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Data: 14/04/2015 20:10:00 - Autore: Basilio Antoci di Basilio Antoci - Il presente contributo analizza la sentenza n. 6855 resa dalla Prima Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione in data 03/04/2015 in tema di famiglia di fatto e assegno divorzile.
Ricognizione: il caso[Torna su]
Nel 2004 prende avvio - su istanza del marito - il procedimento per la dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio, con richiesta di esclusione dell'assegno divorzile. La moglie non si oppone alla richiesta di cessazione degli effetti del vincolo matrimoniale, ma formula la richiesta di assegno a proprio favore. Nel contempo, la donna, intraprende una convivenza more uxorio - dalla quale sono nati anche due figli. Ciononostante, il tribunale adito oltre a dichiarare l'avvenuta cessazione degli effetti civili, fissa un assegno di mille euro a favore della donna. La Corte d'Appello, nel 2011, sostanzialmente conferma quanto stabilito dal giudice di prime cure. A questo punto, l'ex marito ricorre in Cassazione. I motivi di gravame[Torna su]
Con il primo motivo di gravame, l'ex marito lamenta sia la violazione dell'art. 5 della legge 898/1970, sia un vizio di motivazione in ordine alla situazione familiare dell'ex moglie, la quale aveva intrapreso una stabile convivenza more uxorio - tale da dar vita ad una vera e propria famiglia di fatto con altro uomo. Situazione che i giudici di merito, a parare del ricorrente, avevano omesso di tenere in debita considerazione. Secondo l'ex marito, infatti, una simile condizione avrebbe potuto giustificare la cessazione dell'assegno divorzile a suo carico, a nulla rilevando che poi la relazione di fatto dell'ex moglie fosse a sua volta naufragata. Con il secondo motivo di ricorso veniva eccepita la violazione dell'art. 4, co. 10 della legge 898/1970, nonché la contraddittorietà della motivazione riguardante il termine di decorrenza dell'assegno medesimo. Tale motivo rimarrà assorbito dalla soluzione del primo che ci si appresta ad analizzare. Le argomentazioni dei giudici di merito[Torna su]
I giudici di prime cure hanno basato le proprie decisioni sull'assunto secondo cui, una relazione more uxorio, può assumere rilevanza nel procedimento di determinazione dell'assegno divorzile solo se incide in maniera concreta sulla situazione economica del coniuge a favore del quale l'assegno è previsto. Per tale ragione, è necessario che la relazione di fatto assurga a fonte effettiva e stabile - ovvero non aleatoria - di reddito per il coniuge beneficiario. Solo a questa condizione, dunque, una convivenza potrebbe essere presa a parametro per la determinazione dell'an e del quantum dell'assegno di cui trattasi. Condizione che, per i giudici di merito, non sembrava essere stata pienamente integrata - tant'è vero che avevano confermato l'assegno a carico dell'ex marito. La decisione della Cassazione[Torna su]
Per dirimere la questione, la Cassazione prende le mosse dalla sentenza 17.195 del 2011, nella quale è stato affermato che la famiglia di fatto non si esaurisce nella mera convivenza more uxorio. Perché vi sia una "famiglia di fatto" è necessario che si instauri un rapporto - appunto - di tipo familiare; essendo tale solo quel vincolo caratterizzato dalla presenza di «valori di stretta solidarietà, di arricchimento e sviluppo della personalità di ogni componente, e di educazione e istruzione dei figli». Questa affermazione rappresenta la sintesi dell'ormai consolidata impostazione dottrinale e giurisprudenziale secondo cui la famiglia di fatto trova la propria copertura costituzionale fondamentale all'interno dell'art. 2 Cost. - che tutela ogni cittadino sia come singolo, sia nelle formazioni sociali in cui trova espressione la sua personalità. La famiglia di fatto rientra ormai a pieno titolo proprio tra le formazioni sociali tutelate dall'art. 2 Cost. Quando la convivenza more uxorio assume una simile impostazione, connotata da stabilità e continuità, e si arricchisce persino di un progetto di vita comune elaborato di concerto dai conviventi - allora è possibile parlare di una vera e propria "famiglia di fatto". A questa premessa teoretica segue, in modo lineare, la conclusione della decisione in commento secondo la quale, nel momento in cui viene a formarsi una realtà di tipo familiare - che reca tutti i connotati e le caratteristiche appena descritte - ancorché di fatto, non ha più ragione di esistere il raffronto dell'adeguatezza dei mezzi di sussistenza con il tenore e lo stile della precedente vita coniugale - in quanto ormai soppiantata da una nuova relazione familiare (anche se di tipo meramente fattuale). Per dirla con la Cassazione, la nuova famiglia di fatto «rescinde ... ogni connessione con il tenore e il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale» venendo meno ogni presupposto per la riconoscibilità di un assegno divorzile, che trova giustificazione proprio nella conservazione della connessione tra lo stato dell'ex coniuge ed il precedente tenore di vita. Differenze tra "nuove nozze" e "famiglia di fatto"[Torna su]
La Cassazione si premura di precisare che non si tratta di una parificazione tout court tra famiglia di fatto e nuove nozze del coniuge divorziato (matrimonio), in quanto queste ultime avrebbero l'effetto automatico di far venire meno il diritto del coniuge all'assegno divorzile. Perché si abbia il medesimo effetto - in presenza di una famiglia di fatto - è sempre necessario un accertamento giudiziale di merito, caso per caso. Ciò proprio al fine di rintracciare quegli elementi caratterizzanti la famiglia di fatto - i quali non sono sempre presenti in qualsivoglia convivenza more uxorio. In tal senso, si potrebbe parlare non di un'estinzione del diritto all'assegno, bensì una sorta di "quiescenza" del diritto stesso: esso rimarrebbe come sospeso in costanza di convivenza, per riespandersi una volta che questa si interrompa (cosa che de iure condito può avvenire ad nutum). Non essendo, infatti, previsto alcun trattamento di garanzia per l'ex familiare di fatto (se non in presenza di espressi accordi patrimoniali tra conviventi), questo potrebbe ritrovarsi nelle condizioni originarie - possedute all'indomani del divorzio - sulle quali si era fondato il diritto all'assegno, che potrebbe così essere riproposto. Seppur suggestiva, quest'ultima ipotesi viene ripudiata dai giudici di legittimità, in quanto è apparso molto più coerente «affermare che una famiglia di fatto, espressione di una scelta esistenziale libera e consapevole da parte del coniuge ... dovrebbe essere ... caratterizzata dall'assunzione piena di un rischio» nel quale è necessario includere anche la eventuale futura cessazione della convivenza stessa - con tutte le conseguenze di carattere economico che ne discendono. Su questa scia, si andrebbe a tutelare anche l'affidamento dell'altro coniuge, che a ragione potrebbe aver confidato in un esonero definitivo dall'obbligo di assegno. Affidamento che sarebbe privato di ogni tutela, se si ammettesse che - anche a distanza di anni - l'altro coniuge potesse pretendere nuovamente la corresponsione dell'assegno in virtù di un remoto passato coniugale, ormai esaurito. PQM[Torna su]
Il ragionamento degli ermellini ha condotto, per questa strada, alla cassazione delle pronunce di merito, con conseguente accoglimento della domanda dell'ex marito e rigetto della richiesta di assegno divorzile da parte dell'ex moglie.
Basilio Antoci è nato a Catania nel 1987. Si è laureato in Giurisprudenza all'Università degli Studi di Catania nel 2012, ed ha svolto la pratica forense a Nicolosi. Sempre a Catania ha frequentato la Scuola Forense "Geraci" nel 2013, la Scuola Forense "Cenacolo di Studi Giuridici Etneo" nel 2014 e, dal 2014 la S.S.P.L. "Galati". Su questa rivista ha già pubblicato diversi contributi (consultabili da qui) e collabora anche con altre riviste di settore quali Altalex, Diritto&Diritti, Amministrativamente. Maggiori informazioni sulla sua attività sono disponibili sul sito web: http://antoci.altervista.org. |
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