Data: 09/07/2015 22:50:00 - Autore: Avv. Emanuela Foligno

Cass. Civ. 09/6/2015 n. 11851

Nota di Emanuela Foligno

Il 9 giugno 2015 è stata resa pubblica, mediante deposito, la pregevole pronunzia n. 11851 (estensore il Consigliere Travaglino).

La vicenda trae origine dal decesso di una donna per carcinoma all'utero non tempestivamente diagnosticato - con la particolarità che le indagini di laboratorio eseguite dalla danneggiata non avevano riscontrato cellule tumorali, ma il caso clinico, secondo le CTU espletate, andava, in base alla sintomatologia della paziente, approfondito ulteriormente -.

I familiari della donna, dinnanzi al Tribunale di Venezia, ottengono il riconoscimento della responsabilità in capo alla Clinica e al Medico oltre al ristoro del danno non patrimoniale nell'ammontare di 1 milione 816 euro.

In secondo grado la Corte d'Appello di Venezia, riconfermando l'an, riduce il risarcimento a 580.816,00 euro.

Il Medico ritenuto responsabile dell'omessa tempestiva diagnosi, ricorre in Cassazione, ove resistono con ricorsi incidentali i familiari della vittima e la Clinica.

La Suprema Corte sostiene che è riduttivo utilizzare una visione unitaria di danno non patrimoniale, come sancito dalle Sentenze di San Martino del 2008.

In tale ottica, la pronunzia oggetto di esame, analizza il percorso giurisprudenziale storico-evolutivo del danno non patrimoniale in tutte le sue componenti.

In particolare, la Suprema Corte si sofferma sul proprio precedente, la pronunzia n. 22585/2013 (riportandone abbondanti stralci) e sulle argomentazioni svolte dalle note “sentenze gemelle” del 2003.

Vengono anche richiamate la sentenza della Corte Costituzionale n. 233/2003 e quella delle Sezioni Unite n. 6572/2006.

Vengono, inoltre, richiamate più volte le pronunce a Sezioni Unite del 2008, sottolineando con veemenza che nelle stesse non si è soppresso il danno morale, ma si è limitata la risarcibilità del danno non patrimoniale alle sole ipotesi di lesione di diritti costituzionalmente garantiti.

La Corte nel ribadire che è necessario distinguere la componente morale e quella esistenziale, osserva che ogni lesione a un interesse tutelato dalla Costituzione ha una doppia dimensione: quella di danno-relazione che si estrinseca all'esterno nelle dinamiche relazionali e nella vita quotidiana, e quella di danno morale come intima sofferenza.

L'autonomia del danno morale risulta ancora più chiara -sempre secondo la sentenza in commento- analizzando l'art. 138 cod. ass., poiché tale norma ancora la personalizzazione del danno morale alle ripercussioni negative di specifici aspetti dinamico-relazionali personali.

Significativamente gli Ermellini affermano che “se è lecito ipotizzare, come talvolta si è scritto, che la categoria del danno esistenziale risulti indefinita e atipica, ciò appare la probabile conseguenza dell'essere la stessa dimensione della sofferenza umana, a sua volta, indefinita e atipica”.

Condivisibili le conclusioni cui è pervenuta la Corte con questa importante pronunzia, che reitera, qualora fosse ancora necessario, la legittimità dello sdoppiamento del danno morale: quella di tipo relazionale e quella di natura interiore.

Milano, 9 luglio 2015 - Avv. Emanuela Foligno - studiolegale.foligno@virgilio.it


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