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Data: 25/09/2015 20:05:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - L'individuazione del genitore collocatario deve aver luogo sulla base di un giudizio prognostico circa la capacità dello stesso di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dal fallimento dell'unione, giudizio da formularsi con riferimento ad elementi concreti, emergenti non solo dalle modalità con cui ciascuno dei genitori ha svolto in passato i propri compiti, ma anche con riguardo alla rispettiva capacità di relazione affettiva, attenzione comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché alla personalità del genitore, alle sue consuetudini di vita ed all'ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore. In questi termini si è espressa la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nella sentenza n. 18817/2015 (qui sotto allegata) rigettando il ricorso di un uomo nei confronti di un decreto della Corte d'Appello di Bologna con il quale veniva disposto l'affidamento condiviso del figlio minore con collocazione prevalente presso la madre. L'ex moglie aveva richiesto che il figlio fosse trasferito presso di lei in quanto il marito, dopo aver intrapreso una nuova convivenza, era in attesa di un figlio dalla nuova compagna. In un momento particolarmente importante per il bambino, quale l'avvio della scolarizzazione, sarebbe stato preferibile la permanenza stabile nel nucleo familiare della madre, composto da figli ormai maggiorenni e adulti, poiché le attenzioni del padre sarebbero state prevalentemente concentrate verso il nascituro. Per gli Ermellini il ricorso del padre va respinto. Ricordano i giudici della Corte che i provvedimenti riguardanti i figli minori vengono adottati nell'esclusivo interesse morale e materiale della prova privilegiando tra più soluzioni possibili quella che appaia più idonea a ridurre al minimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il miglior sviluppo della personalità del minore. L'affidamento condiviso appare un rimedio idoneo, stante i buoni rapporti intrattenuti da ciascuno dei genitori nei confronti del piccolo, dimostrando di comprendere e soddisfare adeguatamente le sue esigenze, superando il personale conflitto e le reciproche rivendicazioni. La collocazione presso la madre, tuttavia, appare giustificata in relazione alle maggiori attenzioni di cui potrebbe beneficiare il minore in un momento particolarmente delicato per il suo sviluppo, quello dell'avvio alla scolarizzazione. Non rilevano a tal fine le doglianze del padre secondo cui il rapporto genitoriale si ridurrebbe ad una "mera apparenza" vista la distanza tra la sua residenza (Rimini), rispetto a quella della madre (Roma). Per i giudici, l'intensità del rapporto genitoriale va valutata non solo in termini quantitativi, sulla base del tempo complessivamente trascorso con il minore, ma anche e soprattutto in termini qualitativi in relazione all'impegno profuso dal genitore per comprendere i bisogni del figli e per collaborare con l'altro genitore individuando i mezzi più appropriati per farvi fronte. È questo l'impegno che caratterizza la c.d. bigenitorialità, con una presenza comune di entrambe le figure parentali nella vita del figlio e nella cooperazione per adempiere i doveri genitoriali. Risulta quindi congrua l'organizzazione dei periodi di visita, stabiliti in determinati giorni mensili con prolungamento durante le vacanze e le festività. Ricorso rigettato per il padre, condannato poi alle spese processuali.
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