Data: 24/09/2015 09:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - In una doverosa visione evolutiva del rapporto coniugale, il giudice, per pronunciare la separazione, deve verificare, in base ai fatti emersi, ivi compreso il comportamento processuale delle parti, con particolare riferimento alle risultanze del tentativo di conciliazione, l'esistenza, anche in un solo coniuge, di una condizione di disaffezione al matrimonio tale da rendere incompatibile, allo stato la convivenza. 

Ove tale situazione di intollerabilità si verifichi, anche rispetto ad un solo coniuge, deve ritenersi che questi abbia diritto a chiedere la separazione: con la conseguenza che la relativa domanda costituisce esercizio di un suo diritto. 

Lo ha ribadito il Tribunale di Milano, nona sezione civile (sentenza 6 marzo 2015, estensore Buffone, qui sotto allegata). 
La Corte meneghina si è pronunciata sul ricorso proposto da una donna per ottenere la separazione giudiziale dal marito con contestuale addebito al coniuge per aver costui abbandonato ingiustificatamente il tetto coniugale. La donna richiedeva altresì l'affido esclusivo dei figli, l'assegnazione della casa coniugale oltre che un contributo al mantenimento. 
Nel corso del procedimento, il marito rimaneva contumace, nonostante la regolarità della notificazione. Per i giudici è acclarata l'intollerabilità della convivenza, senza necessità di espletare una specifica istruttoria. 

Per i giudici, nel caso di specie, già il ricorso della moglie e il contegno processuale assunto dal marito, rimasto contumace, hanno reso evidente che le parti non hanno più intenzione di considerarsi marito e moglie, per effetto di un rapporto di coniugio disgregato dai fatti intervenuti nel tempo.  
Va, dunque, pronunciata la separazione personale come richiesta dalla ricorrente, in conformità al parere del Pubblico Ministero. 

Circa la pronuncia di addebito, come noto, questa non può fondarsi sulla mera violazione degli obblighi coniugali, essendo altresì necessario accertare che tale violazione sia stata eziologicamente idonea a determinare il fallimento della convivenza e del rapporto coniugale. 
Tra i comportamenti violativi degli obblighi coniugali idonei a giustificare la pronuncia di addebito della separazione al coniuge responsabile di tale violazione, viene certamente in rilievo l'abbandono senza giustificato motivo della casa coniugale. Detto contegno si mostra ex se idoneo a cagionare la crisi coniugale, stante l'unilaterale e ingiustificata interruzione della convivenza e la conseguente disgregazione del nucleo familiare

L'uomo, non presentandosi all'udienza, non ha rilasciato alcuna dichiarazione a riguardo, pertanto, ex art. 232 c.p.c., se la parte non si presenta o rifiuta di rispondere senza giustificato motivo, il collegio, valutato ogni altro elemento di prova, può ritenere come ammessi i fatti dedotti in interrogatorio. 

Circa l'affidamento dei figli, i giudici precisano che il diritto alla c.d. bigenitorialità porta a preferire quello condiviso, salvo che il giudice rilevi condizioni oggettive da cui emerga che questo risulterebbe pregiudizievole per la prole. Per derogare alla regola generale è necessario che emerga una condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa da parte di uno di essi, tale per cui si renda preferibile, nell'interesse del minore, concentrare l'affidamento in capo ad uno solo. 

Il padre, mostrandosi latitante sia materialmente che moralmente e disinteressandosi della crescita, dell'istruzione e dei bisogni primari dei minori, con i quali non ha neanche più tentato di comunicare, ha indicato chiaramente una disaffezione ed indifferenza che il giudice non può omettere di valutare. 
L'affidamento esclusivo alla madre si pone anche quale giustificazione dell'assegnazione alla donna della casa familiare quale genitore collocatario, nonché del mantenimento dei figli (e non della moglie) da parte dell'uomo.  


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