Data: 07/05/2015 18:30:00 - Autore: Marina Crisafi

di Marina Crisafi - Carcere soltanto quale ultima spiaggia, �attualit�� del pericolo di fuga o reiterazione, obblighi di motivazione nei provvedimenti e termini certi per il riesame. Questi in estrema sintesi i contenuti della riforma sulle misure cautelari approvata in via definitiva dal Senato il 9 aprile scorso (leggi �La riforma delle misure cautelari � legge: carcere solo quale ultima ratio�) che da domani diventer� operativa a tutti gli effetti.

Notevoli i cambiamenti sia sostanziali che processuali apportati dalla l. n. 47/2015 (pubblicata in G.U. n. 94/2015) al codice di procedura penale, tanto da richiedere alla vigilia dell'entrata in vigore della novella legislativa anche l'intervento della Cassazione che ha pubblicato la relazione n. 3/2015 dell'ufficio del Massimario penale (allegata integralmente qui sotto) per fare il punto sulle importanti novit� introdotte dalla normativa, alla luce anche delle modifiche susseguite negli ultimi anni in materia.

 

Ecco in pillole i punti salienti della riforma su cui si � soffermata la relazione della Cassazione:

 

-   Il nuovo requisito dell'�attualit�� del pericolo

Per effetto della novella, la valutazione dell'applicazione delle misure cautelari dovr� essere operata in base alla sussistenza di un �pericolo� di fuga e di reiterazione del reato non pi� solo concreto ma anche attuale. Del resto, sostiene la Cassazione nella relazione, il riferimento all'attualit� era gi� da un ventennio inserito nella lettera a) dell'art. 274 con esclusivo riferimento all'ulteriore esigenza cautelare relativa al pericolo per l'acquisizione o la genuinit� della prova. La novella ha quindi reso omogenea la normativa concernente le connotazioni delle varie esigenze, con intenti che, per�, continua la relazione, appaiono �dichiaratamente restrittivi� rispetto alla stessa elaborazione giurisprudenziale di legittimit� (Cass. SS.UU. n. 34537/2001; Cass. n. 51436/2013, Cass. n. 24051/2014; Cass. n. 3661/2014), proponendosi di �rafforzare l'esigenza di una valutazione pi� stringente dell'effettiva pericolosit� del prevenuto�.

Entrambi i requisiti non potranno essere desunti �esclusivamente dalla gravit� del titolo di reato per cui si procede ma, come pacificamente affermato dalla stessa giurisprudenza, secondo una valutazione prognostica ancorata a elementi concreti, anche in relazione ai comportamenti e alla �biografia� dell'indagato.

 

-  Carcere ultima ratio

La riforma ha rafforzato la funzione di extrema ratio attribuita alla custodia cautelare in carcere, modificando il comma 3 dell'art. 275 c.p.p., gi� novellato, ha osservato la Cassazione, dal d.l. n. 92/2014, convertito con legge n. 117/2014.

Il ricorso alla custodia carceraria avr� dunque carattere residuale potendo essere disposto �soltanto quando le altre misure coercitive o interdittive, anche se applicate cumulativamente, risultino inadeguate�.

Obiettivo perseguito, secondo la S.C., �da un lato valorizzando e favorendo il ricorso a soluzioni alternative, di nuovo conio (quale quella dell'applicazione congiunta delle altre misure coercitive, finora praticabile solo nelle particolari circostanze di cui agli artt. 276, primo comma e 307, comma 1 bis), o comunque di recente �riscoperte� dal legislatore (quale quella degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all'art. 275 bis); dall'altro intervenendo, in modo estremamente significativo, sulle disposizioni del codice che precludevano al giudice una valutazione discrezionale circa l'individuazione della misura pi� appropriata, sancendo una presunzione di adeguatezza della sola misura inframuraria�.

Quanto alla possibilit� di applicazione congiunta delle altre misure cautelari, la novella l'ha resa fattibile non solo per le ipotesi per cos� dire �patologiche�, ma anche, ha osservato la S.C., �nel momento iniziale - e ovviamente del tutto �fisiologico� - in cui il giudice, investito di una richiesta di applicazione della custodia in carcere, � chiamato a verificare la praticabilit� di �risposte� cautelari gradate�. Una disposizione che, in tale prospettiva, per il Palazzaccio, offre al giudice uno strumento �particolarmente utile, al fine di calibrare meglio il proprio intervento nella fattispecie concreta�.

 

-     Eliminazione degli automatismi

Con il medesimo intento di ridurre il pi� possibile l'applicazione della custodia carceraria, la riforma ha eliminato diversi �automatismi� presenti nel codice di rito che privavano il giudice di una �piena discrezionalit� nella scelta della misura da applicare nel caso concreto�.

In tali ipotesi, come nel caso di trasgressione alle prescrizioni sul divieto di allontanarsi, la sostituzione degli arresti domiciliari con il carcere viene disposta �salvo che il fatto sia di lieve entit��.

In altri termini, per la Cassazione, �la misura inframuraria non � pi� automaticamente ricollegata all'avvenuta trasgressione, ma necessita di un previo apprezzamento in ordine all'effettivo disvalore della trasgressione medesima�.

 

-     Motivazione e percorso �autonomo�

Il giudice che opti per la privazione della �libert�� dovr� indicare specificatamente le ragioni per cui ha ritenuto inidonea, nel caso concreto, l'applicazione della misura degli arresti domiciliari.

La motivazione obbligatoria, frutto di �un'autonoma valutazione� e non di un appiattimento sulla base delle deduzioni del pubblico ministero richiedente, � uno dei punti nevralgici della riforma, analizzati anche dalla relazione dell'ufficio del Massimario della S.C., secondo la quale ci� che occorre adeguatamente sottolineare � anche il fatto che la legge, a differenza di quanto avvenuto nel 1995, ha modificato i poteri attribuiti in fase decisoria, disponendo con il nono comma dell'art. 309 c.p.c. che senza il percorso motivazionale indipendente, il tribunale annulla il provvedimento.

 

-     Termini certi e �inedita� possibilit� di differire l'udienza

Tra le novit� analizzate dalla S.C., anche i tempi delle misure interdittive dilatate da due mesi a un anno e i termini del riesame ai fini delle decisioni del tribunale della libert�. Termini �certi� sia per la procedura che per il deposito dell'ordinanza del riesame, per l'appello e il giudizio di rinvio, con la previsione della perdita di efficacia della misura coercitiva in caso di decorso del termine fissato dal giudice nell'ordinanza e del rinnovo soltanto nei casi limite.

Nel procedimento di riesame delle ordinanze che applicano la misura coercitiva la riforma introduce la possibilit� �inedita� di differire, ad istanza di parte, la data dell'udienza, i termini per la decisione nonch� il deposito del provvedimento. Mediante il nuovo comma 9-bis aggiunto all'art. 309 c.p.p., infatti, �su richiesta formulata personalmente dall'imputato� il tribunale differisce la data dell'udienza �da un minimo di cinque ad un massimo di dieci giorni se vi siano giustificati motivi�, prorogando, in tal caso, in uguale misura anche il termine per la decisione e il deposito dell'ordinanza.

La ratio della disposizione, spiega l'ufficio del massimario, � quella di �aiutare la difesa a prepararsi meglio�, ricollegando per� tale esigenza difensiva ad una �manifestazione di volont� direttamente riconducibile all'imputato�, vista la delicatezza del tema quale la privazione della libert� personale. Ecco perch� il termine per formulare la richiesta personalmente � molto breve (due giorni dalla notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza) per consentire al tribunale di procedere con le �controcitazioni�, laddove ravvisi �giustificati motivi� a sostegno dell'istanza di differimento, la quale, secondo la S.C., � ragionevole ritenere che difficilmente sar� rigettata dal tribunale, date le esigenze di analisi e approfondimento sulla complessit� della vicenda processuale e l'ampiezza della documentazione prodotta. 


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