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Data: 20/09/2015 09:30:00 - Autore: Valeria Zeppilli di Valeria Zeppilli – La sentenza n. 38085/2015 della Corte di Cassazione, depositata il 15 settembre (qui sotto allegata) è intervenuta a chiarire un'importante questione in materia di stalking e misure cautelari. In particolare con tale pronuncia i giudici hanno stabilito che se il presunto stalker incontra occasionalmente la vittima delle sue “persecuzioni”, anche se l'apposito dispositivo dell'autorità giudiziaria non individui precisamente i luoghi ai quali non deve avvicinarsi, egli è comunque tenuto a ristabilire la distanza minima prevista. Ciò che deve essere necessariamente tutelato, infatti, è lo svolgimento da parte della persona offesa di una vita sociale sicura. Nel caso di specie, il ricorrente, condannato per maltrattamenti in danno della moglie e della figlia e per tentato omicidio, era stato anche assoggettato alla misura cautelare di divieto di avvicinamento all'ex moglie per atti persecutori, a seguito della denuncia della donna. Analizzando le doglianze dell'indagato relative all'eccessiva gravosità e indeterminatezza della misura per la mancata specificazione dei luoghi cui si riferisce il divieto di avvicinamento, i giudici hanno ritenuto fondamentale che la persona offesa non subisca limitazioni di carattere spaziale alla propria libertà di circolazione e di relazione, con la conseguenza che la misura cautelare applicata in capo al ricorrente è stata giustamente plasmata su tale esigenza e non doveva essere rigidamente predeterminata. Del resto, la misura applicata al ricorrente ex articolo 282-ter c.p.c. comprende sia il divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dall'ex moglie, per i quali potrebbe astrattamente porsi il problema di individuazione, che, tuttavia, anche l'obbligo di mantenere una distanza dalla donna di almeno 200 metri, a prescindere dalla determinazione dei luoghi ai quali l'indagato non deve avvicinarsi, ovunque si trovi la vittima. Il ricorso dell'uomo va quindi respinto.
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