Data: 14/09/2015 08:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Nella liquidazione del compenso al professionista, l'applicazione delle tariffe professionali vale solo nell'ambito dei rapporti tra professionista e privato e non anche nei rapporti tra professionista e pubblica amministrazione o autorità giudiziaria.

Lo ribadisce la seconda sezione civile della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 17878/2015 (qui sotto allegata), sul ricorso presentato da un dottore commercialista che nel procedimento innanzi alla Procura della Repubblica era stato nominato custode e amministratore di beni sequestrati.
Gli imputati dei reati previsti nel procedimento summenzionato, ricorrono in prima battuta al Tribunale competente, lamentando l'esosità della somma liquidata al professionista: accolta l'opposizione, il giudice di merito ridetermina e riduce il compenso dovuto al commercialista.

Osserva il Tribunale che erroneamente il P.M., nel liquidare il compenso, aveva fatto riferimento alla tariffa professionale dei dottori commercialisti non tenendo conto del principio, affermato dalla Suprema Corte, secondo cui tale tariffe sono applicabili solo nei rapporti tra privato e professionista e non anche in quelli tra professionista e P.A.o Autorità giudiziaria.
Gli Ermellini, condividono le conclusioni del Tribunale che, dopo aver richiamato il principio circa l'applicazione delle tariffe professionali, ha correttamente rilevato che i ricorrenti non avevano lamentato l'applicazione della tariffa professionale, cosicché doveva lasciarsi ferma l'applicazione della stessa.
Dal provvedimento impugnato risulta che il Tribunale di Palermo ha fatto applicazione della tariffa prevista per i dottori commercialisti dal D.P.R. 645/1994 ed ha ampiamente motivato sulle ragioni che lo hanno indotto, in ragione dell'entità dell'incarico espletato, a quantificare le singole voci dei compensi nella misura di quanto liquidato.
La Corte rigetta il ricorso.

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