Data: 31/08/2015 17:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli
di Valeria Zeppilli - L'articolo 14 del Codice deontologico forense stabilisce, con l'intento esplicito di assicurare la qualità delle prestazioni professionali, l'obbligo per l'avvocato di non accettare incarichi che non sia in grado di svolgere adeguatamente.

Si tratta di una disposizione che trova riscontro anche nell'articolo 26 del medesimo codice che, nel disciplinare l'adempimento del mandato, si apre con la statuizione in base alla quale l'accettazione di un incarico professionale da parte dell'avvocato presuppone la competenza a svolgerlo.

Ma cosa vuol dire più precisamente dovere di competenza?

Per tentare di dare una risposta è possibile fare riferimento alla giurisprudenza del CNF, le cui molteplici decisioni in materia sono utili a comprendere l'esatta portata della norma deontologica e le concrete finalità che la ispirano.

Per il Consiglio, infatti, se “l'avvocato che svolge il mandato con incuria e mancanza di attenzione viola il principio fondamentale della deontologia forense, intesa come “scienza del dovere” ovvero come “etica professionale”, il riferimento alla “adeguata competenza” contenuto nell'art. 12 (ora 14) del c.d.f. consente una valutazione della capacità sostanziale usata dal professionista nei confronti del cliente” (decisione n. 43/2010).

Ad esempio, secondo il CFN, viola il dovere di competenza, oltre che quelli di diligenza e correttezza, il legale che svolga in maniera negligente il mandato conferitogli, ponga in essere attività difensive inadeguate, informi falsamente il cliente circa lo stato della causa, ometta di fatturare i compensi e ne richieda di eccessivi (decisione n. 67/2004).

L'obbligo di cui all'articolo 14 del codice deontologico, in conclusione, è posto a tutela della collettività, e non del prestigio della professione, e garantisce il concorso degli avvocati al corretto svolgimento della funzione giurisdizionale (decisione n. 231/2013).


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