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Data: 02/10/2015 08:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Quando in un contratto di assicurazione sulla vita sia stato previsto per il caso di morte dello stipulante che l'indennizzo debba corrispondersi agli eredi tanto con formula generica, quanto e a maggior ragione con formulazione evocativa degli eredi testamentari o in mancanza degli eredi legittimi, tale clausola, sul piano della corretta applicazione delle norme di esegesi del contratto e, quindi, conforme a detta disposizione, dev'essere intesa sia nel senso che le parti abbiano voluto tramite dette espressioni individuare per relationem con riferimento al modo della successione effettivamente verificatosi negli eredi chi acquista i diritti nascenti dal contratto stipulato a loro favore (art. 1920 c.c., commi 2 e 3), sia nel senso di correlare l'attribuzione dell'indennizzo a più soggetti cosi individuati come eredi in misura proporzionale alla quota in cui ciascuno è succeduto secondo la modalità di successione effettivamente verificatasi, dovendosi invece escludere che, per la mancata precisazione nella clausola contrattuale di uno specifico criterio di ripartizione che a quella modalità di individuazione della quota faccia riferimento, le quote debbano essere dall'assicuratore liquidate in maniera uguale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 19210/2015 (qui sotto allegata), originata dal ricorso di una donna contro una compagnia assicuratrice. La signora lamentava che l'assicurazione avesse erroneamente liquidato l'indennizzo previsto da una polizza assicurativa sulla vita stipulata dal marito, in parti uguali tra lei e due nipoti, figli della sorella del de cuius a lui premorta, anziché liquidare ad essa deducente la metà della somma, soluzione che si sarebbe giustificata perché, in base alla polizza, gli eredi legittimi si identificavano in lei e nella cognata. Ciò avveniva sulla base di una clausola contrattuale che prevedeva come beneficiari gli eredi testamentari o legittimi dello stipulante de cuius. I giudici di merito, in due gradi di giudizio, rigettavano la domanda escludendo che l'attribuzione a favore degli eredi legittimi prevista dalla clausola della polizza dovesse intendersi "per stirpi", e ritenevano la ripartizione correttamente effettuata dall'assicuratrice per quote uguali. Di diverso avviso i giudici del Palazzaccio che contestano la divisione in parti uguali e ritengono che alla ricorrente, in quanto moglie dello stipulante deceduto ab intestato, sarebbero dovuti essere riconosciuti, in concorso dei due nipoti ex sorore per diritto di rappresentazione, addirittura i due terzi dell'indennizzo. Gli Ermellini prendono in parte le distanze da una giurisprudenza della stessa Corte, precisando che, secondo il senso letterale dell'espressione "erede", sia se l'eredità è stata devoluta ab intestato, sia per testamento, l'evocazione con detta espressione non può che implicare un riferimento non solo al modo in cui tale qualità è stata acquisita, e quindi, alla fonte della successione, ma anche alla dimensione di tale acquisizione e, dunque, al valore della posizione ereditaria secondo quella fonte. Il carattere polisenso di questa espressione esclude che la presenza in una polizza assicurativa di un riferimento agli eredi sic et simpliciter come beneficiari per il caso di morte dello stipulante possa intendersi di per sé significativa solo dell'individuazione della qualità e non anche della misura della posizione ereditaria. |
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