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Data: 18/04/2015 18:10:00 - Autore: Marina Crisafi
di Marina Crisafi - Quasi la metà degli avvocati ha un guadagno annuale al di sotto dei 15 mila euro e solo 1 su 3 è pagato
puntualmente. È questo il risultato della ricerca “Vita da professionisti” condotta dall'Associazione Bruno Trentin
con il contributo e il supporto della Consulta delle Professioni e della
Filcams Cgil e presentata nei giorni scorsi a Roma.
Ma in questa condizione,
gli avvocati non sono soli.
Condividono con loro il “mal
comune” (che non sempre equivale al “mezzo gaudio”) anche gli ingegneri, gli architetti e in generale il popolo delle
partite Iva.
L'indagine, infatti, è
rivolta all'intera categoria dei professionisti non dipendenti, operanti in
qualsiasi settore come autonomi o con forme contrattuali discontinue e
precarie, con lo scopo di spingere la riflessione verso la definizione di un
nuovo statuto dei diritti dei lavoratori (caldeggiato nelle ultime settimane
dal segretario generale della CGIL Susanna Camusso), nonché quale strumento
teso ad evidenziare i necessari interventi politici soprattutto sul versante
del sistema previdenziale e del regime agevolato per i redditi bassi per far
fronte alle difficoltà in cui versano i
professionisti oggi.
Proprio tali difficoltà
rappresentano la premessa stessa dello studio che sottolinea come se in passato
far parte dei c.d. “lavoratori della
conoscenza” era garanzia di benessere, la crisi non ha risparmiato neanche
loro, diminuendo sensibilmente il numero dei professionisti autonomi (oggi
pari, secondo i dati Istat, a quasi 3 milioni e mezzo che, nel loro insieme, tra
professioni ordinistiche e non, contribuiscono a circa il 18% del Pil).
Dalle oltre duemila interviste realizzate online, cui hanno partecipato,
su base volontaria, avvocati, ingegneri, architetti e partite Iva, è emerso che
il 47,5% dei professionisti
percepisce fino a 15mila euro all'anno e oltre il 60% (due su tre) ha
difficoltà ad arrivare a fine mese, mentre
solo il 21,7% può vantare redditi oltre i 30mila euro.
Tuttavia, dai controlli è risultato
come i redditi più elevati siano percepiti da chi lavora più ore: infatti il
44,5% del campione intervistato va oltre le 40 ore settimanali, dimostrando che
“il benessere economico è legato
imprescindibilmente allo sfruttamento o all'auto-sfruttamento”.
A percepire i redditi più
alti, secondo quanto emerge dallo studio, considerando come base un importo superiore
ai 25mila euro lordi, sono i professionisti dei settori: banca, assicurazione e finanza (54,2%); consulenza e servizi per le
aziende (52,8%); salute e sicurezza sul
lavoro (66,2%); servizi commerciali
(58,8%) e commercialistico e consulenza tributaria (50%).
Sono, invece, a rischio “povertà estrema”, considerando
redditi inferiori a 5mila euro lordi annuali, le tipologie di professionisti
operanti nei seguenti segmenti: cultura e spettacolo (23,7%); informazione ed editoria (25%); tecnico-scientifico
(20%) e archivistico-bibliotecario (27,3%).
Ad aggiungersi alle
problematiche reddituali, sono anche i ritardi
nei pagamenti: solo un professionista su tre (29,5%), infatti, è pagato con
puntualità, mentre il 19,% sconta ritardi dai 3 ai 6 mesi, e quasi il 17%
superiori a 6 mesi, anche da parte dei committenti pubblici (ben il 20,7%),
mentre quasi il 7% dichiara di non essere mai stato pagato per le prestazioni
svolte.
Altro aspetto messo in
luce dallo studio rappresenta la discontinuità
dell'occupazione: relativamente al 2013 circa il 16,5% del campione ha
dichiarato di essere stato disoccupato per due mesi, quasi il 21% da tre a sei
mesi e l'11,8% da sette mesi a un anno. Ad essere più esposti, sono i
professionisti con contratti di parasubordinazione, di inserimento al lavoro e
le partite Iva a regime minimo.
Nonostante tutto, però,
solo il 15% degli intervistati sogna il “posto fisso”, mentre la maggior parte va “fiera” del proprio lavoro,
ritenendolo coerente al proprio percorso (84%), per nulla ripetitivo e noioso
(80%) e vuole continuare a svolgerlo.
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