Data: 24/04/2015 16:00:00 - Autore: Giovanna Molteni

Con la relazione numero III/01 del 13 aprile 2015 (qui sotto allegata) l'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione delinea il quadro dei rimedi risarcitori introdotti nell'ordinamento penitenziario a seguito della sentenza del 2013 della Corte europea dei diritti dell'uomo (sentenza Torreggiani contro Italia) che ha condannato il nostro Paese per la strutturale violazione dell'articolo 3 Cedu, concedendo allo Stato convenuto il termine di un anno a partire dal maggio 2013 (termine ora posticipato al giugno 2015) entro il quale adottare le misure necessarie per porre rimedio alla situazione di sovraffollamento delle carceri.

Con il Decreto Legge cosiddetto "svuota carceri" successivamente convertito nella legge numero 10/2014 sono stati introdotti nell'ordinamento penitenziario, rispettivamente agli articoli 35-bis e 35-ter, due rimedi (l'uno preventivo e l'altro risarcitorio) in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell'articolo 3 della Cedu

L'interessato, che assuma di patire o di aver patito una condizione detentiva contraria all'articolo 3 Cedu, può presentare reclamo giurisdizionale al magistrato di sorveglianza al fine di ottenere l'immediato ripristino della legalità e al contempo può ottenere una riduzione della pena da espiare (nella misura di un giorno per ogni dieci giorni di pregiudizio subito) o, in via subordinata, un risarcimento in forma monetaria (nella misura di 8 euro per ogni giorno di pregiudizio patito)

A seguito della novella del 2014, dopo un primo apprezzamento espresso dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa in ordine ai rimedi approntati dal Governo, un riscontro positivo è giunto anche da parte dei giudici di Strasburgo che con la sentenza "Stella contro Italia" del 16 settembre 2014 hanno espresso un giudizio ampiamente positivo sulla accessibilità dei ricorsi preventivi e riparatori, nonché sulla apparente effettività degli stessi, riservandosi, però, sotto questo secondo profilo, la possibilità di un eventuale riesame che consideri anche le decisioni rese dai giudici nazionali e l'effettiva loro esecuzione. 

In particolare, la Corte europea dei diritti dell'uomo evidenzia che il ricorso risarcitorio si concreta in un rimedio accessibile a chiunque lamenti di essere stato detenuto in Italia in condizioni materiali contrarie alla Convenzione, ivi compresi -alla luce della disposizione transitoria contenuta all'articolo 2 della Legge numero 10 del 2014- coloro che avevano già presentato dinanzi alla Corte ricorso, da questa non ancora dichiarato ricevibile. 

Viene, inoltre, reputata soddisfacente ed appropriata anche nel quantum la riparazione tramite riduzione di pena, che presenta l'ulteriore vantaggio di contribuire a risolvere il problema del sovraffollamento accelerando l'uscita dal carcere delle persone detenute. 

Per quanto invece riguarda la compensazione pecuniaria, pur rilevando che la somma fissata dal legislatore italiano si pone al di sotto dei parametri indicati nella sentenza "Torreggiani", la Corte valuta la stessa ugualmente in termini positivi, osservando che "quando uno Stato ha fatto un passo significativo introducendo un ricorso risarcitorio per porre rimedio a una violazione della Convenzione, essa deve lasciargli un più ampio margine di apprezzamento affinché lo Stato possa predisporre tale ricorso interno in maniera coerente con il proprio sistema giuridico e le sue tradizioni, conformemente al livello di vita del paese"
In tali situazioni, segnate da una gran mole di ricorsi, "la Corte ha ritenuto non irragionevole la previsione di somme, che, pur essendo inferiori a quelle fissate dalla Corte medesima, costituiscano comunque una risposta rapida e celere nella sua esecuzione dello Stato convenuto ai numerosi ricorsi intentati nei suoi confronti".
Per conoscere nel dettaglio gli orientamenti giurisprudenziali delineatisi dopo la novella del 2014, è possibile scaricare qui sotto la relazione in formato PDF.

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