Data: 10/10/2015 09:30:00 - Autore: Dott.ssa Floriana Baldino

D.ssa Floriana Baldino - Il 06/10/2015 anche il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4641/2015 (qui sotto allegata) si è pronunciato sulla questione dell'illegittimità delle nomine dei c.d. "falsi" dirigenti firmatari degli atti emessi dall'Agenzia delle Entrate, esprimendosi in maniera del tutto conforme ai principi espressi dalla Corte Costituzionale nell'ormai storica sentenza n. 37/2015 (leggi: "Corte costituzionale: nulli gli atti dell'Agenzia delle Entrate e nulle le cartelle Equitalia firmate e trasmesse da 'dirigenti di fiducia'").

Una sentenza, quella del giudice amministrativo, molto corposa che va contro quanto sostenuto dall'avvocatura dello Stato affermando testualmente che "è vero che l'art. 71 d. lgs. n. 300/1999 prevede che il regolamento di amministrazione è emanato - in conformità ai principi - di cui al d.lgs. n. 29/1993, ma è, innanzi tutto, altrettanto vero che, nel caso di specie, relativo alla costituzione del rapporto di lavoro dirigenziale, ciò che risulta violato non sono (solo) le pur importanti disposizioni del d.lgs. n. 29/1993 (ora d. lgs. n. 165/2001), ma i principi e le norme costituzionali cui tale normativa primaria si conforma”.

E ancora si legge nella sentenza:Nessun dubbio può nutrirsi in ordine al fatto che il conferimento di incarichi dirigenziali nell'ambito di un'amministrazione pubblica debba avvenire previo esperimento di un pubblico concorso, e che il concorso sia necessario anche nei casi di nuovo inquadramento dei dipendenti già in servizio come già ribadito nella sentenza della Corte Costituzionale. Anche il passaggio ad una fascia funzionale superiore comporta l'accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate ed è soggetto pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola del pubblico concorso ”.
E se è vero, prosegue l'analisi del giudice amministrativo, che la delibera del Comitato di Gestione dell'Agenzia delle Entrate (delibera n. 55 del 22.12.2009) ha modificato uno specifico articolo (l'art. 24) del regolamento di amministrazione dell'Agenzia, consentendo la stipula di contratti a termine a funzionari interni, è vero altresì che la delibera (tra l'altro impugnata), seguiva la prassi del conferimento di incarichi dirigenziali, asseritamente in provvisoria reggenza (questo fino al 31 dicembre del 2010). 

Quindi, in sostanza, per coprire i posti dirigenziali vacanti, venivano conferiti incarichi a funzionari non dirigenti e in una modalità che non era neanche riconducibile all'ipotesi di temporanea reggenza degli uffici. 

Per cui, si legge nella sentenza: "Il regolamento dell'Agenzia delle Entrate ha violato sia il principio di uguaglianza dei cittadini nell'accesso ai pubblici uffici (nella specie dirigenziali) espresso dell'articolo 51 della Costituzione, sia il principio secondo il quale ai pubblici uffici si accede mediante concorso, ex articolo 97 della Costituzione". 

Si tratta, perciò, di violazioni di estrema gravità perpetrate per anni, attraverso la reiterazione di numerose delibere di proroga del termine finale che hanno consentito di utilizzare uno strumento, pensato per situazioni peculiari di carenza di organico temporaneo, per conferire invece incarichi dirigenziali, esercitando una discrezionalità nell'attribuzione degli incarichi che va contro i principi costituzionali. 

Le deroghe alle modalità di conferimento degli incarichi dirigenziali e di svolgimento del concorso pubblico, non per esami ma mediante valutazione di titoli, appaiono, in definitiva, espressione di un favore riservato ad una determinata categoria di funzionari dell'Agenzia delle Entrate, contra ius e contro tutte le norme primarie. 


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