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Data: 24/04/2015 15:00:00 - Autore: Marina Crisafi di Marina Crisafi – Sadomaso, bondage, sesso estremo e pratiche di dominanza e sottomissione, ultimamente tornate “di moda” grazie ai bestseller sull'argomento e al cinema (uno per tutti “50 sfumature di grigio”), sono sicuramente lecite! Ognuno è libero, infatti, di vivere il sesso come preferisce, purché ci sia il consenso dell'altro. Altrimenti è reato. Lo ha sancito la Cassazione con la sentenza n. 16899 pubblicata ieri. Chiamata a pronunciarsi sul ricorso di un uomo condannato a sei anni di reclusione per il reato di violenza sessuale continuata e lesioni personali aggravate nei confronti di una ragazza affetta da handicap grave (non assurgente però ad uno stato di incapacità di intendere e volere tale da impedirle di accettare o ricercare rapporti sessuali), la S.C. ha colto l'occasione per fare un doveroso accenno sulla rilevanza penalistica delle pratiche sessuali estreme. È vero che il sesso è libero in quanto costituisce “uno degli essenziali modi di espressione della persona umana, rientranti tra i diritti inviolabili tutelabili costituzionalmente”, hanno spiegato, infatti, i giudici del Palazzaccio, ma è del pari innegabile che non si tratta di una libertà “indisponibile, occorrendo una forma di collaborazione reciproca tra soggetti che vengono in relazione sessuale tra loro”. A maggior ragione nell'ambito delle pratiche sadomasochistiche, hanno aggiunto i giudici, in cui si instaura, per la parte sadica “un rapporto caratterizzato dalla tendenza di un determinato soggetto a provare piacere fisico o interiore nell'infliggere ad altri una sofferenza e per la parte masochistica, da una particolare forma di inclinazione psico-sessuale del partner passivo consistente nel provare la necessità di farsi umiliare e/o subire maltrattamenti”, come ad adempio nella pratica estrema del “bondage”, consistente nell'immobilizzare il partner, provocandogli anche lesioni o ematomi di significativa intensità ed estensione. Riportandosi, espressamente, ai principi della Cedu, la quale nella sentenza 17 febbraio 2005 (causa K.A. e A.D. contro Regno del Belgio), ha negato dignità di “diritto soggettivo” al sadismo riconoscendo piuttosto che ogni pratica di estrema violenza non è scriminata per via dell'esercizio di un diritto ma, nei limiti della sua disponibilità, solo dal consenso (informato e consapevole) della vittima, la S.C. ha ribadito che “una simile manifestazione di erotismo” è una forma di espressione sessuale ammissibile “fino a quando non danneggia la normale vita quotidiana del soggetto”. Rapporti sadomasochisti e inclinazioni sessuali di tale natura, pertanto, non possono certo definirsi illeciti o fonte di responsabilità penale, purchè siano caratterizzati “da un reciproco scambio di consensi informati, liberi e revocabili e a condizione che i soggetti interessati non si trovino in situazioni patologiche, la cui presenza finirebbe con il neutralizzare il consenso, rendendolo privo di effetti giuridici per carenza della piena capacità di intendere e di volere”. Ciò è avvenuto, nel caso di specie, hanno ritenuto gli Ermellini confermando le condanne, dove l'iniziale consenso della ragazza è venuto meno nel momento in cui l'imputato era ricorso a strumenti e metodi (come bruciature con mozziconi di sigarette spenti sui capezzoli, tagliuzzamenti praticati in zone del corpo, ecc.), per nulla accettati che avevano fatto sconfinare i rapporti sessuali verso forme di consumazione non certo condivise. |
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