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Data: 01/06/2015 15:04:00 - Autore: Margherita Marzario Dott.ssa Margherita Marzario Numerosi sono gli indici normativi che avvalorano la veste costituzionale della mediazione principalmente di quella sic et simpliciter“senza aggettivi”, ossia considerata in una visione unitaria. In primo luogo è da tenere presente il carattere compromissorio, a cominciare dall'art. 1, della nostra Carta Costituzionale, ossia il fatto che essa fu il frutto di una convergenza tra forze sociali e politiche diverse e talora contrapposte (una sorta di mediazione interculturale ante litteram), ciò a conferma che nella nostra cultura, giuridica e non, c'è sempre stata una tendenza mediativa. Secondo l'autorevolissima impostazione del costituente e costituzionalista Costantino Mortati i principi fondamentali nella Costituzione possono identificarsi nei seguenti: principio democratico, principio personalista, principio pluralista, principio lavorista. Questi principi, desumibili non solo dai primi dodici articoli della Costituzione intitolati «Principi fondamentali» ma da tutto il sistema costituzionale, presentano più specificazioni, alcune delle quali si possono applicare alla mediazione in senso lato ed anche a quella familiare. I principi democratico, personalista e pluralista sono già di per sé esplicativi e quindi ben si adattano alla mediazione familiare, perché essa mira a ripristinare la democraticità in seno alla famiglia, a tutelare ogni persona della famiglia, in particolare quelli deboli, e a dare ascolto alle più voci del e nel conflitto familiare. Ricondurre la mediazione familiare nell'alveo del principio lavorista può apparire un'interpretazione forzata ma non è così. Innanzitutto perché essa è una forma di social work, è indiscutibilmente un'attività o una funzione che concorre al progresso materiale o spirituale della società (art. 4 comma 2 Cost.). Anche perché è un servizio a sostegno della famiglia, che è la prima culla del progresso materiale e spirituale della società. Come diceva lo scrittore irlandese George Bernard Shaw, “forse il più grande servizio sociale che possa essere reso da chiunque al Paese e all'umanità è formarsi una famiglia”. Inoltre, la mediazione familiare incarna i principi dell'art. 2 della nostra Costituzione soprattutto nella parte relativa alla solidarietà. Solidale, fra i vari significati, ne ha anche uno in meccanica quale elemento di un meccanismo rigidamente collegato ad un altro. Quest'accezione ben si addice al ruolo genitoriale, quanto a quello familiare in generale, perché i genitori, anche se separati o divorziati, non smettono d'essere tali nei confronti dei figli ed anche tra gli ex-coniugi possono permanere delle conseguenze di natura patrimoniale che danno luogo alla cosiddetta solidarietà post-coniugale. Questi principi generali ed altre regole costituzionali riferibili alla mediazione familiare fungono per quest'ultima come principi ispiratori, criteri direttivi e limiti. Dalla dizione dell'art. 29 comma 1 Costituzione, in concordanza con tutta la disciplina costituzionale della famiglia e con i principi fondamentali (in modo particolare il principio di sussidiarietà), emerge l'autonomia della famiglia, che è il punto di partenza e di arrivo della mediazione familiare. Il ricorso a questo intervento deve essere frutto di una scelta consapevole di una famiglia in crisi. L'operatore di mediazione familiare deve accompagnarla a scelte autonome in modo tale che la famiglia non divenga oggetto ma soggetto dell'eventuale eteronomia del giudice. Leggendo a ritroso l'art. 29 comma 1 Costituzione si possono rintracciare anche delle indicazioni per il percorso di mediazione familiare; in altre parole, partendo dalla consapevolezza che è incrinato il matrimonio (o la convivenza more uxorio) i confliggenti rivedono su cosa sia stato fondato fino ad allora il loro sodalizio e su cosa debbano fondarlo per salvaguardare la “società naturale” che è la famiglia con i suoi diritti. Un altro valore costituzionalmente protetto, nell'art. 29 comma 2 Costituzione, è l'unità familiare, che può essere definita principio eziologico e teleologico della mediazione familiare. Quando l'unità familiare è minata l'intervento mira ad interpretare la conflittualità e a garantire un minimum di unità familiare ai figli. Nella fase successiva alla rottura, è chiamata, invece, ad aiutare le famiglie ricostituite o ricomposte. In altre parole, la mediazione aiuta la famiglia a recuperare la propria progettualità (ciò che in gergo si chiama self empowerment) nella metamorfosi della crisi. L'espressione costituzionale “unità familiare” è stata lungimirante perché, laddove non si possa avere un'unica famiglia sotto lo stesso tetto, bisogna garantire l'univocità dell'ambiente familiare “riconosciuto che il fanciullo per il pieno ed armonioso sviluppo della sua personalità deve crescere in un ambiente familiare, in un'atmosfera di felicità, amore e comprensione” (dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia). Dall'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi (art. 29 comma 2 Cost.) deriva anche la corresponsabilità nella crisi familiare e del suo esito; assunzione della corresponsabilità che la mediazione familiare vuole ridestare. Passando poi all'art. 30 Costituzione, è chiaro che la mediazione è a sostegno della genitorialità ed in particolare della funzione educativa. Anzi è un servizio di educazione dei genitori, esigenza oggi sempre più pressante. La mediazione, pertanto, adempie essa stessa una funzione educante e educativa (esiste proprio la dizione “mediazione educativa familiare”). Parafrasando la terminologia dell'art. 30, si può affermare che interviene nei casi di incapacità dei genitori e cerca di rendere compatibili gli interessi confliggenti e le posizioni conflittuali della crisi familiare. Non solo, la mediazione familiare si preoccupa di rendere compatibili le situazioni giuridiche dei figli nella prospettiva di una famiglia allargata o di altra “costellazione familiare”. Inoltre, l'aggettivo “compatibile” (da “compatire”, partecipare all'altrui patimento) si addice alla funzione della mediazione perché vuol far comprendere che la sofferenza è comune e l'uno è concausa della sofferenza dell'altro e per questo avviare ad una conciliazione (“compatibile” significa comunemente “conciliabile”) per la serenità propria e altrui. Dell'art. 31 si possono adattare alla mediazione familiare le locuzioni “formazione della famiglia” e “adempimento dei compiti relativi”, nel senso che la mediazione agevola la coppia nella formazione di un nuovo assetto familiare e nell'adempimento dei compiti relativi. La locuzione “compiti” (negli artt. 30 e 31) richiama l'altra “competenze”, sempre più usata in riferimento ai genitori, e la mediazione familiare è un accompagnamento verso particolari e nuove competenze genitoriali in una situazione che può essere considerata di genitorialità difficile. Facendo un'interpretazione adeguatrice ed evolutiva degli articoli 31 e 37 comma 1, si potrebbe dire che la mediazione familiare aiuta la donna, tanto vittima quanto fomentatrice della conflittualità familiare (per esempio quelle donne che ostacolano le relazioni tra i padri e i figli), per consentirle l'adempimento della sua essenziale funzione familiare (soprattutto se diverrà, nel caso di affidamento dei figli, il cosiddetto genitore collocatario) e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. La protezione (etimologicamente “coprire avanti”) si addice alla mediazione sia per lo svolgimento nella stanza della mediazione sia per la progettualità. Dal combinato disposto degli articoli 2, 3, 13 c.1, 21 c.1, 30 e 31 della Costituzione risulta chiara la valorizzazione dell'identità e dell'autonomia del figlio minorenne che, in una prospettiva dinamica, tende a renderlo responsabile protagonista della propria vita, attraverso scelte che egli deve essere posto in grado di operare consapevolmente. La promozione dell'autonomia del minore d'età, come soggetto che deve percorrere un itinerario di formazione e di responsabilizzazione, per essere pronto ad assumere un ruolo attivo nella società, ha trovato uno dei significativi momenti di realizzazione nella mediazione familiare che cerca di salvaguardarla in vari modi, per esempio facendo partecipare i figli ad alcuni incontri (anche se questa modalità è dibattuta). Quest'aspetto è convalidato dal titolo e dal contenuto del documento “Per una mediazione a misura di bambini” promosso dall'Unicef Italia nel 2005, ma purtroppo dimenticato. Sicché prendendo spunto dal dettato dell'art. 31, la mediazione può essere definita uno degli istituti di protezione della maternità, dell'infanzia e della gioventù. Continuando la lettura della Costituzione si giunge all'art. 32 e la mediazione può essere certamente considerata un mezzo di tutela della salute (intesa come integrità psicofisica e pertanto in stretta connessione con la libertà personale di cui all'art. 13 Cost.), soprattutto di quella dei bambini, perché aiuta a prevenire o ad attenuare o a segnalare, in una sola parola a decodificare varie patologie quali la depressione infantile, i disturbi dell'alimentazione e la sindrome di alienazione genitoriale o parentale (Parental Alienation Syndrome - PAS - SAP se letta in italiano). Quest'ultima, simile e confusa con altre sindromi variamente definite, dalla sindrome del bambino maltrattato alla sindrome del genitore malevolo (o di Turkat), è molto controversa in giurisprudenza (in particolare dalla Corte di Cassazione) e in dottrina soprattutto perché non è annoverata nel DSM V, il manuale diagnostico dei disturbi mentali. Accogliendo il messaggio “non c'è salute senza salute mentale” (dalla Conferenza Ministeriale Europea dell'OMS ad Helsinki nel 2005) e “in una società che presenta una maggiore domanda di salute mentale” (dalle Linee di indirizzo nazionali per la salute mentale del 21 marzo 2008), la mediazione promuove la salute mentale nella comunità familiare ed extrafamiliare, visto che i malesseri familiari possono causare gravi disagi psichici e sociali. Fondamentalmente la mediazione familiare prepara alla tanto agognata “bigenitorialità” (anche se sarebbe sufficiente parlare di genitorialità), perché consente di raccordare “la ricerca della paternità” (art. 30 comma 4 Cost.) e l'“essenziale funzione familiare” materna (art. 37 comma 1 Cost.). La mediazione riconduce al significato profondo della genitorialità che è la generatività dell'amore e nell'amore: “Un primo presupposto educativo è che i figli, più che di due genitori che “li” amano, hanno bisogno di due genitori che “si” amano” (Aurelio Molè, giornalista). Due persone adulte, separate o divorziate, anche se non si amano più come coniugi (o come conviventi) devono e possono amarsi come persone, di quell'amore espressione di massima adultità. Dott.ssa Margherita Marzario |
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