Data: 25/09/2015 20:10:00 - Autore: Abg. Francesca Servadei

Abogado Francesca Servadei - Il reato di truffa sentimentale è una fattispecie astrattamente concepibile ma difficilmente ravvisabile in concreto. Così si è espresso il Tribunale di Milano (sezione III) nella sentenza del 14 luglio 2015, decidendo per la mancata sussistenza del reato de quo, in una vicenda in cui un uomo si era fatto prestare del denaro dalla compagna, promettendole in cambio una vita assieme e la restituzione di quanto dalla stessa prestatogli. I reati ipotizzati nel caso di specie sono due: truffa ed appropriazione indebita, ex artt. 81, co. 2, 640, 646 Codice Penale, aggravati ai sensi dell'articolo 61, n. 7, c.p.

Il Tribunale sostiene che, affinché si configuri la fattispecie di cui all'articolo 640 del Codice Penale è necessaria una condotta fraudolenta finalizzata ad indurre in errore la vittima, nel caso concreto la donna, circa le proprie intenzioni di realizzare un focolare familiare nonché su quelle lavorative future, in modo da convincerla a farsi dare del denaro con l'iniziale e perdurante obiettivo non solo di ingannarla, ma anche di non restituirle la somma.

La vicenda deve essere contestualizzata nel tema della truffa sentimentale, termine con il quale il giudice meneghino si riferisce a tutti quei casi in cui un partner inganni l'altro sulla veridicità dei propri sentimenti al solo scopo di ottenere un vantaggio patrimoniale con l'altrui danno. Una volta ritenuta ipotizzabile la truffa sentimentale, il tribunale ha individuato quindi tre importanti da valutare al fine di poter considerare la condotta penalmente rilevante: 1) portata fraudolenta della condotta; 2) dolo iniziale; 3) rapporto causale-consequenziale tra errore ed atto di disposizione patrimoniale.

Per quanto riguarda la portata fraudolenta della condotta, essa si riferisce alla concreta esistenza di artifici e raggiri, considerando che la nuda menzogna, ossia il mentire circa la veridicità dei propri sentimenti non integra la fattispecie di cui all'articolo 640 del Codice Penale.

Quanto invece al dolo iniziale, esso, di difficile dimostrazione probatoria, si concretizza ogni qual volta l'agente ha voluto, fin dall'inizio della relazione, ingannare la vittima ottenendo dalla stessa una prestazione patrimoniale.

Quanto, infine, al rapporto causale-consequenziale tra errore ed atto di disposizione patrimoniale, non sussiste il reato di cui all'articolo 640 del Codice Penale se l'errore non è stato concretamente la causa dell'atto dispositivo e ove non si dimostri che, in mancanza di questo, quell'atto non sarebbe stato posto in essere.

Alla luce di queste tre importanti componenti il Tribunale di Milano ha statuito, nel caso de quo, che non essendo generalmente possibile conoscere tutte le componenti di una relazione di coppia, cioè non essendo possibile conoscere tutte le dinamiche che intercorrono in una relazione sentimentale, è necessario ritenere normalmente impossibile provare che non sussistono altre cause di per sé sufficienti a giustificare l'atto dispositivo, che nella fattispecie in esame si concretizza nell'essersi fatto prestare del denaro.

In virtù di quanto esposto ha escluso la sussistenza della truffa sentimentale. Per quanto riguarda, invece, il reato di appropriazione indebita, ex art. 646 del Codice Penale, anche in tal contesto il giudice non ha ravvisato estremi di responsabilità penale, osservando che la mancata restituzione del prestito è penalmente irrilevante, in quanto difetta dell'altruità della cosa oggetto della condotta, spostando la questione su un piano civilistico relativamente ad una violazione contrattuale. Infatti, le parti, imputato e persona offesa, avendo pattuito la restituzione della cosa, hanno giuridicamente inquadrato la condotta nel "contratto di mutuo", in virtù del quale l'imputato, mutuatario, ne acquista la proprietà ai sensi dell'articolo 1814 del Codice Civile, essendone vincolato alla restituzione. Ne deriva che quanto consegnato a titolo di mutuo (e richiesto dalla persona offesa mediante lettere raccomandate) non è inquadrabile nella fattispecie dell'appropriazione indebita alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale in virtù del quale è altrui la cosa che è in proprietà degli altri secondo le norme del diritto civile. Ma anche volendo analizzare l'altro approccio giurisprudenziale, secondo il quale la nozione di altruità sarebbe riconducibile ai sensi dellart. 646 c.p. nel caso in cui su di essa vi sia un vincolo attuale di destinazione ad uno scopo cui altri ha interesse, in ogni caso tale vincolo nel caso in esame non è stato ravvisato dal tribunale.

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