarsi, verificando, ivi, le più vistose contrarietà ai dettami della Costituzione.

Numerosi commentatori hanno fondato le loro osservazioni in merito ai profili di incostituzionalità della riserva di genere sulla violazione dell'art.3 secondo comma della Costituzione (sul principio di uguaglianza sostanziale), nonché dei successivi art. 48 (sulla libertà del voto) e 51 (sulle pari opportunità dei cittadini nell'accesso ai pubblici uffici ed alle cariche elettive), o dell'art 41 (sulla libertà di iniziativa economica), in merito, quanto a quest'ultimo articolo, alle quote di riserva nei consigli di amministrazione delle società pubbliche e quotate in borsa; a parere di chi scrive, invece, la valutazione, circa la conformità della riserva di genere ai dettami costituzionali, non può prescindere dal raffronto con i principi scaturenti dall'art.2 della Costituzione, che, nel recitare che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali nelle quali si svolge la sua personalità, riconosce ed afferma il valore della persona sia come individuo che nel gruppo.

Ebbene, rispetto all'individuo o alla formazione sociale, l'ordinamento deve predisporre una cornice di libertà e di pari opportunità in cui ogni individuo possa fare le proprie scelte. E la cornice di libertà e di opportunità non può essere costituita dalla riserva di genere, in quanto la stessa, per definizione, nuoce alla libertà ed alle pari opportunità del genere che è costretto a subire la riserva a favore di un altro, con grave limitazione della propria, di libertà ed opportunità.

È, quindi, sotto il profilo del combinato disposto dell'art. 2 e dell'art.3 comma 2 che la Costituzione viene violata dalla riserva di genere.

È, ancora, sotto il profilo del combinato disposto dell'art. 2 e dell'art.48 che la Costituzione viene violata dalla riserva di genere.

È, altresì, sotto il profilo del combinato disposto dell'art. 2 e dell'art.51 che la Costituzione viene violata dalla riserva di genere.

È, infine, sotto il profilo del combinato disposto dell'art. 2 e dell'41 che la Costituzione viene violata dalla riserva di genere.

È come dire che la libertà dell'uno finisce dove comincia quella dell'altro.

Ritengo di aggiungere, inoltre, che la riserva di genere, inoltre, oltre a poter essere tacciata di incostituzionalità, non è utile da un punto di vista pragmatico, a rimuovere gli ostacoli al libero esercizio dei diritti del genere meno rappresentato.

Se si vuole ricondurre la questione alle donne, occorre considerare che il loro diritto alla libertà ed alle pari opportunità non può essere attuato con la sola possibilità di essere elette, che, tra l'altro, è già garantita dall'art. 51 della Costituzione, ma con la effettiva opportunità di poter svolgere il relativo compito, attesa la necessità di conciliare la funzione politica con quella lavorativa e familiare.

È questo il nodo centrale della problematica, che conduce ad individuare la soluzione alle pari opportunità non nella riserva di genere, ma nella necessità di rimediare alla mancanza di incentivi, di asili nido, di contributi, di aiuti da parte degli enti pubblici e che, inevitabilmente, rimanda all'art. 3 comma 2 della Costituzione: “ E' compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese”.

Avv. Carolina Ferro


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