Data: 17/09/2015 08:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18079/15 (depositata il 15 settembre e qui sotto allegata) affrontano il tema del ricorso alla Suprema Corte avverso le pronunce del Consiglio di Stato, fornendo idonei chiarimenti sui cd. "motivi inerenti alla giurisdizione" richiamati dal codice del processo amministrativo all'art. 110 (che recita testualmente "Il ricorso per cassazione è ammesso contro le sentenze del Consiglio di Stato per i soli motivi inerenti alla giurisdizione").
Il caso sottoposto al vaglio delle Sezioni Unite riguarda la vicenda di un aspirante avvocato, che vedeva accogliersi dal TAR di Lecce il ricorso teso all'annullamento delle valutazioni negative espresse dalla commissione costituita presso la Corte d'Appello di Salerno sulle prove sostenute da costui all'esame di abilitazione all'esercizio della professione forense svoltosi nel 2011.
Reagisce a questa decisione il Ministero della Giustizia appellandosi al Consiglio di Stato che, nell'accogliere il ricorso, annulla la sentenza del TAR che aveva giudicato immotivati e irragionevoli i giudizi espressi dalla commissione esaminatrice.
Il dottore in giurisprudenza chiede dunque l'intervento delle Sezioni Unite, lamentando il "Rifiuto della giurisdizione amministrativa da parte del Consiglio di stato e/o omissione di giurisdizione amministrativa su un punto decisivo della controversia in relazione al vizio di eccesso di potere per superamento dei limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo nel merito e alla legittimità del sindacato amministrativo da parte del TAR di Lecce sulle valutazioni tecniche della commissione d'esame".
Per gli Ermellini le doglianze sono inammissibili.
Precisano i giudici del Palazzaccio che il ricorso per Cassazione contro una sentenza del Consiglio di Stato è consentito entro i limiti fissati dalla Costituzione e dai codici di procedura civile e del processo amministrativo (artt. 111 Cost., comma 8, 362 c.p.c., 110 c.p.a.).
Più volte i giudici di legittimità sono tornati sul concetto di "motivi attinenti alla giurisdizione", secondo la terminologia utilizzata dalle fonti normative summenzionate.
Generalmente, una decisione del Consiglio di Stato si può impugnare se ha violato i confini che distinguono le funzioni dello Stato (legislativa, amministrativa, giurisdizionale) oppure, all'interno della funzione giurisdizionale, i confini che distinguono tra giudice ordinario, giudice amministrativo ed altri giudici speciali.
Sul piano sistematico, invece, il motivo attinente alla giurisdizione riguarda la violazione delle norme di diritto che disciplinano i "limiti esterni" della giurisdizione.
A ciò si aggiungono le violazioni dei confini, non tra la giurisdizione ed altre funzioni dello Stato, bensì tra le varie sfere interne alla giurisdizione.
Infine, si è ancora nell'area dei motivi inerenti alla giurisdizione, quando il Consiglio di Stato travalica limiti che derivano dalla "articolazione" della giurisdizione amministrativa in giurisdizione generale di legittimità, esclusiva e di merito
La giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo riguarda le controversie in cui si discute di interessi legittimi, ed è qualificata come generale in quanto attribuita in via generale al sistema giudiziario TAR-Consiglio di Stato, sicché la competenza attribuita ad altri giudici amministrativi (Corte dei conti, Tribunale superiore delle acque pubbliche) va considerata speciale e dunque derogatoria rispetto alla prima.
Le restanti due hanno carattere speciale ed aggiuntivo: speciale, perché si riferiscono esclusivamente a fattispecie tassativamente individuate dal legislatore; aggiuntivo, in quanto l'ambito di cognizione ed i relativi poteri decisori vanno a cumularsi e a integrare quelli caratteristici della competenza generale di legittimità.
La giurisdizione esclusiva consente di conoscere "anche le controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi", mentre la giurisdizione di merito è quella in cui "il giudice amministrativo può sostituirsi all'amministrazione".
Le due giurisdizioni speciali possono cumularsi in relazione alla singola fattispecie, dando luogo alla competenza esclusiva di merito
Rimangono, invece, fuori dal perimetro dei motivi inerenti alla giurisdizione tutte le situazioni in cui si denunzi un cattivo esercizio da parte del Consiglio di Stato della propria giurisdizione, quando cioè si prospetti una violazione nell'interpretazione di norme di legge, o falsa applicazione delle stesse, posta in essere dal Consiglio di Stato all'interno dell'area riservata alla sua giurisdizione.
In questo caso il vizio, attenendo all'esplicazione interna del potere giurisdizionale conferito dalla legge al giudice amministrativo, non può essere oggetto di ricorso per Cassazione (Cass., sez. Unite. n. 2403/14).
Nel caso di specie, il sindacato del giudice sulle valutazioni delle commissioni di esame richiede delicatezza poiché è necessario rispettare le rispettive competenze tra amministrazione e giurisdizione senza travalicarne i limiti.
La commissione d'esame deve formulare un giudizio non discrezionale, ma tecnico, applicando criteri predefiniti previsti dalla legge e preventivamente precisati dalla commissione stessa.
Peraltro, l'applicazione di detti criteri comporta uno spazio di valutazione, che varia a seconda del tipo di disciplina e nelle materie umanistiche è di massima più ampio
Consapevole di queste complessità, la giurisprudenza ha precisato che il giudice non può sostituire il giudizio della commissione con un proprio diverso giudizio, entrando nel merito delle valutazioni. Il giudice può ritenere il provvedimento che esprime il giudizio illegittimo solo quando sia affetto da vizi di estrema gravità: "illogicità manifesta" o "travisamento del fatto".
Il motivo di ricorso è inammissibile perché scambia per "rifiuto od omissione" di giurisdizione quello che invece è stato, con tutta evidenza, un esercizio della giurisdizione, sebbene in modo non conforme alle aspettative del ricorrente e si colloca al di fuori dell'ambito entro il quale una decisione del Consiglio di Stato può essere oggetto di ricorso per cassazione.

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