Data: 27/07/2015 10:00:00 - Autore: Avv. Gabriele Mercanti

Avv. Gabriele Mercanti - Ancora una volta il contribuente italiano è dovuto giungere sino alle aule del Palazzaccio per vedere affermata un'ovvietà che tale – evidentemente – non era per l'erario: se l'erede ha accettato l'eredità con beneficio d'inventario la conseguente limitazione di responsabilità vale anche per i debiti fiscali.

Com'è noto la legge prevede che l'eredità possa essere dal chiamato accettata o puramente e semplicemente ovvero con beneficio d'inventario.

La differenza essenziale tra le due modalità risiede nell'estensione della responsabilità dell'erede per i debiti ereditari: nella prima l'erede risponde con tutto il patrimonio (composto, quindi, sia da quanto ereditariamente pervenutogli sia dai restanti suoi beni); nella seconda ne risponde in misura limitata e cioè entro il valore dei beni ereditari pervenuti.

Ove il chiamato all'eredità intenda avvalersi della suddetta limitazione di responsabilità deve effettuare non solo un'apposita dichiarazione formale, non essendo possibile in tale contesto un'accettazione tacita, ma anche far redigere dal cancelliere del Tribunale o da un notaio un inventario dei beni ereditari al fine di far accertare in modo imparziale e veritiero la consistenza materiale e patrimoniale dell'asse ereditario entro la quale opererà la responsabilità per i relativi debiti.

Infine, l'erede – sotto il controllo del Tribunale – procederà alla liquidazione dell'attivo ereditario e con il conseguente ricavato procederà al pagamento delle passività.

Nonostante l'art. 490 c.c. sia chiarissimo sul punto, affermando che “l'effetto del beneficio d'inventario consiste nel tener distinto il patrimonio del defunto da quello dell'erede”, si instaurava fra fisco e contribuente un contenzioso nel quale il primo asseriva la legittimità di una pretesa tributaria (nello specifico imposta successoria, imposta catastale ed INVIM) fondata su un valore dell'asse determinato a prescindere dalla conclusione del procedimento formativo dell'inventario ed il secondo si opponeva asserendo che la mancanza di conclusione delle operazioni non consentisse di stabilire entro quale limite l'erede stesso potesse essere chiamato a rispondere.

E' altrettanto interessante notare che sia in sede provinciale (cfr. CTP Chieti n. 191/04/2009) sia in sede regionale (cfr. CTR dell'Aquila – sezione distaccata di Pescara n. 875/2011) il contribuente risultava soccombente.

Il giusto equilibrio viene ripristinato dall'ordinanza della Sesta Sezione Civile (Sottosezione Tributaria) della Corte di Cassazione n. 14847 depositata in data 15 luglio 2015.

Due i principi basilari affermati dagli Ermellini nell'accogliere il ricorso del contribuente.

Il primo è di carattere sostanziale: “La limitazione della responsabilità dell'erede per i debiti ereditari, derivante dall'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, è opponibile a qualsiasi creditore, ivi compreso l'erario”.

Il secondo è di carattere procedurale: “Pur potendo l'erario procedere alla notifica dell'avviso di liquidazione nei confronti dell'erede (anche nel caso in cui questi abbia rilasciato i beni ereditari in favore dei creditori), non può liquidare od esigere nei confronti dell'erede l'imposta ipotecaria, catastale o di successione sino a quando non si sia chiusa la procedura di liquidazione dei debiti ereditari, e sempre che sussista un residuo attivo in favore dell'erede”.

Avv. Gabriele Mercanti - Foro di Brescia - avv.gabrielemercanti@gmail.com www.avvocatogabrielemercanti.it


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