Data: 17/04/2015 12:00:00 - Autore: Marina Crisafi

di Marina Crisafi - L'avvocato dipendente di una Pubblica Amministrazione deve essere rimborsato per i costi sostenuti per l'iscrizione all'albo. È questo il principio stabilito dalla sezione lavoro della Cassazione, nella sentenza n. 7776 depositata ieri.

Chiamata a pronunciarsi su una richiesta di rimborso da parte di un legale relativamente alla tassa di iscrizione nell'elenco speciale degli avvocati degli enti pubblici pagata personalmente dal 1989 al 2002, la S.C. ha rigettato le pretese dell'Inps (ex datore di lavoro) che esprimeva il proprio diniego ritenendo che tale tassa non sarebbe stata compresa nell'indennità di toga e richiamando, a sostegno delle proprie ragioni, il parere (n. 1/2007) rilasciato dalla Corte dei Conti della regione Sardegna.

Ma la tesi dell'istituto non convince la Cassazione, secondo la quale il rapporto avvocato/P.A. va interpretato in analogia con il contratto di mandato previsto dall'art. 1719 c.c.

Tale norma prevede, infatti, espressamente, hanno sostenuto i giudici del Palazzaccio, che “il mandante è obbligato a tenere indenne il mandatario da ogni diminuzione patrimoniale che questi abbia subito in conseguenza dell'incarico, fornendogli i mezzi patrimoniali necessari”.

Peraltro, analogo principio in materia, è stato affermato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 3928/2007, richiamato a proposito dai giudici di legittimità.

In merito il giudice amministrativo ha affermato che il pagamento dell'iscrizione annuale all'elenco speciale, annesso all'albo ordinario degli avvocati, risponde ad un “interesse esclusivo” del datore di lavoro e, dunque, è da questi rimborsabile, poiché non rientra né nella disciplina dell'indennità di toga né tra le spese sostenute nell'interesse della persona (come, ad esempio, quelle per gli studi universitari o per l'abilitazione alla professione forense).

Così concepita, pertanto, la tassa annuale di iscrizione all'elenco speciale degli avvocati, essendo necessaria per l'esercizio della professione forense, esercizio che, appunto, risponde all'esclusivo interesse dell'ente datore di lavoro dell'avvocato, non vi è dubbio che “rientra tra i costi per lo svolgimento di detta attività che in via normale devono gravare sull'ente stesso” e che, laddove anticipati dall'avvocato-dipendente, devono essere rimborsati dall'ente medesimo.

Nulla da fare, quindi, per l'Inps-mandante che dovrà restituire al legale-mandatario tutte le quote dallo stesso versate al Consiglio dell'Ordine per 13 anni.


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