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Data: 25/09/2015 16:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - In tema di danno da infezione trasfusionale, compete alla struttura ospedaliera dimostrare che l'infezione per la quale il paziente chiede il risarcimento era stata contratta già prima dell'avvenuta trasfusione, in quanto è onere del debitore dimostrare che l'inadempimento non era eziologicamente rilevate perché l'affezione era già in atto al momento del ricovero. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza n. 18895/15 (qui sotto allegata), sul ricorso presentato da una donna contro l'Università degli Studi di Roma, la Gestione Stralcio della USL policlinico e la Regione Lazio, per ottenere il risarcimento dei danni da infezione da HIV causata, secondo la prospettazione attorea, da una trasfusione eseguita nel Policlinico. Tuttavia, la Corte d'Appello di Roma aveva ritenuto non esservi prova che l'infezione patita dalla paziente avvenne a causa della trasfusione eseguita presso il nosocomio. Di tutt'altra opinione la Corte di Cassazione, che accoglie il ricorso ricordando il principio secondo il quale in tema di danno da infezione trasfusionale, è il debitore (in questo caso la struttura ospedaliera) a dover dimostrare che l'infezione era già in atto al momento del ricovero. La sentenza d'appello ha violato tale principio, pretendendo che fosse non già l'ospedale a dimostrare che la paziente fosse già infetta al momento del ricovero, ma che fosse la paziente a dimostrare di essere stata sana al momento della trasfusione. Gli Ermellini rilevano inoltre che il Tribunale di Roma ha espressamente accertato e motivato l'esistenza del nesso di causa tra la trasfusione eseguita nel Policlinico e l'infezione patita dalla ricorrente. Tale accertamento fa stato tra la donna e la Regione Lazio, a nulla rilevando che in quel giudizio l'oggetto della domanda fosse il pagamento dell'indennizzo ex lege 210/92. Nel rapporto con la Regione, quindi, si è formato il giudicato, anche se il pagamento dell'indennizzo andrà defalcato dal risarcimento. Rammentano i giudici che il giudicato si forma sugli accertamenti in facto compiuti nella sentenza e non sui loro effetti giuridici.
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