Data: 03/04/2015 11:00:00 - Autore: G.C.
L'art. 67, comma 2, legge fallimentare, disciplina l'azione revocatoria fallimentare dei pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, prevedendo che questi siano revocabili se compiuti nel c.d. periodo sospetto (6 mesi, a fronte di 1 anno previsto dalla normativa previgente) e purché sussista la scientia decoctionis da parte dell'accipiens, cioè la conoscenza effettiva dello stato di insolvenza del debitore
In questa categoria rientrano anche le rimesse su conto corrente bancario effettuate dall'imprenditore, poi dichiarato fallito.

Infatti, qualora il conto corrente bancario presenti un saldo negativo (in "rosso"), questo saldo rappresenta un debito liquido ed esigibile che l'imprenditore ha nei confronti della banca e le rimesse effettuate su tale conto, hanno natura solutoria in quanto vanno a ridurre l'esposizione debitoria.

Tale orientamento, fatto proprio dalla giurisprudenza di legittimità con la nota sentenza della Cassazione, Sezione I, 18 ottobre 1982, n° 5413, è stato poi ribadito nel corso del tempo.

Il nuovo art. 67, comma 3, lettera b) della legge fallimentare stabilisce, però, che, a determinate condizioni le rimesse su conto corrente bancario non sono soggette ad azione revocatoria.

Il requisito affinché operi l'esenzione è che la riduzione dell'esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca per effetto della rimessa, non sia consistente (si considera la percentuale del debito estinto rispetto all'esposizione totale) e durevole (ossia per lungo tempo).

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