Data: 16/06/2015 15:10:00 - Autore: Marina Crisafi

di Marina Crisafi – Anche se il quantitativo è minimo, la detenzione della sostanza stupefacente già suddivisa in singole dosi conferma l'ipotesi a fini di spaccio. Ad affermarlo è la terza sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 24905 depositata ieri, condannando in via definitiva un uomo “beccato” dalle forze dell'ordine con nove involucri di carta stagnola contenenti marijuana per il reato di detenzione di droga con finalità di spaccio.

Sebbene la quantità totale fosse irrisoria e non vi fossero altri indicatori di spaccio (come ad es. strumenti idonei al taglio, banconote suddivise in tagli differenti ecc.), ad avvalorare la condanna inflitta dalla Corte d'Appello (seppur con pena ridotta rispetto al giudice delle prime cure) bastano le stesse caratteristiche del fatto.

Perché se è vero che mancano “altri indicatori” di spaccio, ha desunto il Palazzaccio, è vero altresì che la droga ritrovata in possesso dell'uomo era già suddivisa in più dosi “in numero tale da doversi escludere una destinazione solo personale” e per di più da persona che andava in giro con il motorino e che al momento del controllo e dell'accertamento da parte degli agenti aveva subito dato segni di evidente nervosismo.

Né, ha aggiunto la S.C., “è validamente ipotizzabile l'ipotesi di una ‘scorta' che non é stata in alcun modo giustificata, né sotto il profilo del bisogno né di quello delle disponibilità economiche”.

Pertanto, non resta che ritenere congruo l'apprezzamento da parte del giudice di merito, circa la destinazione allo spaccio della droga, come tale incensurabile in sede di legittimità.

Risultato: ricorso inammissibile e condanna del ricorrente a 4 mesi di reclusione e 600 euro di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

 


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