Data: 23/09/2015 12:00:00 - Autore: Marina Crisafi

di Marina Crisafi - Non è sufficiente la valutazione tabellare per risarcire della perdita della qualità della vita il giovane rimasto invalido a seguito di un incidente. Occorre una liquidazione ad personam. A stabilirlo è la Cassazione, con la sentenza n. 18611/2015, depositata ieri (qui sotto allegata), accogliendo il ricorso di un ragazzo, rimasto invalido dopo essere stato travolto e schiacciato da un veicolo industriale nel piazzale di una fiera, avverso la liquidazione del danno effettuata dalla decisione della Corte d'Appello di Trieste.

Per la S.C. il ragazzo ha ragione, mentre la sentenza della corte triestina perviene ad una liquidazione incongrua e iniqua del danno non patrimoniale nelle sue componenti esistenziali rilevanti e morali di sofferenza e dolore, con una motivazione errata in punto di diritto e illogica in punto di coerenza motivazionale.

Nella vicenda, si tratta di giudicare una fattispecie in cui la perdita della salute incide non soltanto sull'invalidità e inabilità della persona ma altresì sugli aspetti dinamico-relazionali. Per cui, discostandosi dalla sentenza n. 15350/2015 delle Sezioni Unite Civili, il collegio ha precisato che non può negarsi il danno esistenziale, né può operarsi una valutazione tabellare, appesantendo il punto di base senza procedere alla considerazione della perdita delle qualità della vita del macroleso, che “vive solo attingendo alla solidarietà dei suoi cari, degli amici, dei volontari, che certamente possono dare un aiuto alla sopravvivenza, ma non già a rimuovere la perdita di quelle qualità personali e di partecipazione che sono chiaramente descritte nell'art. 3 della Costituzione”.

Non si tratta dunque di una duplicazione di voci di danno, ha proseguito la S.C., “ma della negazione del diritto del macroleso a ricevere un equo ristoro per il risarcimento della perdita della sua dignità di persona e di diritto alla vita attiva”.

E ancora hanno ribadito i giudici di piazza Cavour, bacchettando la corte territoriale, “i dicta delle S.U. del 2008 appaiono trascurati e negletti, in considerazione della circostanziata descrizione delle drammatiche condizioni di vita del grande invalido, che potrà avere un grande cuore ed un grande coraggio di sopravvivenza ma che vive solo se costantemente assistito, curato, medicato, operato e dunque tutte queste componenti fisiche, psichiche e spirituali del dolore umano, meritano una migliore attenzione rispetto al calcolo tabellare dove la personalizzazione è pro quota, mentre deve essere ad personam”.

Né, infine, per la S.C., può negarsi il danno patrimoniale futuro al giovane che era integro e nel pieno delle forze fisiche e psichiche prima del sinistro soltanto perché all'epoca era disoccupato (e stava studiando peraltro per il brevetto di pilota), in quanto si viola così il principio del risarcimento integrale del danno patrimoniale del macroleso.

Per cui in definitiva, ricorso accolto e sentenza cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Milano.


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