Data: 18/05/2015 22:00:00 - Autore: Marina Crisafi

di Marina Crisafi - Addio all'efficacia esecutiva del titolo una volta che l'obbligazione è stata adempiuta. In altre parole, se il debitore ha pagato per intero l'importo indicato nel titolo esecutivo, comprensivo delle spese processuali liquidate, l'avvocato del creditore non può più intimare precetto per i costi successivi alla sua emissione e notificazione. Al massimo, per ottenere il pagamento di tali esborsi potrà esperire l'azione ordinaria.

A confermarlo è la sezione lavoro della Cassazione, con sentenza n. 9908/2015 depositata il 14 maggio scorso, in una vicenda che ha origine dall'opposizione proposta dall'Inps al precetto notificato dall'avvocato distrattario per il pagamento delle competenze giudiziali successive all'emissione della sentenza relativa a procedimento di natura assistenziale.

Vedendo rigettate le istanze nel merito, il legale ricorreva per Cassazione sostenendo che le spese successive costituiscono un accessorio di legge a quelle processuali e dunque possono essere richieste con il precetto poiché consequenziali al titolo e tutelate dal medesimo sino all'integrale pagamento.

Ma la tesi non regge. Dal Palazzaccio infatti danno ragione al giudice di merito, poiché, come da consolidato orientamento (cfr. Cass. n. 5159/1995), quando il debitore adempie per intero l'obbligazione versando la complessiva somma indicata nel titolo, comprensiva di spese processuali liquidate, si configura per l'avvocato l'”impossibilità giuridica” di notificare il precetto per le spese successive, poiché ormai l'efficacia esecutiva del titolo è venuta meno. Non resta che esperire pertanto l'azione di cognizione ordinaria.

Né la situazione cambierebbe, ha osservato la Corte, ad abundantiam, laddove si dovesse ritenere (come osservato da precedente giurisprudenza, cfr. Cass. n. 24691/2010) che il credito azionato in executivis dal difensore distrattario delle spese di lite, anche se consacrato in un provvedimento del giudice del lavoro, abbia natura ordinaria, corrispondendo ad un diritto autonomo dello stesso, sorto direttamente in suo favore e nei confronti della parte soccombente. Anche così opinando, infatti, ha concluso la S.C., tale diritto non potrebbe essere azionato sulla base del solo dispositivo della sentenza emessa dal giudice del lavoro, perché si fonderebbe su un titolo esecutivo inesistente (cfr. Cass. n. 11804/2007).

Tuttavia, la Corte salva il difensore dall'addebito di colpa grave richiesto dall'Inps, poiché l'interpretazione sostenuta pur “non condivisibile” non è “implausibile”. 


Tutte le notizie