Data: 17/06/2015 15:00:00 - Autore: Avv. Paolo Accoti

Il quadro normativo

Il diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio è tutelato dalla legge 22 aprile 1941 n. 633, per come modificata nel corso del tempo.

In particolare, gli artt. 1 e 2 della suddetta legge tutelano e proteggono, tra le altre, le opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.

Tra queste, sono senz'altro ricomprese le opere letterarie, le opere e le composizioni musicali, le opere coreografiche, le opere della scultura, della pittura, dell'arte del disegno, le opere dell'architettura, le opere dell'arte cinematografica, ed anche le opere fotografiche, salvo non si tratti di semplice fotografia, protetta ai sensi delle norme del Capo V del Titolo II della stessa legge.

Per quanto concerne quest'ultime, le fotografie cd. semplici, esse non costituiscono come visto sopra opere dell'ingegno, e ai sensi del successivo art. 87: “Sono considerate fotografie ai fini dell'applicazione delle disposizioni di questo capo le immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale, ottenute col processo fotografico o con processo analogo, comprese le riproduzioni di opere dell'arte figurativa e i fotogrammi delle pellicole cinematografiche.

Non sono comprese le fotografie di scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili”.

Ciò posto, la norma prevede due tipi di fotografia, quella intesa quale opera dell'ingegno (ex art. 2), tutelata rigorosamente dal diritto d'autore in virtù dei successivi artt. 12 e segg., e quella “semplice” (ex art. 87), preservata in maniera più blanda.

In tale ultimo caso, spetta al fotografo il diritto esclusivo di riproduzione, diffusione e spaccio della fotografia (art. 88).

Le uniche eccezioni riguardano le opere fotografiche realizzate per fini lavorativi, nel qual caso, entro i limiti dell'oggetto e delle finalità del contratto, il diritto esclusivo compete al datore di lavoro ovvero al committente, quando si tratti di fotografia di cose in possesso dello stesso e salvo pagamento a favore del fotografo, da parte di chi utilizza commercialmente la riproduzione, di un equo corrispettivo.

La vicenda

Questa trae origine da alcuni scatti fotografici che rappresentavano “le abitudini della gioventù romana”, nell'ambito della vita notturna capitolina.

Le fotografie erano state pubblicate dall'autore sul noto social network facebook, nel “profilo pubblico” del medesimo.

Sta di fatto che, successivamente, le predette fotografie si ritrovavano pubblicate su un quotidiano a tiratura nazionale, nell'ambito di un servizio giornalistico senza, tuttavia, l'indicazione della fonte, il consenso dell'autore e senza il pagamento di alcun compenso per lo sfruttamento economico delle stesse.

Convenuti in giudizio per la violazione del diritto d‘autore o, in subordine, per violazione dell'art. 87 della L. 633/41, con conseguente richiesta di risarcimento dei danni, la testata giornalistica e gli autori del servizio si difendevano eccependo, sostanzialmente, come non vi era la prova in merito alla titolarità delle fotografie e che, comunque, la pubblicazione delle stesse su facebook avrebbe comportato l'acquisizione da parte del social network di tutti i diritti di sfruttamento commerciale e di cessione a terzi.

Che, pertanto, a dire degli stessi, l'autore degli scatti non potrebbe né impedire, né lagnarsi dell'utilizzo delle fotografie da parte di terzi.

La soluzione giudiziaria

Diciamo subito che il Tribunale di Roma - Sezione specializzata in materia di impresa, ha accolto la domanda subordinata, per la violazione degli artt. 87 e 88 della legge n. 633/41, con conseguente condanna dei convenuti, in solido tra loro, al pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, oltre al pagamento delle spese e competenze legali di parte attrice.

Ritiene il Tribunale capitolino, in primo luogo, raggiunta la prova in merito alla paternità degli scatti.

Ciò emergerebbe sia dal racconto dei testimoni, presenti al momento dello scatto delle fotografie, ma anche perché, pur ritenendo astrattamente configurabile come la mera pubblicazione di fotografie su facebook – di per sé – non fornisce prova della relativa titolarità, “in mancanza di altre emergenze probatorie di segno contrario (come l'indicazione sulla fotografia del nome di un terzo quale fotografo; la condivisione di un contenuto appartenente ad altro utente o di altra pagina web; la notorietà dell'immagine appartenente ad altro fotografo, ecc.), può assurgere a prova grave, precisa e concordante della titolarità dei diritti fotografici in capo al titolare della pagina del social network nella quale sono pubblicate”, tanto secondo lo schema delle presunzioni semplici, ex art. 2729 c.c.

La Corte, quindi, si sofferma nel valutare se le fotografie in questione possano definirsi “opere dell'ingegno”, ex art. 2 n. 7 L. 633/41 (per come modificato dal DPR n. 19/1979) e, pertanto, soggette alla tutela d'autore di cui agli artt. 12, 20, 171 e segg., ovvero se queste possano qualificarsi come fotografie semplici ossia “immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale”, tutelate in maniera meno rigorosa dagli artt. 87 e 88.

Lo stesso giudicante da atto, per completezza, di una terza categoria, priva di tutela, rappresentata da fotografie di “scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili”, cd. riproduttive.

Il Tribunale, a tal proposito, fornisce una definizione di tutte e tre le categorie.

Per distinguere le opere dell'ingegno dalle fotografie cd. semplici, riprende dei precedenti della Suprema Corte (C.C. 175/1969; 7077/90), riferendo come: “occorre verificare se sussista o meno un atto creativo, che sia espressione di un'attività intellettuale preponderante rispetto alla tecnica materiale dove l'interpretazione, ossia la modalità di riproduzione del dato fotografato trasmetta un messaggio ulteriore e diverso rispetto alla visione oggettiva di esso, rendendo una soggettiva interpretazione che permetta di individuare l'opera tra le altre analoghe”.

In altri termini, la fotografia è creativa, pertanto, opera dell'ingegno, quando “è capace di evocare suggestioni o comunque di lasciare trasparire l'apporto personale del fotografo e non si limiti a riprodurre e documentare determinate azioni o situazioni reali”.

Per distinguere, invece, le fotografie semplici, tutelate limitatamente rispetto a quelle ulteriori, definite riproduttive ma prive di tutela, la Corte romana riferisce che: “non è tanto l'attività soggettiva del fotografo, correlata alla sue capacità tecnico-professionali (la scelta degli oggetti, la loro collocazione, la cura della luce), quanto lo scopo, ultroneo, rispetto a quello meramente documentativo”.

Il Tribunale, quindi, affronta una interessante e innovativa questione, quella relativa ai limiti, e ai contenuti, della cessione dei diritti in favore di facebook.

In altri termini se, con la pubblicazione di foto o altri contenuti sul social network, questi diventano liberamente utilizzabili da terzi.

La Corte capitolina risponde in senso evidentemente negativo.

Ed invero: “deve affermarsi che, per quanto riguarda “i contenuti coperti da diritti di proprietà intellettuale”, come ad esempio foto e video, definiti “Contenuti IP”, la pubblicazione sul social network Facebook non comporta la cessione integrale dei diritti fotografici spettanti all'utente; esso, infatti, cede a Facebook la sola “licenza non esclusiva, trasferibile, per l'utilizzo di qualsiasi Contenuto IP pubblicato su Facebook o in connessione con Facebook (“Licenza IP”)", valida finché il contenuto è presente sul social network”.

Il contrario non lo si può neppure desumere dalla circostanza per la quale la foto, o il contenuto, sia stato divulgato con l'impostazione “Pubblica”, atteso che detta impostazione “riguarda esclusivamente le informazioni e non i contenuti coperti da diritti di proprietà intellettuale degli utenti”.

Conclude, pertanto, il Tribunale di Roma, ritenendo come l'impostazione “Pubblica”, sicuramente “permette a chiunque di accedere al “contenuto IP” ed eventualmente di condividerlo sullo stesso social network o su altri social network che abbiano ottenuto tale autorizzazione di condivisione … ma non consente di riprodurre e diffondere tale contenuto IP in mancanza di preventivo consenso del fotografo, senza violare i diritti esclusivi previsti dagli artt. 88 e segg.”.

In sostanza, chi pubblica fotografie, o altri contenuti, sui social network come facebook, concede la possibilità agli altri “utenti” di condividere detto materiale sullo stesso o su altri social network, in virtù delle condizioni generali di licenza di facebook, da intendersi non esclusiva e trasferibile, per l'utilizzo di qualsiasi Contenuto IP pubblicato su Facebook o in connessione con Facebook, salvo non siano espressamente coperti da diritti di proprietà intellettuale.

Ma attenzione però: “condividere” è una cosa, “copiare” è un'altra.

Nella “condivisione” risulta chiaramente evincibile la fonte di provenienza e, pertanto, l'autore: in altri termini, chi per primo ha pubblicato il contenuto.

Nella “copia”, invece, ciò non risulta e, quindi, potrebbe esporre l'autore della riproduzione alla violazione dei diritti d'autore.

Di talché, anche in questo caso, bisogna tener conto della distinzione - sopra vista - tra opera dell'ingegno, fotografia cd. semplice e fotografia riproduttiva, quest'ultima unica liberamente utilizzabile.

Diverso, invece, il discorso relativo a pubblicazioni dei contenuti su altri mezzi di informazione (stampa, televisione, siti web, ecc.), per i quali, ferma restando l'impossibilità – con l'ordinaria diligenza – di risalire al titolare dei diritti sulle opere, risulta necessaria l'autorizzazione alla pubblicazione e, eventualmente, la corresponsione di un compenso.

Avv. Paolo Accoti



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