Data: 16/11/2022 08:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli

Cos'è l'anatocismo bancario

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L'anatocismo bancario, "sottospecie" dell'anatocismo generale previsto e disciplinato dal Codice civile all'art. 1283, è uno dei principali oggetto di contenzioso proprio tra le banche e i loro clienti. Esso si sostanzia nella pratica secondo cui gli interessi che maturano sulla somma capitale vengono sommati a questa e sul risultato vengono calcolati ulteriori interessi. Il termine tecnico corretto per indicare il risultato di questo pratica è "interessi composti".
L'anatocismo bancario viene applicato ai contratti bancari come i mutui e i conti correnti perché ai sensi dell'art. 1282 c.c. i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto a meno che la legge o il titolo stabiliscano diversamente.
La pratica dell'anatocismo in ambito bancario è da ricollegare però soprattutto al conteggio trimestrale degli interessi nei contratti di scoperto di conto corrente. Trattasi molto semplicemente dei fidi che le banche concedono alle imprese le quali, nel momento in cui non riescono a restituire la somma concessa nei termini, iniziano a maturare interessi passivi che si sommano alla somma capitale, importo sul quale poi vengono calcolati appunto altri interessi.
Tale pratica, consentita per lungo tempo, è oggi vietata. Un ruolo importante per arrivare a questo divieto lo ha giocato la Corte di Cassazione, ma vediamo prima come è regolato il fenomeno dell'anatocismo nel nostro codice civile.

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L'articolo 1283 del codice civile

Nel nostro ordinamento, l'anatocismo è espressamente disciplinato dall'articolo 1283 del codice civile, in base al quale gli interessi scaduti, in mancanza di usi contrari, possono produrre interessi solo dalla data in cui è stata proposta la domanda giudiziale o per effetto di una convenzione posteriore alla loro scadenza, sempre purché essi siano dovuti per almeno sei mesi.

Da tale principio consegue che il giudice può eventualmente condannare al pagamento di interessi su interessi solo se alla data principale gli interessi principali erano già scaduti e vi è un'apposita domanda del creditore o sia stata stipulata una convenzione posteriore alla scadenza degli interessi (cfr. Cass. n. 4830/2004 e Cass. n. 7696/2006).

Occorre chiarire che gli usi contrari cui fa riferimento la predetta disposizione sono solo quelli formatisi anteriormente all'entrata in vigore del codice civile, dato che il carattere imperativo della norma non avrebbe potuto permettere la formazione di essi in epoca posteriore (cfr. Cass. n. 2593/2003).

Occorre chiarire, inoltre, che essi sono solo quelli normativi e non quelli negoziali (cfr., in proposito, Cass. n. 12507/1999, la quale ha dichiarato nulla la clausola di un contratto bancario che preveda la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, "in quanto si basa su un uso negoziale (ex art. 1340 c.c.) e non su un uso normativo (ex artt.1 ed 8 delle preleggi al c.c.), come esige l'art. 1283 c.c., laddove prevede che l'anatocismo (salve le ipotesi della domanda giudiziale e della convenzione successiva alla scadenza degli interessi) non possa ammettersi in mancanza di usi contrari").

Art. 1283 del codice civile
"In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi".

La Cassazione sull'anatocismo bancario

La giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia di anatocismo bancario rileva principalmente per le pronunce emesse in relazione alla pratica in base alla quale le banche applicavano la capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi di conto corrente passivi dei clienti, con le quali essa è stata sostanzialmente reputata in contrasto con l'articolo 1283 c.c.

Infatti, "la capitalizzazione trimestrale degli interessi da parte della banca sui saldi di conto corrente passivi per il cliente non costituisce un uso normativo, ma un uso negoziale, essendo stata tale diversa periodicità della capitalizzazione (più breve rispetto a quella annuale applicata a favore del cliente sui saldi di conto corrente per lui attivi alla fine di ciascun anno solare) adottata per la prima volta in via generale su iniziativa dell'ABI nel 1952 e non essendo connotata la reiterazione del comportamento dalla opinio iuris ac necessitatis" (Cass. n. 3096/1999).

Oltretutto "la legittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito del correntista va esclusa anche con riguardo al periodo anteriore alle decisioni con cui la S.C. […] ha accertato l'inesistenza di un uso normativo idoneo a derogare al precetto dell'art. 1283 c.c. in quanto difettano i presupposti per riconoscere, anche con riguardo a detto periodo (e nonostante l'opposto orientamento espresso dalle pronunce dell'epoca), la convinzione dei clienti circa la doverosità giuridica di tale prassi" (Cass. n. 21095/2004).

La Corte di cassazione ha addirittura esteso all'infinito il divieto di anatocismo tramite capitalizzazione trimestrale degli interessi, arrivando a negare anche la possibilità di capitalizzazione annuale, considerando del tutto arbitrario considerare che, nel negare l'esistenza di usi normativi di capitalizzazione trimestrale, la giurisprudenza avrebbe riconosciuto la presenza di usi normativi di capitalizzazione annuale che, oltre a difettare di normatività, non si rinvengono nella realtà storica (Cass. n. 9127/2015).

La legge di stabilità 2014 e l'art. 120 TUB

Tornando alla disciplina di legge in materia di anatocismo bancario, di particolare importanza è la modifica apportata dalla legge di stabilità per il 2014 all'articolo 120 del T.U.B.

Secondo la formulazione di tale articolo antecedente la riforma, con riferimento alle operazioni di conto corrente, la banca era tenuta ad assicurare a tutta la clientela un'uguale capitalizzazione di interessi attivi e passivi.

A seguito della legge n. 147/2013, il Comitato interministeriale credito e risparmio viene chiamato a stabilire modalità e criteri con cui gli interessi si producono nelle operazioni bancarie.

Le condizioni imposte a tal fine sono che alla clientela deve continuare ad essere assicurata la parità di conteggio, che gli interessi periodicamente capitalizzati non possono produrre altri interessi e che, nelle operazioni contabili successive, gli interessi sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale.

In sostanza viene abolito l'anatocismo bancario.

Il Dl n. 18/2016 e la delibera CICR 343/2016

Qualcosa di ufficiale si è iniziato a smuovere con il decreto legge n. 18/2016, che è intervenuto sull'art. 120 TUB, sancendo il divieto di capitalizzazione degli interessi in relazione ai soli interessi debitori, esclusi quelli di mora, precisando inoltre che gli interessi vanno calcolati solo sul capitale.

Previste inoltre due regole specifiche relative agli interessi delle aperture di credito in conto corrente, in conto pagamento e in relazione agli sconfinamenti senza affidamento oltre il limite del fido accordato:

  • conteggio degli interessi al 31 dicembre con esigibilità al 31 marzo dell'anno seguente a quello di maturazione con la previsione che, se il rapporto si chiude prima e in maniera definitiva allora gli interessi sono immediatamente esigibili;
  • possibilità di addebitare sul conto corrente, previa autorizzazione, gli interessi esigibili sulla quota capitale, con possibilità di revocare l'autorizzazione prima dell'addebito.

Alla fine del 2015 la Banca d'Italia ha poi predisposto uno schema di delibera, condiviso con il Mef, e lo ha sottoposto a consultazione pubblica fino al 23 ottobre di quell'anno (leggi: Anatocismo addio: pronta la delibera del Cicr).

Per l'approvazione definitiva della delibera da parte del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio si è dovuto però attendere il 3 agosto 2016, quando finalmente è stata sostituita la delibera del 9 febbraio 2000 e il nuovo secondo comma dell'articolo 120 del Testo Unico Bancario ha trovato applicazione.

L'attuazione di tale norma è avvenuta con d.m. n. 343/2016 del Ministro dell'Economia (in qualità di presidente del CICR), che ha stabilito, innanzitutto, che gli interessi debitori maturati nelle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito non possono produrre interessi, salvo quelli di mora.

Si è precisato, poi, che gli interessi debitori e quelli creditori hanno la stessa periodicità almeno annuale e che vanno conteggiati entro il 31 dicembre.

Gli interessi debitori poi, con riferimento alle aperture di credito regolate in conto corrente o in conto di pagamento e agli sconfinamenti di fido, sono contabilizzati separatamente dal capitale.

Il d.m. ha inoltre ribadito che, come previsto dalla legge, gli interessi debitori per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento divengono esigibili a partire dal 1° marzo dell'anno successivo a quello in cui sono maturati.

Si precisa poi che, in ogni caso, è necessario assicurare al cliente un periodo pari ad almeno trenta giorni da quando abbia avuto effettiva conoscenza dell'ammontare degli interessi stessi, prima che gli stessi divengano effettivamente esigibili e, confermando le previsioni del T.U.B., che il cliente e la banca, per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento, possono pattuire che gli interessi siano pagati con addebito in conto a valere sul fido: in tal modo si producono interessi su quanto utilizzato al fine di estinguere il debito da interessi.

Le nuove disposizioni hanno preso ufficialmente il via a partire dal 1° ottobre 2016, ma, mediante una modifica unilaterale da parte delle banche, è sin da quel momento stato possibile estenderne la validità ai contratti in corso, previa autorizzazione del cliente all'addebito in conto degli interessi corrispettivi divenuti esigibili, sempre revocabile (Leggi Anatocismo: da oggi al via le nuove regole).

I rimedi contro l'anatocismo bancario

La Cassazione, anche dopo questi importanti interventi, è tornata a manifestare la sua contrarietà alla pratica dell'anatocismo con la sentenza n. 24293/2017 affermando che gli usi bancari che prevedono l'anatocismo non hanno alcun valore normativo, per cui, a meno che non intervenga un accordo tra le parti, gli interessi non possono produrre altri interessi se non dalla data della domanda giudiziale.

In ogni caso, laddove un cliente si veda indebitamente sottoposto a un tale tipo di pratica, egli può percorrere diverse strade onde veder tutelati i propri interessi ed ottenere il risarcimento del danno subito.

Oltre alla normale strada del contenzioso civile, il correntista ha a disposizione lo strumento della mediazione, che può essere avviata rivolgendosi ad un organismo accreditato dal Ministero della Giustizia.

Un'altra strada possibile da percorrere è quella di rivolgersi all'Arbitro Bancario Finanziario.

Occorre precisare che in materia di contratti bancari il tentativo di risoluzione stragiudiziale delle controversie è condizione di procedibilità della domanda giudiziale e che spesso, negli ultimi anni, ha portato ad esiti positivi, soprattutto in ragione della riservatezza che è in grado di garantire alle banche.

A tale organo si è recentemente aggiunto anche l'Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF), istituito presso la Consob il 3 giugno 2016 e operativo a partire dal 9 gennaio 2017.


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