Data: 21/07/2015 11:50:00 - Autore: Marina Crisafi

di Marina Crisafi – Era prevedibile e scontato che prima o poi il Belpaese avrebbe “pagato” un conto salato per il “ritardo” tutto italiano nella regolarizzazione delle unioni civili omosessuali. E alla fine, la sanzione è diventata realtà: la Corte Europea dei diritti umani ha condannato l'Italia per la violazione dei diritti di tre coppie gay data la mancanza di un riconoscimento legale delle loro unioni.

A fare ricorso ai giudici di Strasburgo, come riportato dal Fatto Quotidiano, dopo aver visto respinte le proprie istanze dalle corti italiane, sono stati sei partner maschili (nati tra il 1959 e il 1976), guidati dall'associazione Gaylab, che si dolevano dell'impossibilità di vedere riconosciuta la loro unione nella propria patria, visto che la legislazione italiana non disciplina in alcun modo il matrimonio omosessuale, né tanto meno le unioni civili.

E la Cedu ha accolto all'unanimità le loro doglianze.

Per la Corte, infatti, l'Italia si è resa responsabile della violazione dell'art. 8 della Convenzione Europea dei diritti umani che sancisce il diritto al rispetto per la vita familiare e privata.

Per Strasburgo, la tutela legale italiana per le unioni gay “non solo fallisce nel provvedere ai bisogni chiave di una coppia impegnata in una relazione stabile, ma non è nemmeno sufficientemente affidabile”.

E in Italia, in effetti, non esiste ancora una legge sulle unioni civili (né etero e né omo), visto che la proposta di legge per la loro introduzione (il ddl Cirinnà) è da tempo (e tra le polemiche) all'esame del Parlamento.

Proprio qualche giorno fa, il premier annunciando l'impegno con gli italiani per la riduzione delle tasse ha “promesso” che le unioni civili si faranno entro l'anno (leggi “L'annuncio del premier: Dal 2016 niente più tasse sulla prima casa”).

Una promessa che, a questo punto, non può che essere mantenuta!


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