|
Data: 03/10/2015 08:30:00 - Autore: Lucia Izzo Il magistrato non sempre può evitare la responsabilità disciplinare per i ritardi adducendo il considerevole carico di lavoro a cui è sottoposto. Può evitare la responsabilità solo se avuto riguardo agli standards di operosità e laboriosità mediamente sostenuti dagli altri magistrati a parità di condizioni, sussiste una considerevole sproporzione del carico tra gli stessi, si da divenire inesigibile per il magistrato incolpato una diversa organizzazione del lavoro onde scongiurare i gravi ritardi. Lo stabiliscono le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sentenza 19449/2015 (qui sotto allegata), sul ricorso proposto da un magistrato sanzionato dalla Sezione Disciplinare del C.S.M. per aver reiteratamente, ingiustificatamente e gravemente ritardato il compimento di atti relativi al'esercizio delle sue funzione nel periodo tra ottobre 2011 e gli inizi di dicembre 2012, senza aver fornito concrete giustificazioni per il suo comportamento. Molte delle doglianze sollevate dalla donna dinnanzi ai giudici del Palazzaccio, sono da ritenersi infondate, ma non tutte. Rilevano le dichiarazioni richiamate in ricorso e rese dal Presidente sulla situazione "esplosiva e drammatica" del Tribunale di Brescia in determinate materie, soprattutto nel settore lavoro, fallimentare e di diritto delle imprese. Gli Ermellini valutano pertanto necessario un nuovo accertamento di fatto onde valutare se, nel periodo considerato, alla trattazione di tali cause era stata designata la ricorrente ed il numero complessivo degli affari da essa trattati, comparato con quello degli altri colleghi incaricati di analoghe o stesse materie. Ciò per consentire di valutare se la situazione possa aver costituito una straordinaria causa di giustificazione avuto riguardo alla particolare gravità dei ritardi in relazione al perdurare degli stessi. Va in aggiunta tenuto conto che è onere del magistrato segnalare al capo dell'ufficio la prolungata situazione di disagio lavorativo in cui venga a trovarsi, onde consentirgli di adottare rimedi idonei a farvi fronte, anche mediante un eventuale alleggerimento del carico ove possibile e se obiettivamente eccessivo. Non è consentito, invece, al magistrato che si rende conto di un carico di lavoro troppo oneroso decidere autonomamente circa l'organizzazione del proprio contenzioso, perché un simile modello organizzativo sarebbe un ostacolo e non permetterebbe al capo dell'ufficio di adottare rimedi immediati, anche doverosi, necessari e possibili, e neppure di individuare alternative carenze o responsabilità. Sulla base di questi principi le Sezioni Unite rinviano la causa al Consiglio Superiore della Magistratura er un nuovo accertamento dei fatti in relazione alle censure accolte e secondo i principi di diritto richiamati.
|
|