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Data: 20/06/2015 23:59:00 - Autore: A.V. Chi non sa ancora cosa sono i cookie o non è mai stato in internet o non vive in europa. Se fino a qualche anno fa ci abbiamo tutti convissuto senza neppure conoscerne l'esistenza, a poco a poco sono entrati a far parte delle nostra vita. Peggiorandola? Direi proprio di no anzi, sono serviti per evitare di vedere riaprirsi ogni volta fastidiose finestre nel browser che avevamo chiuso, e soprattutto per evitare di ricevere pubblicità che non è in linea con i nostri interessi. Ma in cosa consistono i coocie e come funzionano? Ce lo spiega bene in questo articolo Marina Crisafi (Dal 3 giugno in vigore la Cookie Law: niente “biscottini” dagli sconosciuti!). Oggi tutti i siti europei che ospitano pubblicità di Google o di altre concessionarie si sono dovuti adeguare mostrando una notifica per avvisare i cibernauti dell'uso dei coockie. E c'è persino chi non avrebbe avuto obbligo di utilizzarli dato che le nuove disposizioni non prevedono analogo avviso per i cookie tecnici. Oggi se navighiamo in rete troviamo questo noioso aviso anche nei siti istituzionali, entrando ad esempio nel sito del Senato oppure in quello della Camera appare in primo piano il consueto annuncio (nel sito della camera appare questo: "Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se si vuol saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consultare la cookie policy. Chiudendo questo banner si acconsente all'uso dei cookie". Come dire "perdete ogni speranza o voi che entrate..." Se andiamo poi a visitare i principali quotidiani Nazionali, le riviste online e tutti i blog che ospitano la pubblicità di Google ci accorgiamo che la quasi totalità dei siti che consultiamo fanno utilizzo dei famigerati cookie. Ma non sarà che questa storia dei cookie è tutta una presa in giro? Sono davvero così pericolosi da giustificare questa epocale invasione di avvisi su tutti i siti d'europa? Non bastava forse prevedere un unico avviso per chiunque inizia a utilizzare un browser (sia esso Internet Explorer, Chrome, Opera o Safari) al momento del primo accesso a internet per informarlo che navigando nel web si ricevono cookie ma che se proprio non li si vuol ricevere basta disattivarli (una volta per tutte) oppure scegliere la modalità di navigazione in incognito che impedisce di salvare i cookie. Ma sarebbe stato forse troppo semplice e, si sa, in Europa ci piace trovare sempre soluzioni complicate. Il risultato? E' peggiorata la navigazione dato che ognuno di noi oggi si trova quotidianamente a dover accettare o non accettare i cookie o quanto meno a dover chiudere le finestre con il solito noioso e ripetitivo messaggio che è ancora più fastidioso delle pubblicità che temevamo potessero violare la nostra privacy. Ma cosa c'è scritto in questi cookie? Nulla di preoccupante. Volete un esempio? Eccolo: Nome: JSESSIONID Contenuto: 44D29F34F355B37B0163475316AC1FAE Dominio: www.nomedominio.com Percorso: / Invia per: Qualsiasi tipo di connessione Accessibile allo script: No (solo Http) Data creazione: domenica 14 giugno 2015 16:04:07 Scadenza: lunedi' 15 giugno 2015 16:04:07 Come vedete non ci sono dati personali dell'utente. Si tratta solo di un file che si trova in una cartella di un nostro computer e che ricorda una visita a un dominio. Nessuno sa a chi appartiene quel computer. Insomma anche con i cookie restiamo del tutto anonimi. Ma non sono solo queste le conseguenze della scelta di imporre a tutti i webmaster la pubblicazione di un avviso per chiedere all'utente l'autorizzazione all'utilizzo del cookie: - lo spazio utilizzato oggi per la notifica in molti casi veniva usato dai blogger per pubblicare avvisi interni come le novità pubblicate nel sito o nuove risorse. In certi casi questi spazi erano utilizzati per mostrare banner pubblicitari che per quando possano essere oggetto di critica hanno pur sempre garantito la libera informazione nella rete. È ovvio che togliendo questi spazi per destinarli a un avviso inutilmente ripetuto e che si poteva fare arrivare direttamente dal browser una sola volta senza ripeterlo ad ogni accesso ai vari siti, si tolgono risorse economiche ai blogger indipendenti favorendo al contrario chi segue logiche di partito o può contare su pubblici finanziamenti. Ma c'è di più: i cookie consentivano di pubblicare pubblicità maggiormente vicine alle abitudini dell'utente. Se ad esempio un cibernauta entrando in un sito Internet avesse fatto click su un banner di Zalando, Google avrebbe salvato nel suo computer un cookie per ricordare che da quel PC (si badi bene non da una persona specifica) è stato visitato lo quel negozio. Ad un successivo accesso ad un altro sito con pubblicità di Google il motore di ricerca avrebbe riconosciuto il cookie ed avrebbe mostrato la stessa pubblicità oppure una pubblicità in tema con gli interessi dimostrati dal cibernauta. Del resto gli inserzionisti vogliono sapere a chi è diretta la loro pubblicità. Con i cookie si può invece mostrare l'annuncio solo a coloro che hanno mostrato interesse per articoli per animali. Insomma quando accettiamo i cookie migliora la pertinenza dei messaggi pubblicitari senza che si amessa in pericolo la nostra riservatezza. Insomma non c'è nessuno che ci spia mentre navighiamo come nessuno ci spia se il computer salva la cronologia della navigazione o le ricerche effettuate nel web. In ogni casi è bene sapere che quando si naviga nel web si lasciano sempre traccie del proprio percorso. E i cookie sono proprio l'ultimo dei problemi. Se così non fosse neppure la polizia postale avrebbe modo di rintracciare coloro che tramite il Web si sono resi responsabili di gravi reati. Gli stessi provider hanno l'obbligo di conservare per fini investigativi i cosiddetti log file di cui poco si parla ma che contengono informazioni molto più dettagliate sui navigatori dato che tracciano l'intero percorso che si è fatto all'interno di un sito. Il paradosso è che non è consentito salvare un innocuo file mentre è reso obbligatorio tenere traccia non solo dei percorsi di navigazione fatti nei siti ma anche dell'IP che consente di identificare in modo chiaro un computer e la città da cui si sta collegando. Insomma siamo proprio sicuri che le scelte europee siano davvero a tutela dei consumatori o non c'è forse il rischio che in tal modo diventi sempre più difficile mantenere gratuita l'informazione libera nel Web? Del resto la pubblicità (che la si ami o no) è l'unico mezzo che consente di garantire tale gratuità così come accade per le reti televisive. Alla fine come al solito chi ne farà le spese sarà sempre comunque il consumatore. |
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