Data: 05/07/2015 11:00:00 - Autore: Marina Crisafi

di Marina Crisafi - Il mestiere di genitore si sa è il più difficile del mondo e, spesso, si “impara” solo col tempo, attraverso un percorso di “maturazione” improntato alla collaborazione e al rispetto reciproco di entrambi i partner per la cura e l'educazione dei figli. Ma se mamma e papà non raggiungono un grado di maturità adeguato, non spetta certo al giudice aiutarli nella “crescita” prescrivendo percorsi psicoterapeutici di coppia.

Il secco stop arriva dalla Cassazione (con la recente sentenza n. 13506/2015 qui sotto allegata) che ha messo al bando l'adozione di prescrizioni ormai all'ordine del giorno da parte dei magistrati che tentano in tal modo di ridurre la conflittualità tra gli ex partner.

Per piazza Cavour, simili prescrizioni ledono “il diritto alla libertà personale costituzionalmente garantito” aggirando il divieto di imporre “trattamenti sanitari”. Così affermando, la prima sezione civile ha accolto il ricorso di un padre che impugnava la decisione della corte territoriale di indirizzare lui e l'ex verso un percorso terapeutico teso ad aiutarli nella maturazione genitoriale. Un'idea nata dalla relazione del CTU, una volta fallito nella pratica quotidiana l'accordo di mediazione familiare precedentemente raggiunto dai due, che evidenziava come entrambi fossero ancora troppo coinvolti nelle loro vicende personali per riuscire ad assicurare la collaborazione necessaria all'educazione e alla cura del figlio minore, il cui affido condiviso era tormentato e conteso.

Ma la S.C. non ha avuto dubbi nel dichiarare illegittimo il percorso psicoterapeutico ordinato dal giudice, in quanto anche se disposta al fine di risolvere la conflittualità tra i due ex e aiutarli a superare la loro “immaturità” per il bene del figlio, si tratta di una prescrizione che esercita un condizionamento in contrasto con la tutela della libertà personale di cui all'art. 32 della Costituzione e in ogni caso estranea al giudizio riguardante l'affido del minore. La maturità dei genitori, in definitiva, non può che restare affidata “al loro diritto di autodeterminazione”. 


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