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Data: 30/09/2015 21:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Perché si possa considerare validamente prestato, il consenso informato all'intervento medico deve essere formulato dal paziente in maniera espressa e dopo aver ottenuto dai sanitari tutte le informazioni relative all'operazione a cui sarà sottoposto, così da poterne valutare anche i rischi. Lo stabilisce la terza sezione civile della Corte di Cassazione nella sentenza n. 19212/2015 (qui sotto allegata), sul ricorso presentato da una donna la quale, mentre sciava, aveva riportato una lesione al ginocchio destro. Ricoverata presso una clinica privata, la ricorrente si vedeva operare anche il ginocchio sano (il sinistro), nonostante non vi avesse acconsentito espressamente. I giudici del gravame, tuttavia, respingono la domanda tesa al risarcimento dei danni nei confronti del medico e dell'assicurazione. Dinanzi agli Ermellini la donna contesta l'operato della Corte d'Appello, poiché avrebbe erroneamente ritenuto valido il consenso prestato che tale non poteva essere in quanto era stato dato oralmente, già ad operazione iniziata mentre lei, non italiana, era già sotto l'effetto di narcotici. Il sanitario non poteva ritenersi esente da colpa avendo operato anche il ginocchio sano, senza ricevere il relativo consenso. Concordano i giudici del Palazzaccio che accolgono il ricorso della danneggiata precisando che il medico ha l'obbligo di ottenere il consenso informato da parte del paziente, altrimenti l'intervento è da considerarsi illecito seppur eseguito nell'interesse del paziente Il necessario consenso non può ritenersi presunto o tacito, va fornito in maniera espressa anche se l'evento potrà verificarsi con una probabilità prossima al fortuito oppure, al contrario, con una probabilità cosi alta da renderne certo l'accadimento. È solo al paziente che spetta la valutazione dei rischi a cui intende esporsi, pertanto il professionista o la struttura sanitaria non possono omettere di fornirgli tutte le dovute informazioni relative all'intervento. Non è questo ciò che avvenuto nel caso di specie, dove giocano un ruolo fondamentale non solo la nazionalità donna e la sua scarsa comprensione della lingua italiana, ma soprattutto l'aver prestato oralmente il consenso sotto l'effetto di narcotici. La consapevolezza della paziente sull'intervento all'altro ginocchio non può neppure essere desunta, come affermato dai giudici di appello, dal fatto che la donna non avesse contestato la prestazione asseritamente infedele nell'immediatezza dell'intervento, al momento della consegna del foglio di dimissione, oppure dell'acquisizione della cartella clinica, nonché nella successiva, almeno temporanea, acquiescenza dell'intervento. Il giudice di merito non ha correttamente spiegato perché, avendo ricevuto valido consenso scritto per l'operazione sul ginocchio destro, il chirurgo abbia poi operato l'altro ginocchio attraverso un consenso solo orale. Va cassata la sentenza impugnata.
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