Data: 27/08/2015 16:00:00 - Autore: Marina Crisafi

di Marina Crisafi – Se le tasse sono aumentate e continuano a farlo in modo esponenziale, la colpa è da attribuire alla crescita della spesa pubblica. Ad affermarlo è uno studio della Cgia di Mestre secondo il quale tra il 2000 e il 2014 a fronte di entrate tributarie pari al 38,6%, le uscite (per la spesa pubblica al netto degli interessi sul debito) sono state del 46,5%, mentre il Pil nello stesso periodo si è attestato appena al 30,4%.

In sostanza, a detta della Cgia, le tasse “hanno inseguito le uscite” con l'ovvio risultato che il carico fiscale sui cittadini e sulle imprese “è aumentato a dismisura” proprio per sopperire agli aumenti di spesa e non far saltare i conti pubblici.

Ciò non significa però che si è “speso” bene, perché le maggiori uscite non hanno certo risolto i problemi o ridotto le disparità esistenti tra i cittadini in difficoltà e i ceti sociali più abbienti.

Ed anzi, se si va a guardare nel dettaglio, osserva ancora l'associazione degli artigiani, non possiamo certo definirci un Paese di “spendaccioni”, perché come emerge dagli ultimi dati disponibili (risalenti al 2013), la spesa pubblica italiana (50,8% del Pil) ha solo 1,4 punti percentuali in più rispetto alla media dell'Eurozona.

Inoltre, se dai costi totali si detraggono la spesa pensionistica (pari al 16,7% del Pil) e quella per gli interessi sul debito pubblico (pari al 4,9% del Pil), le uscite diminuiscono al 29,2% del prodotto interno lordo, ponendosi al di sotto della media europea che è pari al 33,8%.

In sostanza, quindi, si è speso molto e “male”, e ad oggi si scontano, spiega la Cgia, sia le conseguenze negative delle “generose” elargizioni del passato per la spesa pensionistica, sia l'aumento del debito pubblico, che a dispetto dell'austerity ha continuato a crescere.

Dunque, per poter tagliare le tasse, soprattutto sulla prima casa come annunciato più volte dal Governo, non basta ridurre la spesa pubblica. Al fine di recuperare le necessarie risorse, ha concluso Paolo Zabeo della Cgia, bisogna proprio “invertire di 180 gradi le politiche di bilancio adottate in questi ultimi 15 anni".


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