Data: 21/05/2015 18:59:00 - Autore: Marina Crisafi
di
Marina Crisafi - L'avvocato è responsabile della strategia messa in atto
negli interessi difensivi del cliente. E il fatto che la stessa sia stata concordata o ispirata dallo stesso
assistito non lo salva dalla responsabilità
per aver usato una tattica sbagliata perdendo la causa.
A ribadirlo è la Cassazione, nella sentenza
n. 10289 depositata ieri, respingendo il ricorso di un avvocato chiamato in
giudizio dalla propria cliente per “negligente
condotta professionale” in una causa promossa
contro il produttore per la mancata messa in opera (ed eseguito collaudo)
di una lavatrice industriale. Le doglianze della cliente inerivano proprio l'erronea
strategia difensiva utilizzata dal difensore che
inutilmente chiamava in causa il terzo trasportatore “sebbene il diritto
da tutelare fosse prevedibilmente già prescritto”. Ed, in effetti, il convenuto
sollevava puntualmente l'eccezione di prescrizione vedendola accolta.
Risultato:
la cliente perdeva la causa e veniva condannata
a
versare 5mila euro alla ditta autotrasportatrice a titolo di spese processuali.
Motivo
per cui la stessa trascinava in giudizio il proprio avvocato chiedendo il
risarcimento dei danni subiti e in appello vedeva accolte le proprie istanze
dalla Corte perugina che condannava il
difensore a risarcire alla donna i 5mila euro sborsati per “colpa” sua.
Non convinto
il legale adiva la Cassazione tentando di “scagionarsi” da ogni
responsabilità, invocando a sua discolpa che la chiamata in causa “era stata concordata con la cliente e da
questa approvata” e pertanto che il rischio (poi diventato certezza) della
prevedibile eccezione di prescrizione del diritto doveva imputarsi esclusivamente
alla stessa assistita escludendo qualsiasi colpa del professionista.
Ma la
terza è di altro avviso.
E dal Palazzaccio ricordano al legale che “la responsabilità professionale
dell'avvocato, la cui obbligazione è di mezzi e non di risultato, presuppone la
violazione del dovere di diligenza media esigibile ai sensi dell'art. 1176,
secondo comma, c.c.”. E laddove questa violazione “consista nell'adozione di mezzi difensivi pregiudizievoli al cliente, non è né esclusa né ridotta per la circostanza che l'adozione di
tali mezzi sia stata sollecitata dal
cliente stesso, essendo compito esclusivo del legale la scelta della linea
tecnica da seguire nella prestazione dell'attività professionale”.
Del resto, conclude la S.C., l'avvocato è tenuto ad assolvere, sia all'atto
del conferimento del mandato che durante lo svolgimento del rapporto, “non
solo al dovere di informazione del cliente ma anche ai
doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione dello stesso - dovendo, tra l'altro - sconsigliare il
cliente dall'intraprendere o proseguire un giudizio dall'esito probabilmente
sfavorevole”.
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